Dieta mediterranea inquinante, per aiutare l'ambiente bisogna mangiare vegano

Carne e pesce sono gli alimenti che hanno il maggiore impatto sull’ambiente, eliminarli dalla dieta fa bene al pianeta

di Redazione Economia
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Per aiutare l'ambiente bisogna mangiare vegano, ma per risparmiare la scelta migliore è essere vegetariani

Altroconsumo ha condotto un’indagine relativa alla sostenibilità di tre diverse diete (mediterranea, vegetariana e vegana) dalla quale è emerso come la dieta vegetariana e quella vegana generino un impatto minore sull’ambiente rispetto alla dieta mediterranea e sono anche maggiormente sostenibili sul piano economico, data l’esclusione di carne e pesce.

Seguendo la giusta dieta, infatti, è possibile prevenire malattie anziché curarle ed anche ridurre il proprio impatto ambientale consumando alimenti più sostenibili, ad esempio valorizzando al massimo i prodotti vegetali e stagionali e riducendo il consumo di carne e di latticini, visto che la loro produzione genera una ingente quantità di gas serra. La filiera alimentate è infatti responsabile del 30% delle emissioni di gas serra e queste sono causate al 60% circa dai prodotti animali secondo il rapporto delle Nazioni Unite di dicembre 2023.

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Altroconsumo ha quindi chiesto a un nutrizionista di costituire tre diete equilibrate dal punto di vista nutrizionale per un individuo medio con un apporto calorico giornaliero di 2.000 kcal. Sulla base degli alimenti e delle quantità fornite per ciascuna dieta, è stato calcolato il costo e l’impatto ambientale delle diete per poi metterle a confronto.

Secondo le analisi condotte da Altroconsumo una persona adulta che segue la dieta mediterranea ogni settimana produce 15 kg di CO₂ equivalente, e consuma 19 mq di suolo e 1.880 litri di acqua.

La dieta vegana, invece, è quella che complessivamente ha il minor impatto ambientale. Infatti, pesa il 32% in meno di quella mediterranea e il 18% in meno di quella vegetariana. Questo perché la dieta non prevede alimenti di origine animale e si basa sul consumo di cereali, legumi, verdura e frutta (fresca e secca), oli e bevande vegetali e semi. Infatti, una persona adulta che segue la dieta vegana ogni settimana produce 8 kg di CO₂ equivalente, consuma 15 mq di suolo e 1.810 litri di acqua.

La dieta vegetariana, rispetto a quella vegana, che prevede anche uova e latticini, consuma più acqua, anche rispetto alla dieta mediterranea, per la presenza di formaggi. Infatti, un adulto che segue la dieta vegetariana ogni settimana produce 11 kg di CO₂ equivalente, 17 mq di suolo e 1.980 litri di acqua.

Il regime alimentare più economico è quindi quello vegetariano. Infatti, il costo settimanale della spesa vegetariana è di 53 euro circa. Meno di quanto spende chi segue la mediterranea che deve mettere in conto 63 euro circa a settimana, il 17% in più rispetto alla vegetariana.

Per i vegani il costo della spesa settimanale è simile a quella dei vegetariani, 54 euro, mentre quella mediterranea costa il 15,5% in più. I vegani spendono di più per le alternative vegetali alle proteine, prodotti che incidono per il 16% sulla spesa settimanale, oltre a frutta e verdura che rappresentano il 45% della spesa.

La deta mediterranea

Per chi segue la dieta mediterranea a incidere maggiormente sul costo della spesa settimanale è il pesce che ne costituisce un quinto, la carne pesa invece per l’8% e il 12% per i latticini. Sono soprattutto frutta e verdura a far salire il conto, rispettivamente costituiscono il 16% e il 18% della spesa settimanale.


 

La dieta vegana

Chi segue una dieta vegana, invece, necessita di una maggiore quantità di legumi, frutta secca e fonti proteiche alternative come seitan e tofu che incidono molto sulla spesa settimanale perché da assumere in grandi quantità.


 

La dieta vegetariana

Nel caso della dieta vegetariana, invece, a pesare di più nel carrello sono frutta, verdura e latticini.


 

Carne e pesce sono gli alimenti che hanno il maggiore impatto sull’ambiente, eliminarli dalla dieta fa bene al pianeta, ma devono essere sostituiti con altri alimenti che forniscano gli stessi nutrienti. Un primo passo è ridurne i consumi, anche senza eliminarli del tutto.

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