Descalzi resta, Profumo in partenza: chi vince le elezioni gestirà le nomine
Se dovesse prevalere il centro-destra, probabile l’addio al ceo di Leonardo da sempre ritenuto “di sinistra”. E attenzione alla posizione di Scannapieco
Eni, Enel, Leonardo, Cdp e Poste: che cosa succede con le nomine dopo le elezioni politiche
Perché Mario Draghi ha patito in maniera particolare l’addio anticipato a Palazzo Chigi? Solo per ragioni di ego e di opportunità politica? Ovviamente no. Il punto fondamentale è che il prossimo esecutivo, quello che verrà deciso dalle elezioni del 25 settembre, sarà quello che potrà nominare i vertici di quattro aziende di dimensioni notevoli: Eni, Enel, Leonardo e Poste Italiane. Parliamo di un fatturato aggregato intorno ai 190 miliardi nel 2021 e di una capitalizzazione complessiva di circa 105 miliardi, in pratica il 6% del pil italiano dello scorso anno. Anche se è prematuro iniziare a fare previsioni stringenti, Affaritaliani.it ha avuto la possibilità di iniziare a “fiutare” l’aria. Partendo da un assunto: al momento appare più che probabile un’affermazione del centro-destra, ma è naturale che, in caso di nuovi colpi di scena, anche le nomine potrebbero prendere un’altra direzione.
Al momento, il più accreditato a restare al suo posto è Claudio Descalzi in Eni. L’amministratore delegato del cane a sei zampe, classe 1955, è al timone dell’azienda dal 2014. Il suo sarebbe il quarto mandato, una rarità nel panorama delle aziende a partecipazione statale. Ma ci sono tre motivi che fanno pensare che possa rimanere al suo posto. Prima di tutto, perché al processo milanese in corte d’Appello il Pg ha sostanzialmente fatto cadere ogni accusa per la vicenda delle tangenti in Nigeria. Poi perché il momento storico è talmente complesso che cambiare la guida dell’azienda che deve occuparsi di gestire accordi su gas e petrolio sarebbe un suicidio. Infine, perché già a dicembre 2021, prima del patatrac della guerra in Ucraina, Descalzi era salito sul palco di Atreju, la festa di Fratelli d’Italia, insieme a Roberto Cingolani. Come se l’ad di Eni avesse iniziato a captare un cambio in corso nelle forze politiche.
Che cosa succede in Enel
Capitolo Enel. Qui il tema è più spinoso. Francesco Starace ha guidato per tre mandati (anche lui è in carica dal 2014 come Descalzi) l’azienda e l’ha fatto in modo impeccabile, guidando un processo di decarbonizzazione prima ancora che diventasse mainstream. Ma paga una certa insofferenza e un eccessivo “dirigismo” nelle scelte di politica estera, soprattutto per le attività in Russia che sono state dismesse in ritardo e non senza qualche rimpianto. Starace, anche lui classe 1955, sarebbe anche pronto a un ultimo giro di valzer. L’impressione però è che potrebbe non avere sufficiente forza politica per farlo. Prima della crisi di governo si parlava come suo sostituto di Marco Alverà, ex amministratore delegato di Snam “sponsorizzato” da Paolo Scaroni. Ma Alverà è ora in Germania a guidare la Tes H2, azienda specializzata in idrogeno. Al momento la conferma di Starace è quindi in bilico.
Il futuro di Poste
Passiamo a Poste Italiane. Qui la posizione di Matteo Del Fante sembra decisamente più salda. Il manager sarebbe al terzo mandato, in caso di conferma. La capitalizzazione di borsa sotto la sua guida è aumentata di oltre il 30%, nonostante una flessione negli ultimi sei mesi. Non è un mistero che il manager avesse a un certo punto sentito le “sirene” che provenivano da Trieste come candidato della lista Caltagirone per il rinnovo dei vertici di Generali. Poi dalle parole non si passò mai ai fatti, come amministratore delegato venne indicato Luciano Cirinà e questa, come si suol dire, è un’altra storia. L’unico motivo per scegliere di rimuovere Del Fante è per il suo retaggio Pd, essendo stato nominato da Matteo Renzi, nel 2014, amministratore delegato di Terna e da Paolo Gentiloni, nel 2017, numero uno appunto di Poste. Ma il borsino, per ora, vira al bello.
Profumo si allontana da Leonardo
Infine la questione Leonardo. Qui il discorso si complica ulteriormente. Alessandro Profumo ha, da sempre, la fama di manager di sinistra. Un’etichetta da cui non si è mai liberato, specialmente dopo l’esperienza a Siena come presidente e la nomina a numero uno di Finmeccanica, poi divenuta Leonardo, nel 2017 dall’allora premier Paolo Gentiloni. Il futuro di Porfumo, dunque, sembra complesso, oltretutto se si pensa che c’è ancora il processo di appello per la vicenda Mps. Se dovesse venire assolto, allora potrebbe esserci qualche possibilità – seppur flebile – di una conferma. Altrimenti, le probabilità di vederlo ancora in Piazza Monte Grappa si ridurrebbero al lumicino. Tra l'altro, la possibile fusione con Fincantieri, in cui si è appena insediato Pierroberto Folgiero proveniente da Maire Tecnimont, potrebbe ora venire congelata. O no?
Cassa Depositi e Prestiti
Anche se non direttamente coinvolta dalla scadenza delle nomine, Cassa Depositi e Prestiti potrebbe subire qualche scossone. L’attuale amministratore delegato, Dario Scannapieco, è in carica da poco più di un anno e rappresenta la quintessenza del “draghismo”. Ma dalla Cassa passano moltissimi dossier fondamentali per il futuro del Paese, a partire dalla rete unica e dal futuro di Tim. Facile quindi pensare che il centro-destra possa voler decidere il proprio uomo in Via Goito, ribaltando l’attuale vertice. Da notare che il presidente di Cdp è Giovanni Gorno Tempini, che fu amministratore delegato dal 2010 al 2014, voluto dall’allora ministro dell’economia Giulio Tremonti e poi detronizzato da Matteo Renzi (che gli preferì Fabio Gallia) prima di tornare alla presidenza nel 2018 insieme a Fabrizio Palermo. Potrebbe profilarsi uno scenario in cui Gorno Tempini rimane in sella e Scannapieco viene rimosso? I rumor vicini al centro-destra dicono che questo è uno scenario decisamente possibile.