Droga, Nicolasi "Sempre più ragazzi giovani in comunità. E quel politico che portò suo nipote, ma voleva legalizzarla..."
A 100 anni dalla nascita di Don Gelmini, la Comunità Incontro continua la sua missione di rinascita per migliaia di persone. L'intervista al direttore Giampaolo Nicolasi
Droga, l'intervista al direttore della Comunità Incontro, Giampaolo Nicolasi
In un contesto sociale in cui le dipendenze rappresentano una sfida sempre più complessa, la Comunità Incontro di Amelia continua a essere un punto di riferimento per il recupero e il reinserimento di chi lotta contro le tossicodipendenze. Fondata da Don Pierino Gelmini, la comunità ha accolto negli anni migliaia di persone, offrendo loro un percorso di rinascita basato su disciplina, sostegno e valori solidi.
Oggi abbiamo l’opportunità di dialogare con Giampaolo Nicolasi, attuale direttore, che ci racconta il lavoro svolto all’interno della struttura, le sfide quotidiane e le prospettive future nella lotta contro le dipendenze. Un’occasione per comprendere meglio il valore dell’accoglienza, della riabilitazione e della speranza.
Questo è l’anno del centenario della nascita di Don Pierino Gelmini. Qual è l’eredità più importante che ha lasciato?
L’eredità più importante che ci ha lasciato è quella di sostenere e di aiutare tutte le persone che hanno necessità di riappropriarsi della propria vita, persone emarginate e che hanno vissuto o che vivono il problema della tossicodipendenza. Purtroppo, è un problema che è sempre più in evoluzione, sempre più famiglie si rivolgono a noi. Si è abbassata notevolmente anche l’età di ragazzi e di giovani che usano sostanze psicoattive, abbiamo all’interno delle nostre strutture ragazzi che arrivano fin dall’età di 15 o 16 anni con un carico di farmaci importante perché l’uso di queste sostante attiva anche problemi psichiatrici. Quindi ci siamo anche dovuti evolvere. Un grande messaggio di Don Pierino che ci ha lasciato è che se vuoi aiutare una persona che sta nel fosso devi stare nel fosso con lui, e la nostra struttura è improntata molto su questo perché noi operatori abbiamo uno stretto contatto con loro, non esiste il giorno festivo, il sabato o la domenica, Natale, Pasqua e Santo Stefano. Una persona quando ha bisogno di aiuto può essere anche il giorno di Natale deve avere vicino chi gli tende una mano, che lo aiuta a risalire dal fosso.
Il vostro metodo di cura o di recupero è cambiato negli anni, perché sono cambiate le dipendenze, ci sono droghe diverse ma anche dipendenze sono tante, come la ludopatia, e spesso si sovrappongono?
Quando Don Pierino era in vita, cioè circa 11 anni fa, questo cambio di trattamento delle dipendenze già lo proponevamo, perché si sono evolute e sono cambiate le dipendenze. Don Pierino ci diceva sempre di questo passaggio, questo cambio, e così è stato. Alla sua morte abbiamo tirato un po’ i remi in barca, ci siamo raggruppati in poche strutture, prima avevamo 100 strutture in tutta Italia, abbiamo fatto una ritirata strategica, e abbiamo messo a punto un piano prevedendo 3 moduli di lavoro: il modulo pedagogico riabilitativo, per persone che pur avendo una dipendenza non necessitano di un intervento farmacologico. Il modulo terapeutico, che prevede l’assunzione di farmaci sostitutivi, come il metadone. Sempre più ragazzi arrivano con un piano terapeutico dove assumono questi farmaci sostitutivi.
Di conseguenza non sono terapie che puoi togliere dalla sera alla mattina, ma cerchiamo di portarli piano piano a scalare per permettergli di essere liberi. E poi il modulopiù complicato, il terzo, la comorbilità psichiatrica, per persone che hanno due tipi di problematica, che hanno dipendenza da sostanze e una patologia psichiatrica. La nostra struttura è stata pilota in questo perché siamo stati tra i primi a introdurre il trattamento farmacologico all’interno della comunità di recupero residenziale. Non a caso abbiamo messo su un’equipe disciplinare formata da 80 dipendenti a tempo indeterminato, 6 psichiatri, 25 psicologi, 3 medici, il cardiologo, lo studio odontoiatrico, siamo circondati da professionisti che supportano il lavoro di tutti i volontari. 20 anni fa non esisteva nemmeno la dipendenza da internet che noi chiamiamo ritirati sociali, o dal gioco, dal sesso, e anche in questo ci siamo organizzati con dei professionisti del settore.
Ci sono persone che hanno disturbi alimentari e abbiamo preso esperti anche in questo campo. Per la ludopatia abbiamo messo a punto un modello terapeutico e credo che in Italia siamo gli unici, perché abbiamo costruito all’interno della sala giochi la riproduzione di una sala slot, e lì all’interno i nostri terapeuti fanno il setting con i ragazzi dipendenti. È una desensibilizzazione graduale, e al termine di questo percorso i ragazzi vengono portati in un bar del paese dove ci sono anche queste macchinette. E noi vediamo il cambiamento rispetto alle prime uscite.
Ci sono anche persone che scontano la misura alternativa al carcere, e in un momento in cui il sistema penitenziario vive un momento di grande difficoltà per carenza di spazi voi siate sicuramente una struttura che collabora molto con le istituzioni anche in questo senso?
Noi siamo accreditati con il Ministro di Grazia e Giustizia e il Ministro dell’ interno e possiamo accogliere persone con misure cautelari nella nostra struttura. Questo diciamo favorisce il nostro lavoro perché molti ragazzi tossicodipendenti finiscono in carcere, di conseguenza è un peccato una persona che è ammalata sconti la sua pena in un carcere poiché quando esce si ritrova con lo stesso problema, se non aggravato. Di conseguenza su una gran parte di questi ragazzi ci sono provvedimenti giudiziari perché denunciati dalla famiglia. Le famiglie stesse denunciano i ragazzi, li fanno arrestare, vanno in carcere dopo di che si prodigano con i nostri operatori e i nostri assistenti sociali.
Abbiamo un gruppo di persone che girano in tutte le carceri italiane, quando siamo chiamati andiamo, fanno i colloqui dopo di che chiediamo ai vari magistrati di sorveglianza che venga spostata la misura e cautelare all'interno della nostra struttura e posso dire che anche lì abbiamo dei buoni risultati, che spesso iniziano perché il detenuto vuole svoltare e di conseguenza preferisce uscire, anche se la nostra struttura è chiusa come sistema di vita, non puoi comunicare con l'esterno però è una struttura totalmente diversa, insomma viviamo in mezzo alla natura circondati da animali dal verde.
Questo aspetto è anche uno dei punti chiave del metodo della comunità incontro: si è immersi nella natura, ci sono tanti animali, la comunità incontro è anche un centro di recupero animali selvatici. In che modo la natura e anche il contatto con gli animali con le piante può essere terapeutico?
Oltre l'aspetto clinico i ragazzi vanno a scuola, abbiamo una scuola all'interno della struttura, le ragazze hanno i laboratori di cucito, fanno le parrucchiere, l'estetista e imparano a fare tantissimi lavori. Nel settore maschile uno dei lavori più richiesti è quello dell'agricoltura e la cura degli animali. Poi fanno progetti, imparano gli impianti fotovoltaici, fanno un po di tutto però quelli che io vedo che stanno meglio sono quelli che vanno a lavorare nell’agricoltura, la cura del vigneto, la cura degli olivi e la cura degli animali sono i turni di lavoro anche più intensi. Ci sono gruppi di ragazzi che lavorano con gli animali, e stanno bene perché sono liberi, vivono uno spazio diverso, una dimensione diversa di quella che vivono invece quelli che vanno a scuola, che pur facendo un lavoro utile è chiuso all'interno di quattro mura.
I ragazzi per esempio che sono all’esterno sono caratterizzati da una frase che Don Pierino ha voluto scrivere: “gli animali sono maestri di vita se li sai osservare”, di conseguenza chi vive questo contesto lavorativo con la natura e con gli animali secondo me esce con una marcia in più.
Parlavamo delle donne, è vero che c'è una struttura dedicata alle donne e quali sono le differenze per quanto riguarda il loro metodo di recupero?
Il metodo di recupero è lo stesso, le stesse regole per tutti. Diciamo che la donna necessita di un approccio diverso perché il mondo della dipendenza mette a una dura prova le donne molto più degli uomini, nella forma, nel modo di procurarsi le sostanze e anche nel sistema di vita in cui viene inserita la persona stessa. Di conseguenza abbiamo molto più attenzionato il modulo femminile rispetto a quello maschile con l'incremento di persone che sappiano gestire anche le problematiche delle donne, la violenza ad esempio.
Ricordo che nella Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne sono stato su al centro femminile insieme alle operatrici, e a una mia domanda su quante di loro avessero mai subito violenza (anche se avevo dubbi sull’opportunità di farla), però fatta nel giorno hanno alzato la mano il 90% o 95% delle donne, avevano subito violenza di ogni genere, chi veniva picchiata, chi veniva abusata, di conseguenza le donne hanno sofferto molto direttamente sulla propria pelle.
Per questo abbiamo una grande attenzione per il modulo femminile perchè poi le donne spesso sono anche madri e di conseguenza vivono questo distacco dalla propria famiglia e dai propri figli in maniera più intensa, e a volte diventa una motivazione perchè sentono la mancanza dei figli anche se noi consentiamo che vengano almeno due o tre volte al mese a trovarle. Spesso però diventa un'arma a doppio taglio perchè usano i figli per andarsene.
Parliamo di prevenzione quanto è importante che arrivino messaggi corretti ai giovani sull'utilizzo di sostanze? Spesso viene detto che c'è differenza tra droghe leggere e pesanti, cosa ne pensa lei?
Don Pierino diceva “non esiste droga leggera e droga pesante, la droga è droga punto e basta”. Spesso chi parla di droga leggera e droga pesante fa queste distinzioni è perchè non ha mai vissuto direttamente o sui propri familiari questo dramma, che non è un dramma solo per chi usa sostanze ma è per tutto il contesto familiare che sconvolge la vita di intere famiglie. Allora esiste anche un vecchio detto che “non tutti quelli che usano droghe leggere arrivano a usare droghe pesanti ma tutti quelli che usano droghe pesanti sono passati dalle droghe leggere”.
Cosa sono le droghe leggere, intendiamo la cannabis, possiamo tornare indietro di 30 anni fa quando la cannabis era la marijuana che veniva coltivata in luoghi preposti e veniva poi venduta e fumata o trasformata in hashish. Adesso è tutto un altro mondo, i danni più grandi vengono fatti dai cannabinoidi sintetici con ragazzi che vanno totalmente fuori di testa anche dopo aver fumato solamente una canna o due, o un uso continuativo di marijuana o di cannabinoidi sintetici. Di conseguenza non esiste droga leggere e droga pesante, chi usa sostanze perché ha un vuoto interiore questo vuoto interiore non lo può riempire fumando delle canne, dei cannabinoidi o usando qualunque altra sostanza. Chi ha un vuoto interiore deve trovare qualcosa attraverso dei terapeuti, attraverso della famiglia, attraverso dei sacrifici per riempire questo vuoto interiore”.
Lei pensa che la legalizzazione che stata prospettata anche dalla politica in passato sia qualcosa di sbagliato per la società? La linea attuale è quella più giusta anche per prevenire?
Non faccio nomi però un grande politico italiano che sponsorizzava la legalizzazione e la liberalizzazione delle droghe, così chiamate leggere, portò qua suo nipote in comunità da noi e quando Don Pierino gli disse “ma perché tu vuoi legalizzare la droga e adesso hai portato tuo nipote in comunità perché non si droghi più?” – il politico rispose: ”Però questo è mio nipote”. Io penso che una persona, se guarda tutto quello che succede nel mondo delle dipendenze, tutta la droga, tutto il delinquere che c'è intorno tutte le famiglie disastrate, dovrebbe solamente fare un esame di coscienza e valutare obiettivamente se la droga fa bene o la droga fa male. Chi ha un minimo di ragione, un minimo di buonsenso, un minimo di cultura e anche generale di storia, vede i danni che sta facendo il fentanyl negli Stati Uniti.
Ci sono oltre 100.000 morti in un anno per l'uso di fentanyl. Noi non guardiamo la politica, abbiamo un'opera che è trasversale alla politica, però possiamo solamente dire che attualmente con questo governo qua sta facendo un lavoro di prevenzione nelle scuole, un lavoro anche di informazione attraverso i media, un lavoro di rilettura della legge che regolamenta l'uso di sostanze, della legge 309 del 1990 dove appunto il governo sta cercando di inserire un qualcosa in più, un valore aggiunto, che non è solo il denaro che può aiutare i giovani a non drogarsi ma è anche diffondere la cultura della vita contro la cultura della droga. Per questo a volte i nostri giovani vengono tratti in inganno da falsi miti, da falsi testimoni. Bisogna diffondere la cultura della vita, come si sta cercando di fare nei vari tavoli di lavoro con il dipartimento politica antidroga e in varie istituzioni, dove noi portiamo la nostra testimonianza. Uscire dalla droga si può, bisogna fare dei sacrifici, e sicuramente non diffondere messaggi di morte.