Ex-Ilva, produttività ulteriormente ridotta: servono altri 600 mln

Previsto un incontro tra il ministro Adolfo Urso e i sindacati. Sul piatto l'idea di un mix tra altoforni tradizionali ed elettrici

di Redazione Economia
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Ex-Ilva, produttività ulteriormente ridotta: servono altri 600 mln

Manca ancora un buco di 600 milioni di euro per garantire che l'ex Ilva non vada a gambe all'aria. Questa cifra non include il prestito provvisorio di 320 milioni, sul quale l'Unione Europea deve ancora pronunciarsi, i fondi di Acciaierie d'Italia (la società di gestione), che ammontano a 150 milioni e sono giunti dalla Ilva in amministrazione straordinaria grazie al decreto Pnrr. Servirebbero altri 600 milioni, almeno, per raggiungere una somma vicina al miliardo di euro. Secondo quanto riferiscono i sindacati, questo sarebbe il fabbisogno annuale per mantenere in vita gli stabilimenti, a cominciare dal mastodontico complesso di Taranto. Lo riporta Repubblica. Ma dove il governo intende trovare queste risorse? In che tempistiche? E quale è il piano per trovare un nuovo partner industriale, ora che la società è stata di nuovo commissariata e la multinazionale ArcelorMittal è stata esclusa dal gioco?

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Sono domande che i sindacati porranno oggi alle 15 nell'incontro convocato a Palazzo Chigi con i ministri competenti, guidati da Adolfo Urso, responsabile delle Imprese e del Made in Italy. Ai sindacati, preoccupati dalla prospettiva di ulteriori estensioni della cassa integrazione, verrà presentato il nuovo piano industriale. Ma per i rappresentanti dei lavoratori, con un solo altoforno operativo, il numero 4, il piano di Urso sembra essere troppo bello per essere vero. L'ex Ilva sta producendo sempre meno. Servono altri 600 milioni. L'idea è di un futuro per Taranto che combini altoforni tradizionali ed elettrici. Entro il 2025, si punta a 5 milioni di tonnellate di prodotti lavorati, per poi raggiungere i 6 milioni con tutti e tre gli altoforni in funzione. Questo fino al 2028. In seguito, resterà operativo un altoforno tradizionale che produrrà due milioni di tonnellate, necessarie per alcune lavorazioni legate all'automotive, e due forni elettrici che insieme produrranno quattro milioni di tonnellate. Nel 2023, la produzione è stata di 3 milioni di tonnellate, il livello più basso fino ad oggi.

Ma c'è il rischio che il 2024 si chiuda con un nuovo record negativo: 1 milione e 300 mila tonnellate. I sindacati sono scettici rispetto alle cifre proposte: "Dopo due mesi dall'inizio dell'amministrazione straordinaria, non vediamo alcun cambiamento né miglioramento", afferma il segretario della Uilm, Rocco Palombella. "I livelli produttivi sono rimasti minimi, gli impianti fermi, la manutenzione insufficiente e si parla di aumentare il numero dei lavoratori in cassa integrazione", aggiunge. Intanto, si allunga la lista dei gruppi interessati all'acquisizione. Anche gli indiani di Steel Mont, insieme agli italiani di Arvedi, agli ucraini di Metinvest e agli altri indiani di Vulcan Green Steel, sembrano interessati a valutare l'acquisto.