"Decreto sulle materie prime critiche? Effetto opposto per l'Italia"

Parla Gianclaudio Torlizzi, fondatore di T-Commodity, società specializzata in consulenza sulle materie prime

di Rosa Nasti
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MATERIE PRIME

Economia

Decreto sulle materie prime critiche. Parla l'esperto: "Andrà ad incentivare il depauperamento minerario del Paese"

Un decreto legge con misure urgenti per garantire l'approvvigionamento in Italia delle materie prime critiche per le transizioni verde e digitale (oggi discussione generale alla Camera). In questo modo l'Italia cerca di stare al passo con l'Ue, allineandosi all'European Critical Raw Materials Act, la strategia messa in atto da Bruxelles per assicurare una fornitura stabile e sostenibile di materie prime essenziali.

Già nei mesi scorsi era stato avviato un tavolo di lavoro con gli esperti dell'Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), che aveva identificato 76 miniere attive sul territorio nazionale. Tuttavia, attualmente, solo due delle 34 materie prime critiche individuate sono effettivamente estratte in Italia.

Ma in cosa consiste questo decreto e, soprattutto, il nostro Paese si sta muovendo nella giusta direzione? Per approfondire queste questioni, Affaritaliani.it ha interpellato Gianclaudio Torlizzi, fondatore di T-

Dl materie prime: ok Camera con 172 si', passa al Senato

La Camera ha approvato con 152 voti favorevoli, 70 contrari e 11 astenuti, il disegno di legge di conversione del decreto-legge recante disposizioni urgenti sulle materie prime critiche di interesse strategico. Il provvedimento passa al Senato per la seconda lettura.

 

Commodity, la prima società italiana specializzata nella consulenza indipendente sulle materie prime.

In che cosa consiste il decreto sulle materie prime critiche?

Il Dl materie prime recepisce il regolamento europeo sul Critical Raw Material Act, il problema è che lo recepisce male. Non affronta due criticità fondamentali: in primis non tratta il tema della raffinazione. Per far sì che un materiale estratto possa essere fruibile per l'industria, occorre raffinarlo e nel Dl non è stato rivisto nessun tipo di stimolo all'attività di raffinazione, se non qualche riferimento vago. La seconda cosa ancora più critica è stato il non aver inserito il Ministero della Difesa dentro il Comitato tecnico, un  problema serio in quanto esclude la Difesa da questo genere di attività.

Inoltre, non è stato inserito nemmeno l'emendamento della Difesa che chiedeva un diritto di prelazione dello Stato su i minerali ritenuti critici per il comparto militare. Pertanto questo Dl otterrà un effetto opposto rispetto a quello cercato. Paradossalmente andrà ad incentivare il depauperamento minerario del Paese perchè il minerale che verrà estratto lascerà l'Italia e quindi noi avremo incentivato un'attività a vantaggio delle multinazionali senza nessun tipo di riguardo nei confronti del Paese.

Sono soltanto due, su un totale di 34, le materie prime che si estraggono in Italia, eppure abbiamo 76 miniere attive sul territorio nazionale. Com'è possibile?

Ci sono una serie di vincoli di carattere ambientale che fino ad ora hanno rallentato fortemente i vari procedimenti. Fino a cinque anni fa non era neanche economicamente vantaggiosa un'attività del genere, pertanto il Dl si inquadra all'interno di questo processo, cioè di accelerare e facilitare il più possibile l'attività di estrazione. Questo, però, è un qualcosa di cui beneficeranno solo i pochi operatori stranieri che sono attivi nel processo di raffinazione, che potranno operare nel Paese senza alcun tipo di controllo.

In Italia abbiamo delle risorse minerarie non particolarmente capienti, ma comunque le abbiamo. Tuttavia non potremmo beneficiarne minimamente.

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Se il Dl non agisce in tal senso, come può l'Italia ridurre la dipendenza di materie prime dall'estero?

Il Dl non farà nulla per mitigare questo rischio, quindi dobbiamo ragionare su altri strumenti, su cui la stessa Difesa si sta muovendo in questi mesi così da diversificare le nostre fonti di approvvigionamento. Visto che in Italia l'effetto sarà opposto rispetto a quello perseguito, l'unica alternativa è quella di guardare all'estero in progetti minerari. 

Quali materiali si riveleranno più indispensabili per il nostro Paese nei prossimi anni?

Innanzitutto, è necessario distinguere tra le varie esigenze. La principale criticità del Decreto Legge sulle materie prime è che ragiona in termini strategici solo nell'ottica dell'elettrificazione. Questo è un grande vulnus perché la strategia dovrebbe andare oltre il tema dell'elettrico. Si parla di un futuro approvvigionamento di materie prime che va oltre lo sviluppo dell'auto elettrica.

In poche parole, il decreto avrebbe dovuto riconoscere che ciò che è strategico per l'Europa non è necessariamente strategico per l'Italia. Si sarebbe dovuta trovare una sintesi tra queste due necessità, ma questo non è stato fatto. Oggi, quindi, abbiamo scale di criticità delle materie prime che divergono tra quelle legate alla difesa e quelle dell'elettrificazione. Per esempio, nel comparto della difesa sono strategici alcuni tipi di acciaio, l'alluminio e la grafite, mentre non lo è il litio, che invece è un minerale strategico per l'elettrificazione

Nonostante l'Ue si sia mossa per aumentare l'autosufficienza, l'approvvigionamento di materie prime è ancora a rischio. Questo potrebbe sfociare in scontri geopolitici?

Questo già sta avvenendo e basta guardare ai colpi di Stato a cui abbiamo assistito in Africa negli ultimi mesi, e che riguardano soprattutto i Paesi produttori di minerali.