Butti (FdI) ad Affari: "Tim venda il Brasile per ritrovare la forza"

Il responsabile Tlc di Fratelli d’Italia racconta la strategia del partito di Giorgia Meloni su rete unica e gli altri dossier aperti

di Marco Scotti
Alessio Butti, parlamentare di Fratelli d'Italia
Economia
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Butti (FdI): “La capitalizzazione di Tim è un’offesa ai piccoli azionisti”

“A tempo debito sveleremo il nostro piano alternativo per la rete unica. Intanto però è chiaro che siamo di nuovo allo scontro tra Tim e Vivendi. Ma basta con gli esuberi (fino a 12mila): l'ex-Sip venda il Brasile e usi il ricavato per rilanciare l'Italia”. Alessio Butti, responsabile del Dipartimento Tlc di Fratelli d’Italia racconta in esclusiva ad Affaritaliani.it quale sia la strategia e la visione del partito presieduto da Giorgia Meloni.

Butti, ma è vero che Fratelli d’Italia è contro la rete unica?
Ma neanche per idea, anzi, abbiamo presentato mozioni, fatto approvare documenti. Il partito è compatto sulla rete unica, d’altronde è un tema molto semplice: perché si dovrebbero spendere soldi inutilmente per un doppione? È fondamentale che sia unica e non verticalmente integrata, il proprietario della rete deve portare avanti una politica di affitto favorendo il libero mercato. Se c’è un leader di partito che si è espressa chiaramente su queste materie delineando il futuro è Giorgia Meloni.

Fratelli d’Italia è dato come possibile partito leader della coalizione di centro-destra. Immaginando un ipotetico governo a vostra guida, che ruolo avrebbe il dossier fibra?
Sarebbe ai primissimi posti nella nostra agenda. Sulla transizione digitale girano 50 miliardi di euro. Vogliamo digitalizzare la pubblica amministrazione, possibilmente mettendoci meno degli 8 anni di cui parlava il ministro Brunetta. Vogliamo cablare il Paese e la rete unica è fondamentale, ma basta con questo mito del FTTH.

In che senso, scusi? 
Che ci sono tecnologie alternative, come il Fwa, le onde radio e altro. Il nostro è un territorio complesso dal punto di vista morfologico, basta con le balle stratosferiche che ci raccontano che l’Ftth può coprire tutte le città e i territori. La verità è che si può arrivare al massimo al 70%. Se vogliamo un cablaggio completo e olistico dobbiamo affrontare tecnologicamente su binari diversi la connessione. Nel ragionamento della banda larga rientra anche il cloud del polo strategico nazionale e bisogna definire anche il ruolo fondamentale di Sparkle. 

A proposito di Sparkle: un voto al progetto di riorganizzazione di Tim?
Se il ragionamento che sta dietro è quello di creare più valore, allora ci sta bene. Se si tratta solo di uno spezzatino allora non siamo d’accordo. Però ci devono spiegare meglio come intendono usare i soldi del Pnrr, come vogliono gestire il ruolo di Cdp. Ad esempio, io ritengo che non abbia senso tenere Tim Brasil mentre si programmano esuberi in Italia, sarebbe meglio vendere la partecipata brasiliana, io ho portato dati precisi a supporto di questa tesi e i soldi del ricavato devono essere reinvestiti in Italia. Io non sono contro Tim, sono per le cose fatte bene e per la presenza corretta dello Stato. Era uno dei cinque player al mondo, poi è arrivato Prodi, c’è stata una svendita scellerata e da lì è partita una catastrofe senza precedenti. 

È vero che avete un piano che volete presentare che coinvolge anche Tim?
Si tratta di una proposta politica che stiamo ultimando. Però da quello che vedo anche in questi giorni continuano le frizioni tra Vivendi e Tim. L’ex-Sip paga tutti gli errori del passato più o meno recente che non abbiamo mai smesso di indicare anche quando eravamo in solitudine a farlo. Il valore azionario del titolo (0,22 euro per azione, controvalore di 4,83 miliardi, ndr) è un’offesa per i piccoli azionisti. E poi c’è il downgrade di Moody’s, che dimostra la totale sfiducia dei mercati internazionali.

Vivendi che partita sta giocando?
Vuole palesemente passare all’incasso, ha accettato di vedere il suicidio di Tim Vision con i diritti del calcio, ha avallato altre azioni masochistiche e autolesioniste e adesso ovviamente, essendo socio di riferimento, pretende di monetizzare. Però è francese e questo non va troppo bene. Su Tim gravano, come abbiamo più volte evidenziato, fondi che sono già inseriti nei board o che aspettano di potervi entrare: e questi di certo non sono lì per fare beneficenza, oltretutto essendo stranieri non hanno alcun interesse a giocare a favore dell’azienda. Cdp continua a gestire tutto in modo molto opaco, essendo socia sia di Open Fiber che di Tim. 

L’integrazione tra FiberCop e Open Fiber procede…
Sì, ma c’è stato un pesantissimo rallentamento nelle aree bianche. Qualche responsabilità andrà pure attribuita ai bandi del Mise e di Infratel, ma Open Fiber negli ultimi mesi ha dormito sonni profondi. Il rischio è di replicare nelle aree grigie il fallimento delle aree bianche. Ci sono i fondi del Pnrr, che mi permetto di far notare essere denari pubblici, che non possono e non devono finire nelle tasche di Vivendi.

I francesi valutano la rete tra i 31 e i 34 miliardi. Secondo lei?
È una valutazione che non ha alcun senso, loro parlano per conto degli azionisti. Ma è una boutade bella e buona perché tra quattro anni l’attuale rete in rame non ci sarà più. Questo non lo dice Alessio Butti, ma il ministro Colao. Allora perché questa valutazione stratosferica della rete? In tutto ciò ci si dimentica delle ricadute sociali pesantissime che ci sono: si parla di migliaia di esuberi, a quanto mi risulta potrebbero essere fino a 12mila. Intanto però i vari ceo che si sono alternati si sono garantiti le loro pesanti buonuscite. 

Il futuro del nostro Paese passa ancora dal digitale?
Ma certo. Noi in tempi non sospetti abbiamo detto che la rete doveva essere unica, pubblica e non verticalmente integrata. Ci hanno dato ragione tutti, poi il governo è caduto e adesso vedrete che ci saranno nuovi rallentamenti, perché non è certo un tema “ordinario” quello della realizzazione della rete unica. Tra l’altro, Tim versa in condizioni drammatiche e questo si riverbera anche su altre partite fondamentali come il polo strategico sul cloud. Per inciso, la prima offerta fatta dalla cordata con Tim e gli altri era più alta di 1,7 miliardi, volevano prendere per i fondelli gli italiani, fortunatamente siamo riusciti a evitarlo.

Che cosa farà Fratelli d’Italia per digitalizzare l’Italia?
Dovremo accompagnare questo nuovo tema con la formazione per creare valore aggiunto e quindi nuova occupazione. Il centro della nostra attenzione rimane il fatto che occorre una politica industriale che in Italia è stata smarrita. Il ministro Colao almeno è una persona competente, chi l’ha preceduto (Paola Pisano, ndr) nemmeno quello. Però continuo a non capire perché ci si debba appoggiare a player come Microsoft o Google.

Perché sono leader tecnologici?
Certo, ma non dimentichiamoci che esiste il Cloud Act dal 2018, che consente alle aziende americane di richiedere i dati. Vuol dire che gli Usa potrebbero mettere le mani sulle nostre informazioni. Perché allora non valorizzare la nostra industria, la nostra imprenditoria con meccanismi incentivanti? Quando abbiamo usato la golden power lo abbiamo fatto per proteggere dai cinesi il perimetro strategico e nazionale, prendendo però solo tecnologia americana. E gli Usa continuano a fare affari con la Cina. Insomma, bisogna rivedere l’intero impianto.