Elkann smentisce la fusione Stellantis-Renault, ma i dubbi restano

Dagli esuberi agli stabilimenti, dai modelli ai brevetti: la Francia ha beneficiato della fusione Psa-Fca molto più dell'Italia

di Marco Scotti
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Elkann smentisce la fusione Stellantis-Renault, ma i dubbi restano

Neanche il tempo di indignarsi, che John Elkann ha smentito qualsiasi intenzione di fondere insieme Stellantis e Renault. Gli crediamo? Qualche dubbio sorge. Più che altro perché la trazione “francese” del colosso dell’automotive nato dalla fusione tra Fca e Psa è tutt’altro che una congettura. L’amministratore delegato? Espresso da Parigi. Il cda? A maggioranza francese. Il top management? Ad ampia maggioranza transalpina. Ma c’è molto di più. Stellantis produce in Francia un milione di veicoli, in Italia la metà. E i modelli non sono equamente divisi: perché da noi se ne fanno sette, oltre le Alpi, quindici. Non è finita qua: le auto ibride ed elettriche, il futuro della mobilità, vengono realizzati in tutti gli stabilimenti francesi, solo in uno (che aumenterà in futuro) nel nostro Paese. Investimenti? All’Italia tocca solo il 10% del complessivo. E, “last but not least”, gli esuberi: 7.500 da noi, nessuno a Parigi. Chiaro, no? E la notizia della cassa integrazione per sette settimane a Mirafiori non è certo un segnale incoraggiante.

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Ora, di fronte a questi numeri snocciolati uno dopo l’altro, il sospetto che la “trazione”, per restare in tema, di Stellantis non possa che essere transalpina rimane eccome. Elkann smentisce ogni trattativa e noi, ovviamente, ne prendiamo atto. La riserva di cassa di 26,5 miliardi, però, rappresenta un bel gruzzoletto da mettere eventualmente sul piatto. Tanto che sul Corriere si arriva a ipotizzare che se non dovesse andare bene il matrimonio con Renault, si potrebbe guardare a Ford o a General Motors. Il mondo dell’auto si prepara a una trasformazione epocale, forse seconda soltanto alla nascita stessa dei veicoli con motore a scoppio. Ma per arrivare al 2035 servono montagne di soldi che si possono trovare solo creando dei campioni dalle spalle larghe. Per intenderci: Toyota ha venduto oltre 10 milioni di auto nel 2022, Volkswagen è sopra gli 8, mentre Stellantis si ferma a 5,8. Facile pensare che servano ulteriori aggregazioni, anche se non nell’immediato.

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E allora torna la domanda di fondo. Di fronte a una Exor che macina utili grazie – ma non solo – a Stellantis, rimangono a pesare come macigni le parole di Carlos Tavares che ha annunciato un processo di riduzione dei costi per mantenere redditività in un contesto che si è fatto particolarmente sfidante. Insomma, non c’è molto da stare tranquilli. La capacità di moral suasion del governo francese, secondo azionista in Stellantis proprio dopo Exor, fa temere che se l’Eliseo si mette di traverso si dovrà per forza di cose rispondere “sissignore”. Un errore strategico drammatico, quello del governo italiano di Mario Draghi, che ha dato il via libera alla nascita di Stellantis senza pretendere in cambio precise garanzie d’investimento e di occupazione. La Fiat prima e Fca poi sono costate decine di miliardi tra incentivi e cassa integrazione al nostro Paese. Chiedere qualcosa in cambio era il minimo. Invece si è scelto di lasciar andare il gruppo e il suo controllo. E ora i buoi sono ampiamente scappati.