Ex Ilva, il nuovo piano vira sull'idrogeno: 4,7 mld e stop al carbone

"Bernabè ha ammesso che l'azienda non ha i soldi. Con gli impianti sotto sequestro, nessuno ti elargisce un fido di 3-400 milioni per far girare il circolante"

(foto Ipa)
Economia
Condividi su:

Ex Ilva, il nuovo piano industriale punta sull'idrogeno: la transizione della fabbrica costa quasi 5 mld

Il nuovo piano industriale di Acciaierie d'Italia, ex Ilva, guarda a una prospettiva di 10 anni e non più di 5, come era il precedente targato solo da ArcelorMittal. In quest'arco temporale abbandona il ciclo integrale e il carbon coke e vira sull'idrogeno, ma quello che emerge sin d'ora è che "il clima è cambiato. Il presidente Franco Bernabè è in sella, sa di gestione industriale, e che si sia respirato oggi al Mise un clima diverso, lo dimostra il fatto che nessuno di noi ha alzato gli scudi".

Lo dicono ad AGI fonti sindacali dopo il vertice di oggi pomeriggio su Acciaierie d'Italia, ex Ilva, con azienda e Governo. Da parte sua, il ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti sottolinea che il nuovo piano "è realistico ma non semplice" perché "il passaggio all'idrogeno e la gestione e le conseguenze degli aspetti occupazionali hanno bisogno di tempo".

"Per questo", prosegue il ministro, "e alla luce del fatto che il quadro delineato oggi è più complicato di quanto ci aspettassimo, serve fiducia e speranza da parte di tutti coloro che oggi siedono a questo tavolo. Il governo farà la sua parte, continuerà a lavorare con spirito costruttivo mettendo ordine in un pacchetto di norme e di strumenti che consentano di gestire la fase di transizione verso il green di un settore strategico quale quello dell'acciaio".

Nel corso dell'incontro il presidente Bernabè e l'amministratore delegato dell'azienda Morselli hanno illustrato le linee guida del nuovo piano industriale che ha l'obiettivo decennale di arrivare alla completa decarbonizzazione dello stabilimento di Taranto di Acciaierie d'Italia. Il nuovo piano, che prevede un investimento complessivo di 4,7 miliardi di euro, si articolerà su 4 obiettivi che dovranno garantire nei prossimi anni la continuità produttiva attraverso il ritorno alla piena occupazione dei lavoratori entro il 2025, il raggiungimento della sostenibilità ambientale nella produzione di acciaio con il passaggio dal carbone all'idrogeno e con l'utilizzo di forni elettrici.

Tutto ciò perseguendo gli obiettivi di sostenibilità economica per ottenere un prodotto competitivo sul mercato, per qualità e per costo, che consenta di raggiungere i livelli di crescita produttiva prevista in 8 milioni di tonnellate al 2025. Entro questa data gli investimenti in tecnologie innovative, alcuni già avviati, consentiranno già una riduzione di circa il 40% di CO2 e del 30% delle polveri sottili.

Ex Ilva, obiettivo totale decarbonizzazione

"Il nuovo obiettivo - spiegano le fonti sindacali - è la totale decarbonizzazione della fabbrica e, per questa, c’è bisogno di dieci anni per attuarla”. Rispetto al piano presentato tempo addietro solo da ArcelorMittal, quello nuovo cui sta lavorando la società Acciaierie d'Italia, fatta dal pubblico Invitalia e dal privato ArcelorMittal, prevede una produzione di acciaio mista: parte col ciclo integrale, rifacendo l'altoforno 5, il più grande d'Europa spento dal 2015, e parte, per 2,5 milioni di tonnellate, col forno elettrico alimentato dal Dri.

Il forno elettrico ora rimane, ma costituisce una tappa intermedia del percorso, collocata dal 2024 al 2025. Oggi al Mise è stato annunciato che si è al lavoro per formare la società che gestirà l'impianto di preridotto. Società che sarà partecipata dallo Stato e da altri privati, ma non da ArcelorMittal. Non sono stati dati numeri produttivi ma l'ex Ilva "ridisegnata" dovrebbe puntare a 8 milioni di tonnellate di acciaio. Quali sono, però, i problemi di una transizione di dieci anni? Le fonti sindacali li riassumono così ad AGI. Anzitutto i soldi.

"Dismettere nell'arco di dieci anni il ciclo integrale e puntare tutto sull'idrogeno, richiede investimenti per 4,7 miliardi. Per i sindacati, oggi "è emerso chiaro che questi soldi vanno trovati perché in Acciaierie d'Italia non c’è un privato che mette li metta, visto che la corporate ArcelorMittal ha fatto uscire dal perimetro del gruppo, attraverso il deconsolidamento, la parte italiana".

Ex Ilva: necessari 4,7 mld per transizione della fabbrica

Altro problema, poi, ma questo impatta soprattutto il preridotto, è il costo del gas, nel frattempo salito di molto. "Come si riuscirà a mantenere una produzione competitiva?" è l'interrogativo emerso al tavolo. Inoltre, la riconversione totale della fabbrica porrà anche la necessità di cambiare tutto il piano energetico del sito. Oggi gli altiforni, con i gas di recupero, alimentano il ciclo produttivo, domani - è emerso al tavolo - non sarà più così e un polo produttivo come l'ex Ilva di Taranto potrebbe arrivare ad assorbire sino al 2 per cento dei consumi energetici del Paese.

C’è inoltre una questione più immediata: la gestione contingente. Le fonti sindacali spiegano ad AGI che "Bernabè ha ammesso che l'azienda non ha i soldi. Con gli impianti sotto sequestro, nessuno ti elargisce un fido di 3-400 milioni per far girare il circolante". Sul rifacimento dell'altoforno 5, emerse poi due visioni. Contrario il governatore di Puglia, Michele Emiliano, presente al tavolo, favorevoli i sindacati a condizione che il rifacimento - un impianto che in esercizio potrebbe fare la differenza in termini produttivi - avvenga con le tecnologie più moderne. Altro punto richiamato dai sindacati, la possibilità che il Governo metta in campo una legge per tutti i settori che prima o poi dovranno affrontare la partita della transizione e della decarbonizzazione.

"Si pensa non alla cassa integrazione - si afferma - ma a progetti sociali che aiutino la sostenibilità, alla possibilità di prepensionare i lavoratori che hanno i requisiti, alla possibilità di pensionare prima coloro che sono stati esposti all'amianto, alla formazione e riqualificazione professionale. Il presidente Emiliano in proposito ha detto: “In dieci anni, facendo leva sul Pnrr, non riusciamo a portare a Taranto nuovi investitori?". Nessuna data di aggiornamento del tavolo. Solo un impegno di massima, quello di rivedersi a gennaio.