Clima, l'Italia crolla nel ranking mondiale dei Paesi in lotta contro la crisi

Il Belpaese perde circa 15 posizioni nella classifica, piazzandosi al 44esimo posto, Stati Uniti al 57esimo. Primeggia la Danimarca

di Redazione Economia
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L'Italia arretra  nella classifica delle performance climatiche: sotto di 15 posizioni

L'Italia prosegue a rilento nel contrasto al cambiamento climatico, o meglio arretra, e come riporta il giornale italiano delle Nazioni Unite, il Paese è crollato di 15 posizioni nel Climate Change Performance Index del Germanwatch. Secondo il rapporto annuale sulla performance climatica globale, al momento nessun Paese è allineato con l'obiettivo di ridurre le emissioni.

La classifica, che valuta 63 Paesi e l'Unione europea, evidenzia che nessun Paese ha raggiunto le performance necessarie per affrontare efficacemente l'emergenza climatica e contenere l'aumento della temperatura a 1,5°C. In particolare, l'Italia occupa il 37° posto nella riduzione delle emissioni di gas serra e il 58° posto per la politica climatica. Una transizione così ritardata potrebbe costare fino a 17,5 trilioni di euro in 30 anni, pari al 14,5% del Pil. Al contrario, la Danimarca si posiziona al quarto posto grazie alla significativa riduzione delle emissioni e allo sviluppo delle fonti rinnovabili, mentre Paesi come Emirati Arabi Uniti, Iran e Arabia Saudita, fortemente legati ai combustibili fossili, occupano le posizioni più basse della classifica. La Cina, principale emettitore globale, mantiene la 51ª posizione, mentre gli Stati Uniti retrocedono al 57° posto a causa della scarsa attuazione delle misure anti-inflazione. Solo tre membri del G20, India, Germania e Unione europea, si posizionano nella parte alta della classifica, mentre la maggioranza, tra cui Canada, Russia, Sud Corea e Arabia Saudita, hanno registrato performance climatiche deboli.

Il Climate Change Performance Index (Ccpi) misura la performance attraverso parametri quali gli obiettivi dell'Accordo di Parigi e gli impegni per il 2030. La valutazione del Ccpi si basa per il 40% sulle emissioni, per il 20% sulla crescita delle fonti rinnovabili e dell'efficienza energetica, e per il restante 20% sulla politica climatica.  Mauro Albrizio, responsabile ufficio europeo di Legambiente, dichiara: "Alla Cop28 pertanto è cruciale raggiungere un accordo ambizioso che preveda di triplicare la capacità installata di energia rinnovabile, raddoppiare l'efficienza energetica ed avviare da subito il phasing-out delle fossili. Solo così sarà possibile una drastica riduzione entro il 2030 dell'utilizzo di carbone, gas e petrolio, mantenendo ancora vivo l'obiettivo di contenere il surriscaldamento del pianeta entro la soglia critica di 1,5 gradi".

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