Credit Suisse, non solo Vaticano, trafficanti e narcos. Anche 700 italiani
La banca prova a difendersi: "Fatti basati su informazioni parziali". Ma ormai lo scandalo è esploso a livello mondiale
Credit Suisse, giro d'affari da 100 mld. C'è anche il figlio di Mubarak
Lo scandalo Credit Suisse ormai ha assunto una dimensione internazionale, si parla un deposito di denaro non regolamentato dalle leggi mostruoso, un giro d'affari da 100 mld di dollari. Dai Panama Papers ai «Suisse Secrets». Il mondo della finanza internazionale, e in particolare il nome di una primaria banca elvetica di antica tradizione, il Credit Suisse, - si legge sul Corriere della Sera - è coinvolto in un nuovo scandalo finanziario. «Suisse Secrets» è il nome dato a un’inchiesta congiunta condotta da 163 giornalisti di 48 testate in 39 Paesi. Le informazioni trapelate fanno riferimento a conti e depositi di un importo complessivo superiore a 100 miliardi di dollari, aperti sul Credit Suisse tra gli anni Quaranta del secolo scorso e la fine degli anni 2010. Si tratterebbe in tutto di circa 18 mila conti bancari riconducibili a 37 mila tra persone fisiche e aziende.
Tra i personaggi coinvolti - prosegue il Corriere - figurano Alaa Mubarak, figlio del deposto dittatore egiziano Hosni Mubarak, che aveva nel suo conto svizzero oltre 200 milioni di franchi, Khaled Nazzar, capo della giunta militare algerina durante la guerra civile degli anni Novanta e accusato di crimini di guerra, e ancora burocrati venezuelani e anche il Vaticano. Tra i clienti «speciali» del Credit Suisse figurano almeno 700 nomi di italiani, quasi tutti residenti o domiciliati all’estero e con interessi nel settore petrolifero o minerario in Asia. «I fatti riferiti sono principalmente remoti, risalendo in alcuni casi addirittura agli anni Quaranta del secolo scorso. Quanto è stato riportato si basa su informazioni parziali, inaccurate o selettive", questa la nota di Credit Suisse.
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