Dopo Rivera inizia il valzer delle nomine: Eni, Enel, Leonardo. La mappa
Con il successore del DG del Tesoro si apre un valzer di poltrone: Profumo, Descalzi, Starace, Donnarumma, Del Fante, Cattaneo e non solo
Eni, Enel, Terna, Leonardo, Poste, Cdp: la nuova mappa delle nomine e del potere nel governo Meloni
"Rivera? In questo momento ha più detrattori che sostenitori". Così qualche giorno fa una fonte accreditata spiegava ad Affaritaliani.it come il direttore generale del Tesoro, Alessandro Rivera, non goda di grande stima all'interno del nuovo esecutivo. A lui vengono imputati i problemi relativi alla trattativa di Ita e alla gestione dell'affaire Mps. Per questo è pensabile che venga sostituito alla fine di gennaio, anche se sui nomi c'è ancora il massimo riserbo. Come riporta La Stampa, il ministro Giorgetti ha fin qui protetto il suo direttore generale, ma sembra che per lui non vi siano più grandi possibilità.
Quella di Rivera è però solo una delle tante poltrone che, in primavera, vedranno con ogni probabilità un nuovo padrone. Partiamo da Leonardo: nonostante i tentativi di riposizionamento e i buoni uffici di Guido Crosetto, alla fine con ogni probabilità Alessandro Profumo non verrà riconfermato al timone di Leonardo. Questo per tre motivi: il primo di carattere politico, perché la sua - un tempo per nulla celata - vicinanza al Pd lo fa vedere con sospetto dal nuovo governo; il secondo di opportunità, perché rimane ancora pendente la condanna per il processo Mps in cui è accusato insieme all'ex amministratore delegato Fabrizio Viola e per cui è stato condannato in primo grado. Profumo vorrebbe rimanere, anche perché è uno dei pochissimi manager che ha saputo reinventarsi completamente, dopo la lunghissima esperienza nel mondo bancario e creditizio. È stato chiamato dall'allora primo ministro Paolo Gentiloni e ha iniziato a studiare a fondo i meccanismi dell'industria, tanto da dichiarare recentemente di essersi pentito di aver puntato sulle banche, che sono a suo dire noiose, quando invece la manifattura è davvero affascinante.
Infine c'è un problema finanziario: la capitalizzazione di borsa - pur con tutti i distinguo, i problemi e le vicissitudini ben note - è scesa di circa il 40% da quando Profumo è al timone di Leonardo. E questo è un assist perfetto per i suoi detrattori. Chi al suo posto? In molti parlano di Lorenzo Mariani, amministratore delegato di Mbda, un'azienda che si occupa di sistemi di difesa. Radio-nomine lo dà molto vicino a Matteo Salvini. Il quale, come riporta Dagospia, ha già battuto i pugni sul tavolo chiedendo una nomina di peso direttamente riconducibile alla Lega. Stesso discorso è stato fatto da Berlusconi, che vuole un nome vicino a Forza Italia.
Qualcuno ha parlato anche dell'ex ministro Cingolani al posto di Profumo, ma fonti accreditate bollano come "impossibile" questa ipotesi, anche perché lo stesso Cingolani avrebbe ricevuto un'offerta molto importante dal Giappone, pare da Hitachi, e sarebbe pronto a trasferirsi a Tokyo.
Tutti i nomi in pole position
Andiamo avanti. Claudio Descalzi, al timone di Eni, sembra sicuramente il più saldo. Non solo perché ha oggettivamente ottenuto risultati commendevoli sin da quando è arrivato al timone del cane a sei zampe, nel 2014. Ma anche perché gode di un vantaggio competitivo rispetto a Profumo: ogni pendenza legale è stata risolta totalmente in suo favore. Già nel 2021 si presentò sul palco di Atreju, la festa di Fratelli d'Italia, probabilmente "fiutando" che il vento stava cambiando. Oggi appare l'opzione più credibile per la guida di Eni. Certo che, se in un inspiegabile colpo di scena, si dovesse decidere di separarsi da Descalzi, il manager che ha sostituito Paolo Scaroni non avrebbe grandi problemi a trovare altro da fare. O, giunto alla soglia dei 66 anni, potrebbe anche decidere di godersi la pensione. Si dice, tra l'altro, che abbia una grande passione per i cani.
Veniamo all'Enel. In questo caso il futuro di Francesco Starace appare segnato. Non perché il ceo della prima azienda per capitalizzazione in Italia abbia operato male, tutt'altro. Il tema, semmai, è che Starace paga due colpe: la prima, di aver tirato per le lunghe la cessione del 50% di Open Fiber al tandem Cdp-Macquarie. Un'azione che ha ulteriormente ritardato la posa della fibra nelle aree bianche. E poi perché ha temporeggiato anche nel momento in cui è stato chiesto alle imprese italiane di ritirarsi dalla Russia. Chi al suo posto? Tre nomi sul tavolo. Il primo è quello di Stefano Donnarumma, attuale amministratore delegato di Terna. Il nome del manager era circolato anche per Leonardo, addirittura tre anni fa. All'epoca Donnarumma era in uscita da Acea, che aveva rilanciato positivamente e a lui erano state proposte le poltrone di Terna e dell'ex-Finmeccanica. Il manager scelse la prima anche per una sorta di "continuità" di business. E oggi l'idea sarebbe la stessa.
Il secondo nome che circola per la sostituzione di Starace è Francesco Venturini, attuale ceo di Enel X, la "costola" della casa madre che si occupa di infrastrutture e servizi per tutta la parte delle reti green. Il terzo "papabile" per il posto di amministratore delegato di Enel potrebbe essere Matteo Del Fante, attuale numero uno di Poste Italiane. Del Fante, in predicato di diventare ceo di Generali prima che la cordata guidata da Francesco Gaetano Caltagirone puntasse sul tandem Costamagna-Cirinà. Del Fante, tra l'altro, ha grandi estimatori nel centro-destra, pur avendo iniziato la sua carriera al vertice delle partecipate con i governi di centro-sinistra.
In tutto questo valzer che si sta materializzando, ci sono altri nomi che ballano. Il primo è quello di Dario Scannapieco. Come da tempo Affaritaliani.it sostiene, infatti, il suo nome al timone di Cassa Depositi e Prestiti non è più così saldo e oggi anche La Stampa sembra voler seguire questa pista. Nel caso in cui il governo dovesse decidere di sostituirlo, perché si preferisce una figura più "vicina" alle idee della maggioranza, potrebbe tornare in pista anche il nome di Matteo Del Fante - la cui destinazione più probabile rimane comunque la permanenza in Poste - che fu direttore generale della Cdp ormai un decennio fa. Scannapieco, fortemente voluto da Draghi alla guida di Via Goito, al momento rimane saldo al suo posto, ma non si escludono sorprese.
Gli "insospettabili"
A proposito di Cdp, pare che Fabrizio Palermo, che della Cassa è stato amministratore delegato prima di Scannapieco, abbia accettato l'incarico di amministratore delegato di Acea per essere pronto a saltare in corsa su una poltrona a lui gradita. Quale? Nel caso in cui Donnarumma dovesse andare in Enel, Terna potrebbe essere una buona soluzione. Sullo sfondo rimane sempre il nome di Flavio Cattaneo. Affaritaliani.it l'aveva anticipato ma all'epoca il manager, marito di Sabrina Ferilli, non sembrava molto disposto a lasciare la sua carriera imprenditoriale (è il fondatore di Itabus) per tornare nell'agone delle partecipate. Oggi però qualcosa sembra essere cambiato. Se per tutto il 2022 sono state respinti i tentativi di acquisizione di Italo da parte di altri soggetti (si parla di Msc), pare che nel 2023 qualcosa potrebbe cambiare: il fondo americano Gip, che detiene il 72,6% del capitale, potrebbe decidere di vendere per una cifra compresa tra i 5 e i 5,5 miliardi, con una plusvalenza notevole. Anche perché a febbraio saranno cinque anni dall'ingresso nell'azienda, un arco temporale giusto per un fondo per pianificare una exit.
Che cosa c'entra Cattaneo? La Reinvesting Shareholders (cioè la holding dei fondatori di Italo di cui fanno parte, oltre allo stesso Cattaneo anche Luca Cordero di Montezemolo, Giovanni Punzo, Isabella Seragnoli, Alberto Bombassei, Peninsula Capital) detiene ancora oggi il 7,7% della compagnia di treni. Se si dovesse concretizzare la cessione per 5,5 miliardi si tratterebbe della cifra monstre di 423 milioni. A questo punto sì che l'ex numero uno di Terna potrebbe rendersi disponibile a scendere in pista, ma solo per una poltrona di peso. Quale? Diciamo solo che inizia per... "E".