Cir, De Benedetti all'assalto: potenziati i diritti di voto. Ma la mossa non piace ai ricchi azionisti internazionali

Contrari al potenziamento del voto maggiorato sono stati quasi tutti i grandi fondi presenti all'assemblea

di Andrea Giacobino
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Carlo de Benedetti
Economia

Cir, i fratelli De Benedetti all'assalto

Non è proprio piaciuta ai grandi investitori la mossa con cui lo scorso 6 settembre a Milano la quotata Cir, presieduta da Rodolfo De Benedetti e da lui controllata con i fratelli Edoardo e Marco attraverso la F.lli De Benedetti Spa, ha fatto passare nell’assemblea dei soci il “potenziamento del voto maggiorato”.

Si tratta di un meccanismo che consentirà ad alcuni azionisti di maturare un terzo voto in assemblea per ciascuna azione posseduta allo scadere dei 60 mesi dall’iscrizione all’elenco del voto maggiorato. Così la F.lli De Benedetti che oggi ha il 49,8% del capitale e dei diritti di voto, potrà salire già al 57% il prossimo anno, arrivando nel 2026 al 60,6%.

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Il “potenziamento” era il terzo punto all’ordine del giorno dell’assemblea ed è stato sì approvato dall’89% dei diritti di voto in mano ai soci presenti, ma hanno espresso voto contrario ben 124 milioni di diritti di voto pari al 10,7%.

Ovviamente tra i favorevoli c’era la holding dei tre figli di Carlo De Benedetti e il fondo Cobas che oggi ha già il 13,6% dei diritti di voto e che si troverebbe anch’esso avvantaggiato dal “potenziamento”. E tra i favorevoli c’era ovviamente lo stesso Rodolfo De Benedetti che ha in mano oltre 16 milioni di titoli Cir.

Ma contrari sono stati quasi tutti i grandi fondi presenti: dal fondo pensione di Abu Dhabi ad Acadian, da Amundi all’italiana Azimut, da Blackrock al fondo pensione degli insegnanti della California, da Fidelity a Legal & General, da Ubs fino a Vanguard.