Ex Ilva, si spegne l'acciaio di Taranto: metà città in cassa integrazione

Acciaierie d'Italia in amministrazione straordinaria annuncia la cassa integrazione per 5.200 dipendenti. Uilm: "A Taranto più gente a casa che in fabbrica"

di Redazione
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Ex Ilva, un dipendente su due va in cassa integrazione. Ira dei sindacati 

Un rilancio che richiede qualche sacrificio: Acciaierie d'Italia in amministrazione straordinaria ha inviato l'istanza di esame congiunto per l'avvio della nuova cassa integrazione straordinaria. L'ammortizzatore sociale interesserà un numero medio di dipendenti fino ad un massimo di 5.200 e riguarderà tutti i siti. "L'utilizzo della Cigs, che farà perno su trasparenti criteri di forte rotazione del personale, sarà strettamente connesso ai livelli di produzione degli stabilimenti e consentirà di ultimare il piano di ripartenza con l'attivazione dopo l'estate del secondo altoforno", assicura la società. Che, inoltre, si dice "consapevole di richiedere alle proprie persone un forte sacrificio", ma precisa di voler "continuare a investire su un modello di relazioni industriali responsabile e in grado di accompagnare questa importante fase di cambiamento". La richiesta è stata inviata al ministero del Lavoro, a quello delle Imprese, alle Rsu e alle organizzazioni sindacali.

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L'obiettivo di salvare l'ex Ilva non tranquillizza però i sindacati. "Questo è l'ultimo atto della tragedia dell'ex Ilva", sottolinea Rocco Palombella, segretario generale della Uilm che sottolinea: "Questa volta grazie al governo e ai commissari straordinari. Rispediamo al mittente la richiesta di Cigs per i lavoratori di Acciaierie d'Italia. Non si è mai vista una cassa integrazione non legata a un piano industriale, ma alla durata del commissariamento. È assurdo passare da una richiesta di cassa integrazione per 3 mila persone (quella precedente, già attivata, ndr) a una richiesta per 5.200, quindi dal 30% a oltre il 50% dei lavoratori. A Taranto quasi il 60%, ci saranno più lavoratori a casa che in fabbrica, è intollerabile". +

"Di fronte alla richiesta di cigs per 5200 lavoratori, distribuiti su tutti i siti siderurgici ex Ilva, con picchi superiori al 50% su Taranto e Genova, non possiamo che dissentire in maniera netta ed inequivocabile. Sorge spontanea la domanda: quale piano di rilancio si pensa di realizzare con queste prospettive e con questi numeri? Quale tipo di attività si può portare avanti riducendo ai minimi termini la forza lavoro in attività all'interno degli stabilimenti?", rimarcano a loro volta Franco Rizzo e Sasha Colautti, esecutivo confederale Usb e Usb Taranto. "Rileviamo una incoerenza gigantesca tra quanto annunciato a Roma meno di un mese fa con la presentazione del piano di ripartenza e rilancio con i numeri presenti nella procedura di Cigs - continuano - Partendo da questi numeri e in assenza di garanzia per i lavoratori, sarà complicatissimo raggiungere un accordo al prossimo tavolo di confronto, di cui attendiamo convocazione. Il Governo sia pienamente consapevole dell'insostenibile sacrificio al quale sta chiamando ancora una volta i dipendenti dell'acciaieria, e ponga rimedio a questa decisione ferale che ci vede fermamente contrari''.

Ex Ilva, lascia Greco: il presidente di Aigi

Nel frattempo l'imprenditore Fabio Greco si è dimesso dalla carica di presidente di Aigi, l'associazione che rappresenta l'80% delle aziende dell'indotto ex Ilva, nata da una scissione in Confindustria Taranto. In una lettera Greco fa presente che da tempo sostiene "che va cambiata la governance del consiglio generale, come da assemblea dicembre 2023. Un passo importante ed ora improcrastinabile, dal momento che lo stesso è composto prevalentemente da imprenditori impegnati all'interno dell'ex Ilva". Per il presidente dimissionario "è giunto il momento di un turn over per dare voce anche alle aziende di Aigi che operano negli altri settori. E' necessario fare tesoro della nostra esperienza per non incorrere negli stessi errori".

Aigi, osserva ancora Greco, "è nata per operare a tutto campo e, per sottolineare questa nuova fase, credo fermamente che vada cambiato anche il presidente. Il rinnovamento è fonte di nuovi stimoli e responsabilità per tutti e permette di evitare ruggini che fisiologicamente si vengono a creare con il passare del tempo in ogni consesso".

A proposito delle rivendicazioni delle aziende dell'indotto, Greco spiega che l'associazione "ha portato avanti tutte le interlocuzioni possibili contribuendo a modificare le normative che sono entrate in vigore per evitare che si replicasse quanto accaduto nel 2015". E ricorda le parole del ministro delle Imprese e made in Italy Adolfo Urso, il quale recentemente ha affermato che "sono in corso tutte le necessarie interlocuzioni con Sace per condurre in porto l'operazione di cessione dei crediti pregressi. Nel giro di un mese queste aziende dovrebbero ricevere il 70% del loro credito". Greco si dichiara "fiducioso nell'operato del governo per salvaguardare un tessuto imprenditoriale importante come il nostro. Pertanto, sarà richiesta una convocazione al Mimit con la partecipazione del Gruppo Sace, Gruppo MCC (Mediocredito Centrale), Abi, associazioni territoriali ed istituzioni".