Ilva, bomba sull'ex ceo Morselli: accuse di associazione a delinquere

Associazione finalizzata all'inquinamento, al disastro ambientale e alla truffa ai danni dello Stato

di Redazione Economia
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Lucia Morselli indagata per associazione a delinquere

Associazione a delinquere finalizzata all'inquinamento, al disastro ambientale e alla truffa ai danni dello Stato. É la nuova accusa che la Procura della Repubblica di Taranto muove all’ex amministratore delegato di Acciaierie d’Italia (l’ex Ilva), Lucia Morselli, nell’ambito dell’indagine già in corso. Si tratta della gestione antecedente l’amministrazione straordinaria, col relativo commissariamento da parte del Mimit. Amministrazione straordinaria partita lo scorso febbraio. L’inchiesta è guidata dal procuratore capo Eugenia Pontassuglia con i sostituti procuratori Mariano Buccoliero e Francesco Ciardo. Insieme all’ex ad Morselli, indagati tra gli altri anche anche i dirigenti di Acciaierie, Francesco Alterio, Adolfo Buffo, Vincenzo Dimastromatteo e Alessandro Labile. La notizia é riportata questa mattina da “La Gazzetta del Mezzogiorno”. Buffo, Labile e Dimastromatteo (nell’ordine, sotto la gestione Morselli, sono stati direttori delle aree Qualità e Ambiente e di stabilimento) erano già stati licenziati dalla gestione commissariale che ha anche provveduto a sospendere gli altri dipendenti di AdI tutt’ora in carico.   L’indagine era già scattata per l’ipotesi di reato di truffa allo Stato in relazione alle quote di CO2 necessarie alla produzione dell’acciaio. La Procura ha contestato ad AdI di aver ottenuto quote gratuite di CO2 in misura superiore a quelle che avrebbe dovuto ottenere. Questo perchè, falsando i dati e i report, avrebbe dichiarato una minore quantità di emissioni di CO2, generando per lo Stato un danno di circa mezzo miliardo di euro.

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 Adesso questa stessa inchiesta si arricchisce di altri motivi e chiama in causa le mancate manutenzioni. Morselli e gli altri indagati avrebbero omesso di effettuare le manutenzioni sulle tubazioni della rete di distribuzione del gas-coke presenti nei reparti cokeria e sottoprodotti della fabbrica. Questo, per la Procura, avrebbe generato “una compromissione ed un deterioramento significativo dell'aria della città di Taranto determinando un incremento, significativo e misurabile delle concentrazioni medie annuali, mensili, giornaliere di benzene registrate dalle centraline di monitoraggio di qualità dell'aria e quelle interne allo stabilimento”. Inoltre, secondo la Procura, l’ex gestione di AdI non avrebbe mantenuto in efficienza gli impianti di “pressurizzazione e filtrazione aria a servizio di macchine operatrici e uffici esponendo così i lavoratori ad elevate concentrazioni di sostanze cancerogene, mutagene, teratogene”.  La progressione delle emissioni di benzene, inquinante cancerogeno, sebbene non abbiano mai superato i livelli soglia della legge (5 microgrammi per metro cubo di aria come media mensile), era già stata segnalata da Arpa Puglia e dalle autorità sanitarie (Asl Taranto) negli ultimi due anni. E di recente Arpa Puglia e Ispra hanno confermato che l’ex Ilva è la principale fonte emissiva del benzene. Mentre le mancate manutenzioni della vecchia gestione AdI hanno procurato, secondo i commissari di Acciaierie, un danno agli impianti valutato in circa un miliardo di euro.   

La nuova inchiesta della Procura di Taranto, con l’ampliamento dei filoni di indagine, entra nel vivo a 12 anni esatti di distanza (luglio 2012) dell’inchiesta “Ambiente Svenduto” della stessa Procura che portò ad arresti (coinvolta all’epoca la gestione Riva, che era proprietaria e amministratrice della fabbrica siderurgica) e al sequestro degli impianti. Inchiesta sfociata in un processo conclusosi a maggio 2021 in primo grado (Corte d’Assise) con molte condanne e da poco ripreso in secondo grado (Corte d’Assise d’Appello), attualmente sospeso e aggiornato a metà settembre. Nelle scorse settimane, l’ex ad Morselli aveva anche cercato di inserirsi nello stato passivo di Acciaierie, chiedendo alla gestione commissariale il riconoscimento di crediti per 2 milioni di euro, richiesta però che sia i commissari stessi che il Tribunale di Milano ha integralmente rigettato. (