Esclusivo/ Vegas ad Affari: "Non torno in politica. Basta con le sanzioni"
L'ex viceministro dell'economia lancia una proposta per garantire l'esercizio delle funzioni di governo senza intromissioni
Vegas ad Affari: "Non torno in politica"
“Non si possono fare le guerre con i reduci: la mia parentesi politica è ormai definitivamente conclusa”. A parlare così è Giuseppe Vegas, oggi affermato professore di storia economica, un passato come sottosegretario alle Finanza e al Tesoro con il Governo Dini nel 1995 e due volte viceministro dell’economia nei governi Berlusconi dal 2001 al 2006 e dal 2009 al 2011. Inoltre è stato per sette anni, dal dicembre 2010 al dicembre 2017, presidente della Consob. In questi giorni convulsi in cui il toto-governo impazza, si è parlato di un ipotetico esecutivo di centro-destra guidato da Giulio Tremonti e in cui potrebbe trovare spazio anche Domenico Siniscalco. Non a caso, i due ministri dell’economia con cui Vegas ha lavorato negli anni. Ma l’idea non sembra solleticarlo molto.
Professor Vegas, si parla di nuovi governi di centro-destra: pronto a farne parte?
Non ci penso proprio, è stata una bella parentesi, ma ora cerco di portare la mia esperienza ai giovani. Ho concluso la mia esperienza in politica e nelle Authority, una volta che si sale il Col di Tenda, poi si può solo scendere.
Che cosa pensa che succederà domani?
La cosa più probabile e logica sarebbe un nuovo governo Draghi con qualche piccolo aggiustamento. Io però non faccio il futurologo e mi rendo conto di essere in un momento in cui la logica si è presa un momento di pausa.
Dalle pagine di Mf ieri ha lanciato un appello per scindere in qualche modo l’attività del governo da quella del Parlamento: ci vuole spiegare meglio?
Siamo arrivati a un punto complicato: oggi vediamo questa rottura nell’esecutivo, ma chi può escludere che tra un mese ce ne sia un’altra? La verità è che i partiti vivono un’apnea durata quasi due anni e ora devono riconquistarsi lo spazio, perché sono loro che poi dovranno andare a prendere i voti. Il futuro, insomma, non è proprio molto incoraggiante. Per questo bisogna scindere le responsabilità: il governo, da una parte, deve portare avanti la sua attività fino al termine della legislatura, i partiti devono fare quello che compete loro. Ma per fare ciò non si può usare il sistema dei decreti legge con la fiducia, perché questo apre poi a una ridda di trattative, di emendamenti e via dicendo. Bisogna invece utilizzare l’articolo 76 della Costituzione, che permette di realizzare un Disegno di Legge Delega in cui il Governo chiarisce quali sono i criteri direttivi della sua azione, ottiene il via libera dal Parlamento e, in ossequio al principio di sovranità, porta avanti il proprio operato. Si tratta di un meccanismo forte, ma le democrazie si reggono proprio sulla loro forza, specialmente in momenti come questo.
E qui veniamo all’attualità economica: come giudica l’operato dell’esecutivo sotto questo aspetto?
Diciamo che sono all’antica, ho un pensiero tutto sommato “einaudiano” e non mi piace il meccanismo che porta all’incremento indiscriminato del debito pubblico perché poi, inevitabilmente, ricade sui giovani. È il contrario di Enea: lui era forte e giovane e sorreggeva il padre Anchise, non si può chiedere ad Anchise di portare in spalle Enea. Quindi, fuor di metafora, bisogna evitare che si aumenti il peso del debito. Invece noi abbiamo portato avanti alcuni provvedimenti, e non c’è neanche bisogno che li citi, che hanno solo aumentato il debito. Non si possono buttare i soldi con l’elicottero in emergenza. Anche perché se mi si allaga la casa non è che proprio per la situazione emergenziale decido di andare in vacanza in un luogo più costoso.
A proposito di prezzi, l’inflazione continua a crescere: si poteva fare di più, di meglio?
L’inflazione non è un’entità che può essere guidata a comando. Il target del 2% non è immutabile, non siamo degli apprendisti stregoni. In questo momento viviamo dei fenomeni a cui i regolatori non erano pronti né tantomeno abituati. D’altronde, non sarà un caso se la Bundesbank già dal 1929 indica come nemico pubblico numero uno proprio l’incremento dei prezzi. Quindi bisogna fare rientrare l’inflazione.
Sì ma come?
Non ci sono altri modi che non sia lo stop all’helicopter money e l’aumento dei tassi d’interesse. Sono provvedimenti recessivi? Certo che sì, ma qui scontiamo anche il ruolo marginale dell’euro, che non è riuscito a diventare la moneta di riserva di dollaro e yuan.
Che cosa pensa delle sanzioni?
Non sono mai servite a nulla, storicamente, se non a far arrabbiare ulteriormente il sanzionato. Si tratta di iniziative deboli che mostrano una volta di più quanto noi siamo in difficoltà. Certo, la Russia sarà stata colpita, ma ancora dobbiamo vedere che cosa succederà in Italia. Le imprese oggi funzionano bene, ma un domani ci saranno problemi di mercati, di approvvigionamento, di personale. Che livello di resilienza riusciremo a mettere in piedi?
Chi potrebbe migliorare la propria condizione è il sistema bancario: possiamo immaginare un circolo virtuoso?
Non è così vero che le banche stanno bene. Certo, hanno alleggerito le loro posizioni con i crediti deteriorati, ma non hanno completato il passaggio verso la digitalizzazione completa e subiscono la concorrenza dello shadow banking molto più efficiente. Amazon, per esempio, può fare credito ai propri clienti conoscendone le abitudini e avendo tutte le informazioni gratuitamente. Le banche invece devono pagare per avere questi dati e si ritrovano nella sgradevole condizione di correre mentre gli altri sono in motorino.
Ultima domanda, le criptovalute: che cosa farne?
Nel 2017 ho iniziato a parlarne, ma c’è stato un balbettio imbarazzante. La discussione non è tanto se funzionano o meno, ma capire che cosa sono. Valute o strumenti d’investimento? Valute non possono esserlo, perché se no fanno concorrenza ai sistemi degli stati e si rischia il default. Dunque sono strumenti d’investimento: e allora che cosa stiamo aspettando per regolarli?