Da Parmalat e Cirio a Bio-On: 20 anni di crack in Borsa sono costati 40 mld
Nomi come Freedomland, Finmatica, Italease, Finpart, Giacomelli e altri richiamano le crisi degli inizi del millennio, alcune legate all'avvento di internet
Da Parmalat e Cirio a Bio-On: 20 anni di crack in Borsa sono costati 40 mld
Archiviati i "ricordi" dei 20 anni di Parmalat, il collasso fondamentale degli affari italiani, sorge la domanda sulla sorte della "zia", ossia la Cirio di Sergio Cragnotti. Ampliamo la prospettiva al «periodo orribile» dei risparmiatori italiani. Nel periodo 2003-2023, soprattutto nei primi 15 anni, sono andati persi almeno 40 miliardi. Questo è quanto riportato dal Corriere della Sera. La bancarotta della Cirio era evidente già il 5 novembre 2002, quando il gruppo di prodotti alimentari pubblicò un famoso comunicato che segnò la storia dei falsi annunci finanziari: «Cirio Finanziaria, garante del bond emesso dalla Cirio Finance Luxembourg, conferma che entro domani 6 novembre il prestito sarà completamente rimborsato».
Leggi anche: Borsa, anno record per Piazza Affari: boom dei titoli di Unicredit e Leonardo
Cirio Finance Luxembourg esiste ancora, insieme ad altre aziende del gruppo, svuotate delle loro attività industriali e poste sotto amministrazione straordinaria. L'anno prossimo, con la proposta di un accordo ai creditori, si prevede di "chiudere la procedura" dopo 20 anni, afferma Luigi Farenga, uno dei tre commissari. Alla fine, su un deficit di oltre 2 miliardi (di cui 1 miliardo in bond), si stima che verranno redistribuiti 800 milioni tra i creditori. Nel 2021, Cragnotti è stato condannato definitivamente a 5 anni e 3 mesi. Nomi come Freedomland, Finmatica, Italease, Finpart, Giacomelli e altri richiamano le crisi degli inizi del millennio, alcune legate all'avvento di internet.
Leggi anche: M&A, operazioni in calo. Valore in picchiata di 60 miliardi: -40%
Mentre i bond argentini cominciavano a creare problemi anche in Italia, il disastro di Parmalat (con un debito di 15 miliardi) è esploso a dicembre 2003, anticipato a luglio da Cirio. Appena il tempo di riprendersi e, nell'estate del 2005, entrano in scena i "furbetti" dell'alta finanza. Ricucci, Coppola e Statuto, gli immobiliaristi con più debiti che proprietà, supportati da alcune banche (come la Popolare Lodi), giocano un gioco di potere acquisendo BNL e Antonveneta, spiegando la bandiera italiana in difesa contro presunte acquisizioni straniere. Le intercettazioni imbarazzanti costringono il governatore della Banca d'Italia, Antonio Fazio, alle dimissioni.
Non ci sono stati crac veri e propri, ma è stato un disastro per il sistema finanziario e l'inizio della fine per due grandi banche che hanno operato con enorme imprudenza accanto ai "raider": Popolare Lodi e Carige. Nel frattempo, i vertici di MPS decidono di acquistare Antonveneta nel 2008 per ben 9 miliardi, un'operazione considerata eccessiva. Successivamente, MPS deve chiedere aiuto allo Stato dopo anni di ricapitalizzazioni. Ha costato oltre 30 miliardi agli azionisti pubblici e privati. La regola delle Popolari era "Stiamo sempre in casa nostra", ma a partire dal fatidico 15 settembre 2008, l'inferno si è scatenato con il collasso di Lehman da 600 miliardi. Avevamo le banche popolari non quotate, sostenute da una regola "geniale": il prezzo delle azioni veniva stabilito internamente. Il sistema poteva resistere alle piccole scosse, ma di fronte a una tempesta, è crollato. La Banca Popolare di Vicenza, con un deficit di 6 miliardi, è stata un "Titanic" del settore bancario, coinvolgendo oltre 8.000 azionisti, guidati per anni dal carisma di Gianni Zonin. Anche la Veneto Banca di Treviso è fallita quasi contemporaneamente, così come Cassa Marche e Popolare Etruria.
Il fatidico anno del disastro per le Popolari è stato il 2015. Ma c'è stata una serie di problemi anche a Bari qualche anno dopo, con elementi simili. Persone come Fiorani alla Popolare Lodi, Berneschi alla Carige e Zonin a Vicenza, avevano tutti sofferto della sindrome "la banca sono io". E così, anche Marco Jacobin, dopo 40 anni di leadership alla Popolare di Bari, nel 2019 ha lasciato 70.000 azionisti con enormi perdite e la banca con un deficit di 1,5 miliardi. Il caso più recente è Bio-On, un'azienda di bioplastiche. Nell'estate del 2019, aveva un valore di mercato di quasi 1,3 miliardi. Successivamente, un dettagliato rapporto del fondo Quintessential con il titolo "Una nuova Parmalat a Bologna?" ha portato al crollo: 1,3 miliardi spariti e il fallimento sei mesi dopo. Queste storie possono sembrare vecchie, ma sarebbe opportuno chiederlo a persone come la signora Nicoletta S. di Lucca, in attesa ancora della sentenza definitiva per i suoi 104.000 euro di bond della Cirio, o ai due fratelli pugliesi ancora coinvolti in una lunga battaglia legale per 80.000 euro in bond Parmalat. Sono solo due esempi in mezzo a migliaia.