Delfin: Milleri, Bardin ed Erede,il trio di Del Vecchio per scalare la finanza

Chi sono i consiglieri di Leonardo Del Vecchio nel gestire le principali partecipazioni finanziarie del patron di Essilux

di Marco Scotti
Il Ceo di Essilux Francesco Milleri
Economia
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Ci sono tre persone su cui Leonardo Del Vecchio fa esclusivo affidamento quando si deve trattare di tematiche importanti: il primo è Sergio Erede, il più importante avvocato d’affari in Italia, fondatore – insieme a Franco Bonelli e Aurelio Pappalardo - dell’omonimo studio che oggi conta oltre 80 partner dislocati su varie sedi.

Erede, 81 anni compiuti ad agosto, ha accompagnato Del Vecchio nella progressiva scalata in Piazzetta Cuccia di cui oggi detiene il 18,9%. Il secondo uomo su cui il magnate di Agordo fa enorme affidamento è Romolo Bardin, amministratore delegato di Delfin e membro del consiglio di amministrazione di Assicurazioni Generali. È lui uno dei tre membri del cda che ha votato contro alla prosecuzione dell’esperienza di Philippe Donnet nel Leone alla riunione informale dei membri non esecutivi del board lo scorso 14 settembre.

Il presidente di Essilux Leonardo Del Vecchio
 

Il terzo è invece Francesco Milleri, amministratore delegato di EssilorLuxottica. È forse il meno “chiacchierato” tra gli uomini del cerchio magico di Del Vecchio, ma ha molto potere. Prima di tutto, perché è lo stesso ex-martinitt ad averlo “investito” ufficialmente già alla fine del 2017. In un’intervista al Corriere, infatti, il magnate aveva dichiarato che "considerata la mia età, ho espressamente voluto che nel contratto sottoscritto con Essilor, sia Francesco Milleri a sostituirmi nel caso io venissi a mancare". Interessante, per vedere come si viene a creare il rapporto di fiducia tra Del Vecchio e i suoi luogotenenti, la modalità di conoscenza tra i due. Milleri, infatti, aveva una società di consulenza e sviluppo informatici per gli ambienti Sap, ovvero il gestionale più usato al mondo. E Luxottica, nel 2007, si rivolse a lui su indicazione di Del Vecchio.



L'amministratore delegato di Delfin Romolo Bardin (a destra)

Dal 2007 al 2014, mentre ad Agordo “regnava” Andrea Guerra, Milleri ebbe modo di conoscere dall’interno che cosa stava succedendo in azienda. Così, quando il manager abbandonò la sua posizione per seguire Renzi dopo la Leopolda, Milleri divenne una sorta di consigliere strategico di Del Vecchio, che lo teneva in grande considerazione. Lo stesso Del Vecchio ha attribuito a Milleri la paternità dell’accordo con Essilor. E quando, dopo un anno di gestione Adil Mehboob-Khan, Del Vecchio tornò al timone, il ruolo di Milleri divenne sempre più significativo.

Da notare che Del Vecchio, al di là delle diverse società, ha sempre tenuto in grande conto il parere dei suoi tre consiglieri. Come riferisce Il Sole 24 Ore, ad esempio, a luglio di quest’anno, nella sede di Luxottica a due passi da Piazzale Cadorna si è tenuto un incontro tra Alberto Nagel, Leonardo Del Vecchio, Francesco Milleri, Romolo Bardin e il vicepresidente di Generali Clemente Rebecchini.

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Mai, dall’ingresso del finanziere di Agordo in Piazzetta Cuccia, c’era stato un incontro formale con la dirigenza di Mediobanca. Significativo, dunque, che mentre Nagel sia arrivato da solo assieme al responsabile del principal investing di Piazzetta Cuccia, Del Vecchio abbia schierato il suo tridente. 

Tra l’altro, ora che la tensione tra il patron di Luxottica e la merchant bank è salita di una “tacca”, dopo la nota dello scorso 8 ottobre in cui si sottolineavano le criticità nella proposta di Delfin di modifiche al voto di lista, c’è da credere che Del Vecchio si rivolgerà ancora più spesso ai suoi consiglieri. Perché c’è la vicenda Generali da risolvere – trovando il modo di convincere una parte dei fondi a convergere verso il patto di consultazione sottoscritto con Francesco Caltagirone e la Fondazione Crt – e quella, ancora più significativa, su Mediobanca.

Del Vecchio ha un accordo con la Bce che vincola la sua posizione in Piazzetta Cuccia come investimento finanziario. Ma è ovvio che, escludendo un’Opa totalitaria che rappresenta un esercizio di fanta-finanza, ci potrebbero essere altre strade per aumentare il suo peso, ad esempio coinvolgendo il sodale Caltagirone che già oggi detiene il 3% del capitale di Mediobanca, ma potrebbe essere a un soffio dal 5%. Sicuramente, tutte mosse che necessitano di consiglieri fidati.