Cashback, Draghi fa dietrofront: riprende nel 2022. Il M5s esulta

Cashback e Supercashback riprenderanno nel primo semestre del 2022. Levano gli scudi la maggioranza e la sinistra italiana

Mario Draghi 
Lapresse
Economia
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Draghi fa dietrofront dopo il "blitz" della sospensione, dopo la cabina di regia, all'incentivo all'utilizzo di bancomat e carte di credito risalente a fine 2020, voluto dal precedente esecutivo Conte, e "bandiera" dei 5s. Levano gli scudi la maggioranza (una parte almeno), Sinistra Italiana, e il Pd. Il M5s ora può esultare. Meno felice forse Forza Italia che invece si era espressa a favore della sospensione. La capogruppo FI al Senato, Anna Maria Bernini, aveva definito quella di Draghi come “una decisione di buonsenso che farà risparmiare più di mezzo miliardo alle casse dello Stato, e il nostro auspicio è che si tratti di uno stop definitivo, perché si tratta di una misura demagogica i cui costi hanno ampiamente superato i benefici”. Ma ora, dalla bozza del decreto sul lavoro in cdm, si apprende che il Cashback e il Supercashback, il rimborso speciale da 1500 euro per acquisti con carte elettroniche ai primi 100mila aderenti che abbiano totalizzato il maggior numero di transazioni, che rimangono sospesi per il secondo semestre del 2021, riprenderanno nel primo semestre del 2022. Draghi starebbe placando il malcontento diffusosi negli ultimi giorni, stando a quanto emerge dalla bozza del dl sul lavoro. Anche per il Supercashback, così come il Cashback, saranno erogati dopo alcuni mesi: in questo caso sono anche previsti 120 giorni per fare un reclamo e 30 concessi a Consap valutarli.

Castelli, presa di posizione chiara: "Errato bloccarlo, serve migliorarlo"

Per il viceministro dell'Economia e delle Finanze Castelli "il Cashback rappresenta una piccola rivoluzione, soprattutto digitale". Raggiunta dalla stampa alla Camera ha sottolineato: "Può essere migliorato e ci stiamo lavorando, anche sotto l'aspetto normativo, ma bloccarlo è sbagliato". "A pensarla così - sottolinea - non siamo solo noi del Movimento 5 Stelle ma anche chi la misura, con noi, ha contribuito già a sostenerla". "Sarebbe una scelta che, oltre ad arrecare problemi alle imprese coinvolte, rischia di farci perdere tutti gli effetti positivi accumulati in questi mesi, a partire dai maggiori consumi e dal maggiore gettito previsto fino al 2025", ha aggiunto il viceministro. "E poi c'è l'aspetto fondamentale di educazione alla transizione digitale - ha proseguito - in pochi mesi sta radicalmente cambiando le abitudini degli italiani, sdoganando l'utilizzo della moneta elettronica e facendoci avvicinare ai livelli della gran parte dei Paesi europei. Sono aumentati i pagamenti digitali di piccoli importi e quelli effettuati presso i negozi di prossimita', come gli alimentari. Nel bilancio che facciamo sull'efficacia del Cashback è un aspetto che non possiamo trascurare. Ha dato una forte spinta, e può continuare a darla, avvicinando milioni di cittadini allo Spid e all'App Io", ha concluso.

Draghi in Cdm conferma la sospensione: "Ecco le ragioni" 

Durante il Consiglio dei Ministri di oggi pomeriggio Draghi è intervenuto in merito al cashback, spiegando le ragioni a fondamento della sospensione della misura a partire dal 1° luglio 2021. ''Il cashback, ha affermato Draghi, ha un carattere regressivo ed è destinato ad indirizzare le risorse verso le categorie e le aree del Paese in condizioni economiche migliori''. La maggiore concentrazione dei mezzi alternativi al contante si registra tra gli abitanti del Norde, più in generale delle grandi città, con un capofamiglia di età inferiore a 65 anni, un reddito medio-alto e una condizione diversa da quella di operaio o disoccupato. Anche se non esistono a tutt'oggi dati specifici a riguardo, è presumibile che siano queste categorie a trarre i maggiori benefici dal Cashback e dai bonus e superbonus collegati. La misura rischia perciò di accentuare la sperequazione tra i redditi, favorendo le famiglie più ricche, con una propensione al consumo presumibilmente più bassa, determinando un effetto moltiplicativo sul PIL non sufficientemente significativo a fronte del costo della misura.

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