Ennio Doris, il successo di un’idea e di un sogno

Il ricordo del direttore di affaritaliani.it

Di Angelo Maria Perrino
Economia
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Conoscevo Ennio Doris dal 1986, 35 anni fa. Fui il primo giornalista a raccontare sul Giorno, di cui ero inviato speciale, la storia di questo giovanottone che faceva il promotore finanziario nel padovano, ma aveva il grande sogno di diventare banchiere. Mi aveva messo su questa inedita pista giornalistica un bravo collega morto prematuramente, Giovanni Belingardi, il quale, dopo anni al Corriere, aveva appena preso la direzione dell’ufficio stampa della Fininvest di Silvio Berlusconi.

Fu lui a portarmi da Doris e farmi raccontare dalla sua viva voce l’inizio, decisamente originale, della sua storia professionale. “Avevo letto di Silvio Berlusconi che, in un’intervista al mensile Capital, rivolgendosi ai giovani più ambiziosi, aveva lanciato un invito: se avete un’idea e un progetto di business, cercatemi, ci lavoriamo insieme. E lo feci”. Ma con uno stratagemma: Doris studiò le abitudini del nascente tycoon di Arcore e scoprì che egli era solito trascorrere molti week end a Portofino e concedersi la passeggiata in piazzetta.

Sicché lo attese per giorni come un segugio e quando lo vide palesarsi davanti al mitico ristorante del jet set Puny, non esitò a presentarsi al futuro Cav e a proporgli l’affare: fondiamo insieme una banca? Qualche settimana di analisi e verifiche e nacque Mediolanum, metà Doris e metà Berlusconi. E Doris divenne partner dell’uomo più liquido d’Italia, l’unico che sia mai riuscito a diventare addirittura socio di Berlusconi. Champagne per loro e champagne per me che avevo raccontato una ghiotta primizia sul grande Giorno.

Da allora il sogno di Doris ne ha fatta di strada, grazie al suo approccio rivoluzionario alla banca: un istituto di credito basato non sugli sportelli e le scartoffie, ma sui famosi family banker, bancari-consulenti, veri e propri gestori di patrimoni non necessariamente milionari, che andavano nelle case a raccogliere risparmi e a rassicurare mettendoci la faccia e il cuore. Ecco, in questo rovesciamento dell’approccio di marketing - contatto diretto, prima via telefono poi, cavalcando la rivoluzione digitale, via internet - stava la grande intuizione che portò Doris e la Mediolanum rapidamente e crescentemente al successo.

Una banca cioè dematerializzata, digitale. Senza i costosi e pletorici sportelli e senza timbri firme e controfirme delle appesantite banche tradizionali, ma con tanti “banchieri di famiglia” che si prendevano carico della pensione e della liquidazione di migliaia di italiani, accompagnandoli in ogni momento, anche con una semplice video-telefonata, nelle scelte e nelle strategie di portafoglio. E fu lo straordinario successo imprenditoriale, con performance record nella raccolta di risparmio gestito e utili a gogo. La concorrenza annaspava e Doris correva come una lepre macinando risultati spettacolari.

Non fu difficile per il banchiere-innovatore entrare nella stanza dei bottoni del potere finanziario, sedendosi nel salotto buono dei poteri forti di Mediobanca e portando con sé di conseguenza Silvio Berlusconi, che in piazzetta Cuccia era stato sempre poco amato e in più casi osteggiato.

Negli ultimi tempi, alle prime avvisaglie della malattia e della perdita di lucidità, Doris saggiamente aveva fatto un passo indietro lanciando alla guida della banca, con perfetta scelta dei tempi e pieno rispetto delle regole da manuale della sana successione, il figlio Massimo, da far crescere e accreditare tra i dipendenti, i clienti e l’establishment finanziario, sotto la sua ala protettiva.

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Passaggio perfettamente riuscito. E proprio ora che Mediolanum sembrava stimolare gli appetiti mai sazi della finanza strong, il bravo Massimo, sentito il padre, ha rivelato nell’ultima assemblea: Mediobanca voleva acquisirci ma abbiamo detto di no: Mediolanum non è in vendita, la famiglia Doris va avanti. Continua dunque attraverso il figlio il grande sogno realizzato del giovane promotore finanziario di Tombolo, vicino Padova, divenuto un grande banchiere, socio e fidato consigliere anche politico di Silvio Berlusconi.

L’ho rivisto tante volte in questi 35 anni. Agli eventi ufficiali della banca e nelle bellissime feste per gli auguri di Natale. L’ultima, dolcissima, organizzata nel Duomo di Milano dove si esibirono in una serata calda e spettacolare i tre tenori del Volo. Ricordo un Doris emozionato come un bambino a spellarsi le mani e a suggerire bis e brani da eseguire, con a fianco sempre l’inseparabile moglie Lina, la figlia Sara (guida molto impegnata nel sociale della fondazione di famiglia), gli amatissimi nipoti.

Nei momenti di svolta del mercato finanziario, e soprattutto nelle fasi depressive dell’Orso (ad esempio durante lo sconvolgente crollo planetario post Lehman Brothers), lui, studiati attentamente i trend strutturali dei mercati, con un inguaribile fiuto e un approccio coraggioso, popolare e pedagogico, mentre gli altri presi dal panico vendevano, lui con spiazzanti interventi pubblici controcorrente, combatteva il panic sellìng degli investitori in fuga spargendo un sempre ragionato ottimismo e invitando gli investitori a comprare. Oculatamente ma a prezzi di saldo.

E accompagnava i suoi “buy” spiazzanti con una frase che era una sorta di suo mantra. Diceva Doris: come in natura anche nei mercati finanziari c’è’ il tempo della semina e il tempo della raccolta. E dopo l’inverno arriva sempre la primavera. Grazie caro Presidente (come continuavo a chiamarti per rispetto, nonostante ci dessimo del tu), le persone come te lasciano ai giovani una bella lezione di vita. Riposa in pace.

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