Elkann pronto a vendere la Juve: stanco di perdere soldi e trofei

Il presidente di Exor è stanco: le iniezioni di capitale continue, la Champions che rimane una chimera. Ecco perché potrebbe cedere

di Marco Scotti
Economia

Elkann pronto a vendere la Juve ad Apple?

Prima di tutto un chiarimento: si tratta di un rumor e come tale va gestito. Ma la voce che inizia a circolare è che John Elkann si sia stancato della Juventus e che sia pronto ad ascoltare offerte per vendere la Vecchia Signora. Il prezzo? Si parla di circa 2 miliardi, visto che il Milan, che non ha lo stadio di proprietà e che ha una rosa assai meno competitiva è stato acquistato da Redbird per circa la metà della cifra. Il presidente di Exor è stanco dei continui grattacapi che gli sta dando la squadra. Oltre 800 milioni di euro sono stati iniettati negli ultimi anni, in parte per la crisi del Covid, in parte per acquisti poco lungimiranti come nel caso di Cristiano Ronaldo, costato quasi 300 milioni tra cartellino e ingaggio. 

Elkann, tra l’altro, sta cercando da tempo di vendere i pezzi pregiati della cassaforte di famiglia. L’ha fatto con Marelli, l’ha fatto de facto con Fca, che è stata oggetto di una fusione solo sulla carta paritetica: il board è a trazione francese, in Psa un azionista di riferimento è lo stato francese e l’amministratore delegato è Carlos Tavares. Di paritetico c’è ben poco. Non è così impossibile pensare che voglia liberarsi di un asset che è sempre più un fardello, visto che la Champions League anche quest’anno (il ventisettesimo consecutivo) rimarrà una chimera. Dunque, la base di partenza c’è. Chi potrebbe comprare? 

Bisogna andare per esclusione. Il fondo Pif dell’Arabia Saudita, che è stato interessato all’Inter e che alla fine ha dovuto ripiegare sul Newcastle in Inghilterra, avrebbe disponibilità pressoché illimitate. Il principe Mohammad Bin Salman ha già chiarito che vuole fare del suo Paese un punto fondamentale dell’economia e dell’innovazione mondiale. Ma è difficile pensare che possa scegliere la Juve per dimostrare la sua potenza anche sul campo di calcio, più facile provare con soggetti meno costosi per una narrativa trionfalistica.

I cinesi in questo momento hanno altro a cui pensare, tra il Covid e i blocco degli investimenti all’estero: bocciata ogni possibile idea che riporti a Pechino. Anche in questo caso l’Inter con Suning è lì a testimoniare che non sempre le proprietà orientali siano una panacea. E allora a chi guardare? I fondi americani hanno già mostrato a più riprese interesse verso la Serie A. La Roma con i Friedkin, il Milan con Redbird, la Fiorentina con Commisso e perfino il Bologna con Saputo (canadese ma la sostanza cambia poco) mostrano come gli americani guardino con interesse al campionato.

Chi potrebbe permettersi di spendere due miliardi? Il campo ovviamente si restringe di molto. Per questo spunta un nome che pare più una suggestione che un reale protagonista: Apple. Perché la cosa potrebbe funzionare? Intanto perché Cupertino ha in pancia 66 miliardi di dollari dopo aver remunerato i suoi azionisti con oltre 100 miliardi di dollari. Una cifra spaventosa, da stato sovrano. Non per niente la capitalizzazione della creatura di Steve Jobs è di 2,25 trilioni di dollari, ben più del pil italiano. Spendere due miliardi sarebbe davvero possibile. Ma sarebbe un investimento strategico? 

Qui le perplessità aumentano, anche perché l’idea che una società fortemente votata all’innovazione si getti in un business decisamente vecchio e stanco appare improbabile. A meno che non si voglia pensare che Tim Cook voglia mostrare una volta di più il suo enorme potere, rivoluzionando il mondo del calcio come a suo tempo fece Steve Jobs con quello dei telefoni. Ci riuscirà?

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