Come ridurre al 60% un debito fuori controllo

L'opinione di Ezio Pozzati
Giancarlo Giorgetti
Economia

TENERE LONTANO DALLA PORTATA DEGLI ANALFABETI FUNZIONALI

Molti Stati nel mondo sono afflitti dal problema del Debito Pubblico. Le motivazioni che hanno indotto all'indebitamento sono le più disparate e a volte non sempre giustificate. Comunque sia questa spada di Damocle rimane una costante minaccia per la crescita interna dei vari Stati, in più è necessario avere credibilità e/o affidabilità per ricorrere ai prestiti internazionali.

Si possono scomodare anche le Agenzie di Rating che assegnano delle valutazioni, con i “loro pareri”, evidenziano se questi Stati sono affidabili oppure ricadono in un potenziale default con le loro emissioni ed eventualmente degradandoli a “titoli spazzatura”, ma come abbiamo avuto modo di riscontrare in una audizione presso una Commissione Senatoriale Americana, circostanziato sui derivati (CDO, CDS ecc.), hanno affermato che: “i nostri rating sono la nostra opinione” (“Our ratings are our opinion”) tratto dal documentario Inside Job (You tube).

Rientrare nell'ambito del così detto buon padre di famiglia diventa almeno un obbligo morale, comunque lo si può trovare nell'articolo 1176 del codice civile che recita: Nell'adempiere l'obbligazione il debitore deve usare la diligenza del buon padre di famiglia. Nell'adempimento delle obbligazioni inerenti all'esercizio di un'attività professionale, la diligenza deve valutarsi con riguardo alla natura dell'attività esercitata”.

Quindi, anche uno Stato dovrebbero attenersi a questa regola, ma i vari Governi che si succedono, molto spesso per motivi meramente attinenti alla politica elettorale, sprecano risorse per “agganciare” quanti più elettori possibile. Con il buon senso possiamo dire che non è questa una buona strada, però, purtroppo, l'obiettivo rimane sempre il consenso dell'elettorato.

IL DEBITO PUBBLICO ITALIANO

Per restare nell'ambito italiano nel nostro Debito Pubblico vi sono stati periodi floridi per le casse dello Stato e periodi di bassa congiuntura dove il ricorso alla sottoscrizione del debito ha creato anche grossissimi problemi di bilancio con deficit che a volte hanno superato la soglia del 10% annuo. Ora, siamo giunti all'anno 2023 dove viene comunicato che nell'anno 2022 un Debito Pubblico è stato di 2.762 miliardi di euro a fronte di un PIL da 1.909,154 miliardi di euro, se poi vogliamo ricorrere al Nadef (Nota di aggiornamento del documento di economia e finanza) lo scorso anno il debito/PIL era al 145,7% dopo avere toccato un massimo del 155,3%.

Ed ecco come si presenta graficamente il nostro debito dal 1861 (anno di unificazione dell'Italia) ai giorni nostri:

Truenumbers.it

Dal grafico si possono notare i picchi toccati dal Debito Pubblico ed anche i dati che attestano, in alcuni casi, in forte ribasso.

Il grafico successivo illustra quali sono stati i momenti salienti fra ribassi e rialzi. Solo a titolo di conoscenza il Debito Pubblico, nel dopoguerra, è sceso a poco più del 30% grazie alla magnanima cancellazione del debito.

Truenumbers.it

Com'è composto il Debito Pubblico?


 

…sempre in grafico un'analisi interessante in prospettiva


 

COSA ACCADE OGGI?

L'Europa con il trattato di Maastricht, firmato il 7 febbraio 1992 ed entrato in vigore il 1° novembre 1993, ha dato ampia facoltà, e non solo, alla Banca Centrale Europea di gestire il nascituro Euro (che entrò in circolazione il 1° gennaio 2002) incaricandola dell'attuazione della politica monetaria, con la non ingerenza, da parte di qualsiasi Governo Europeo o della Commissione Europea, nelle scelte adottate dal suo Presidente e dal board. Ergo più nessuno Stato potrà battere moneta. A tutto ciò si sono aggiunti, da parte dell'Europa, alcuni paletti in relazione sia al deficit di bilancio sia al Debito Pubblico. 

 

Vediamo qualcuno di questi:

    1. a seguito del Fiscal Compact, trattato internazionale stipulato tra quasi tutti i Paesi dell’Unione europea, nel 2012 è stata approvata la legge costituzionale che ha introdotto il “pareggio di bilancio” nella Costituzione Italiana. Da un lato, è stato esplicitato il principio di “equilibrio di bilancio”; dall’altro lato, anche mediante la successiva legge di attuazione, sono stati incorporati nell’ordinamento nazionale i molteplici obblighi e limiti posti dalla normativa europea e dal Fiscal Compact in materia di bilanci pubblici e di indebitamento. Tuttavia, a fronte dell’apparente rigidità dei vincoli, in sede applicativa il principio di equilibrio di bilancio dimostra intrinseca dinamicità. Equilibrio di bilancio e vincoli europei in "altro" (treccani.it)

    2. Il nuovo quadro di riforma della governance economica dell'UE, adottato nel novembre 2011 mediante il così detto six pack, e richiamato nel Fiscal compact, rafforza il controllo della disciplina di bilancio attraverso l'introduzione di una regola numerica che specifica il ritmo di avvicinamento del debito al valore soglia del 60% del PIL. La regola stabilisce che, per la quota del rapporto debito/PIL in eccesso rispetto al livello del 60%, il tasso di riduzione debba essere pari ad 1/20 all'anno nella media dei tre precedenti esercizi (versione backward-looking della regola sul debito). La regola è considerata soddisfatta altresì se la riduzione del differenziale di debito rispetto al 60 per cento si verificherà, in base alle previsioni della Commissione europea, nel periodo di tre anni successivi all'ultimo anno per il quale si hanno dati disponibili (versione forward-looking della regola sul debito). La regola del debito (camera.it).

Letto questo è possibile intuire che i margini di trattativa sono abbastanza ristretti; sono state fatte sì delle eccezioni, in merito ai suddetti parametri, ma solamente per il prolungarsi dell'epidemia da COVID 19.   Ora, ammesso che la fase pandemica sia finita riemerge in tutta la sua natura la regolamentazione del 3% e del 60%. I vari Governi non possono Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) - Ministero dell'Economia e delle Finanze (mef.gov.it)fare finta di niente anche perché di mezzo ci sono dei richiami, delle sanzioni e non per ultimo il PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza che si inserisce all’interno del programma Next Generation EU (NGEU), un pacchetto da 750 miliardi di euro, costituito per circa la metà da sovvenzioni), per maggiori delucidazioni e dettagli possiamo trovare nel sito:  Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) - Ministero dell'Economia e delle Finanze (mef.gov.it)

I GOVERNI E IL DEBITO PUBBLICO

Pochi sono i Governi che in Italia dal 1946 sino al 2017 hanno prodotto Debito Pubblico e deficit ecco un elenco dei governi che dal dopoguerra si sono succeduti, ecco una interessante tabella:

TANTO INCHIOSTRO, MA NESSUNA SOLUZIONE?

Quasi tutte le persone affrontando l'argomento del Debito Pubblico hanno convenuto che non c'è una soluzione immediata o diluibile nel tempo, che dia una certezza del raggiungimento dell'obiettivo del 60%. E su questo ho concordato anch'io e per quanto mi potessi sforzare sono entrato nella spirale delle possibilità estreme come la vendita dei gioielli di famiglia, aumentare il PIL, rendere il Debito Pubblico irredimibile ecc. Su quest'ultimo argomento ho avuto il piacere di colloquiare, via e-mail, con una dirigente del MEF la quale mi ha fatto notare che anche se i titoli diventano irredimibili vengono sempre iscritti nel bilancio dello Stato come Debito Pubblico.

A tal proposito Vi rimando a questo mio articolo che è il leitemotiv per cui ho scritto questo saggio. Come ridurre il debito pubblico italiano con il credito d'imposta (money.it).

Come ridurre il debito pubblico italiano con il credito d’imposta

Convertire parte del debito pubblico italiano in credito di imposta? Analizziamo la possibile soluzione ad un rapporto deficit/PIL troppo alto.


 

Sappiamo che il rapporto debito pubblico e PIL italiano ormai è quasi arrivato al 160%. Cifra ragguardevole.

160 anni fa, nel lontano 1861, il debito pubblico dell’Italia in rapporto al prodotto interno lordo era del 24% - il PIL a prezzi di mercato corrispondeva a 3,7 milioni di euro e il debito pubblico nominale a 1,67 milioni.

Interessante, poi, andare ad indagare chi sono i detentori del debito pubblico oggi e chi lo era 20 anni fa.


 

In aggiunta, esaminiamo anche la composizione dei titoli di Stato e la durata media per avere un quadro generale.


 

Perché queste osservazioni? Si legge da più parti che per alcuni studiosi, economisti e così via, occorre uno shock monetario, tenere sotto controllo lo spread, un new deal di Roosevelt, emettere una moneta virtuale, monete parallele, utilizzare il Meccanismo Europeo di Stabilità, aumentare le tasse. Ma un’altra soluzione è possibile.

Il problema del debito pubblico italiano

Molti altri, compreso il sottoscritto, hanno provato a pensare all'emissione di titoli irredimibili, magari con un tasso elevato, ben sapendo però che, anche se non verranno mai rimborsati, nella contabilità dello Stato anch’essi si aggiungeranno al debito pubblico accumulato.

Altri ancora hanno voluto indirizzarsi verso il settore immobiliare, sia privato, con una patrimoniale, sia in quello pubblico, con la proposta di alienare gli immobili dello Stato. In fatto a fantasia a noi italiani non ci batte nessuno.

Tutti sappiamo che l’unica autorizzata ad emettere denaro è la Banca Centrale Europea, quindi non si possono emettere titoli non collegati all’euro. Il Patto di stabilità e Crescita (PSC), stipulato e sottoscritto nel 1997 dai Paesi membri dell’Unione Europea, con il fine di mantenere fermi i requisiti di adesione all’Unione economica e monetaria dell’Unione Europea (Eurozona), ovvero rafforzare il percorso d’integrazione monetaria intrapreso nel 1992 con la sottoscrizione del trattato di Maastricht, prevede che gli Stati membri soddisfino tutti i cosiddetti parametri che devono continuare a rispettare nel tempo, ossia:

  • un deficit pubblico non superiore al 3% del PIL (rapporto deficit/PIL < 3%) inserendo nella Costituzione il pareggio di bilancio;

  • un debito pubblico al di sotto del 60% del PIL (o, comunque, un debito pubblico tendente al rientro), rapporto debito/PIL < 60%.

Ovviamente, in piena pandemia non si può pensare che gli Stati europei riescano a “onorare” quanto approvato. Purtroppo, oggi il forte calo dei consumi - che ha ridotto il PIL a 1.600 miliardi di euro - certamente non aiuta ad essere ottimisti, ma a mio avviso si può guardare lontano. E come? In tutte le situazioni occorre sempre analizzare, per poi arrivare ad una nuova proposta.

La soluzione? Convertire debito in credito di imposta

Ed ecco la mia idea: convertire parte del debito pubblico in credito di imposta.

Potrebbe sembrare strano, ma facciamo un esempio pratico. Ad oggi il debito pubblico italiano è di 2.600 miliardi. Trasformando metà di esso in credito di imposta si potrebbe arrivare un rapporto deficit/PIL dell’80%.

Ai possessori degli ex titoli si potrebbe continuare a pagare il facciale del tasso di interesse, rimborsando il credito di imposta in 10 anni.

Una proposta azzardata (e forse un po’ rivoluzionaria per il mondo della finanza), ma i dati dei detentori del debito pubblico fanno ritenere che anche loro se ne avvantaggerebbero perché sarà possibile la compravendita del credito d’imposta come qualsiasi transazione nelle obbligazioni.

 

 

LA SOLUZIONE IMMEDIATA

A chi spetta gestire la cosa pubblica oltre all'onore ha anche l'onere trovare soluzioni soddisfacenti e credibili per raggiungere l'obiettivo del 60%.

Allora la domanda è: hai una soluzione che sia fattibile? La risposta è sì, ma la vorrei dare con tanta umiltà perché sono solo uno studioso e non un economista.

Prima una piccola premessa: perché nonostante i nostri Governi durino poco rispetto ad altri Paesi siamo quasi sempre in deficit e spesso viene superato anche il tetto del 3%? Perché nonostante ciò gli investitori esteri continuano ad acquistare i nostri titoli di Stato?

Forse le ragioni sono due:il risparmio in Italia è abbastanza elevato, infatti nei vari depositi ci sono in giacenza circa 1.500 miliardi di euro;il patrimonio immobiliare dello Stato è di 283 miliardi di euro;il patrimonio immobiliare degli italiani è pari a circa 6.000 miliardi di euro. Probabilmente questi dati non sfuggono agli investitori esteri, che con la naturale diffidenza che li contraddistingue, continuano in modo costante ad investire nei nostri titoli di Stato. Bene fatta questa premessa avviamoci a come ridurre al Debito Pubblico al 60%.

Ora, sapendo che il Debito Pubblico italiano era così composto 30.6.2020:


 

 

Alla fine possiamo affermare che il 70,61% è FORMATO da Buoni del Tesoro Poliennali con una vita media che si aggira in 6,87 anni. Ora con cosa si può “sostituire” questa massa di titoli? Semplicemente con il

CREDITO D'IMPOSTA

Che cos'è il credito d'imposta?

Si definisce credito d’imposta un credito di natura tributaria che un soggetto economico vanta nei confronti dello Stato. Ci sono tre tipi di credito: crediti per rimborsi da indebito; crediti per rimborsi non da indebito(cioè per il rimborso di acconti o altre somme debitamente versate).

Quindi trasformando i BTP (con il loro codice identificativo ISIN IT 0000......) in credito d'imposta,

I Btp vengono emessi con scadenze da 18 mesi a 3, 5, 7, 10, 15, 20, 30 e 50 anni. Sono titoli a medio-lungo termine, a reddito fisso, particolarmente adatti per quegli investitori che richiedono pagamenti costanti ogni sei mesi. Le varie scadenze esistenti sul mercato consentono agli investitori di programmare flussi di cassa regolari durante tutto l’arco dell’anno. Inoltre i Btp sono particolarmente apprezzati per la loro liquidità: prima della scadenza gli investitori istituzionali possono comprare o vendere i Btp sia sul mercato secondario regolamentato (Mts), per operazioni non inferiori a 2 milioni di Euro, che su quello non regolamentato (over-the-counter); mentre i cittadini privati possono effettuare queste transazioni sul mercato secondario regolamentato Mot (Mercato Telematico delle Obbligazioni e dei titoli di Stato), dove sono consentite operazioni dal taglio minimo di 1.000 euro o sulle altre piattaforme secondo il principio della best execution introdotto con la Mifid. 

Nell’ambito degli operatori abilitati a partecipare alle aste, il collocamento dei titoli è prevalentemente concentrato tra gli “specialisti in Titoli di Stato italiani” (cui è dedicata una apposita sezione nel sito internet del Debito Pubblico) che, mediamente, si aggiudicano oltre il 90% dell’ammontare nominale totale dei Titoli di Stato emessi in ogni asta.

Nella mia proposta sarebbe interessante iscrivere il Credito d'Imposta come se fosse un BTP, inserendolo nel deposito amministrato del c/c del detentore, perché, come abbiamo visto sopra, è dotato dello stesso ISIN (International Securities Identification Number), e con questa innovativa modalità, possiamo ridurre il debito pubblico sostituendo per intero i BTP oppure diluirne la sostituzione in un più lungo tempo dando modo al mercato di valutare la novità. Nulla osta che si possa scegliere la modalità con cui si vuole ridurre il Debito Pubblico, l'importante è che sia programmato, giustificato e raggiunga l'obiettivo del 60%.

Domanda: e gli interessi?

Questi ultimi rimarrebbero uguali ai titoli in sostituzione sia per importo sia per data di accredito.

Domanda: e se ho bisogno di monetizzare?

Attualmente il titoli di Stato vengono trattati al MOT (Mercato Telematico delle Obbligazioni dei Titoli si Stato), quindi, sempre a mio avviso, si potrebbe pensare di utilizzare la stessa piattaforma per la negoziazione dei Crediti d'imposta come se fossero dei normali BTP (come abbiamo descritto sopra hanno sempre lo stesso ISIN).

Questa appare una soluzione semplice, praticabile e ragionevole perché nulla toglie alla normale pratica di negoziazione e, sempre a mio avviso, non ci sarebbero particolari oscillazioni se non quelle che il mercato determina nella loro compra/vendita, inoltre abbiamo la matematica certezza che il credito d'imposta, quando andrà a scadenza per il rimborso, avrà sempre un valore pari a 100, come un qualsiasi titolo di Stato. Con questa modalità si vengono a superare eventuali difficoltà nei rapporti con le banche, ben sapendo che nel mercato italiano esistono aziende specializzate nel “commercializzare” i vari crediti d'imposta (vedi anche bonus 110%), ma che nulla hanno a che vedere con quello che stiamo trattando cioè: il Debito Pubblico.

L'EUROSTAT ED IL CREDITO D'IMPOSTA

L'Eurostat è “l'Ufficio statistico dell'Unione europea ed è una direzione generale della Commissione Europea che raccoglie ed elabora dati provenienti dagli Stati membri dell'Unione Europea a fini statistici,  promuovendo il processo di armonizzazione della metodologia statistica tra gli Stati stessi. Eurostat - Wikipedia Recentemente l'Eurostat ha stabilito che il Credito d'imposta “NON E' DEBITO PUBBLICO”, bensì deficit (cioè la differenza fra entrate e spese) a prescindere dalla loro classificazione: pagabili o non pagabili.

Ho trovato l'argomento interessante e ben spiegato nell'articolo di Italia Oggi: Il 110% non è debito pubblico - ItaliaOggi.it

Quindi possiamo affermare che avremo deficit da credito d'imposta al momento della scadenza degli ex BTP che potrebbero essere rimborsati cash o attraverso gli F24 (modello con il quale i contribuenti, titolari e non titolari di partita IVA, effettuano il pagamento di tasse, tributi e contributi. Si tratta di un modello unificato, introdotto nel 1997 per semplificare e unificare i diversi formulari utilizzati in passato per pagare i tributi).

Se vogliamo toccare anche l'aspetto monetario, in breve, possiamo affermare che vi è una maggiore capacità di spesa e quindi di investimenti che devono essere mirati e volti ad aumentare il PIL gestendo le scadenze dei crediti d'imposta.

A questo punto è veramente doveroso avere una programmazione che permetta l'aumento del PIL e contemporaneamente tenere sotto controllo quella spesa pubblica che sa più di ricerca del consenso elettorale piuttosto della soddisfazione alle reali necessità della popolazione, quella che nel linguaggio del marketing viene chiamata customer satisfaction .

Per avere un panorama completo dei titoli di Stato, con relativa scadenza e con gli importi, è sufficiente digitare questo sito: Banca d'Italia - Titoli di Stato in circolazione (bancaditalia.it) ed è sempre aggiornato (ultimo 15.03.2023)

Ora spetta a chi amministra lo Stato utilizzare (o meno) questa idea che potrebbe essere estesa anche a tutti i membri europei e magari essere di aiuto per tutti i Paesi che hanno un debito importante e necessitano di uno sviluppo ben programmato.

NON ESISTONO PROBLEMI SENZA SOLUZIONI

NON ESISTONO SOLUZIONI SENZA PROBLEMI

 

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