Ex-Ilva, una farsa che non fa ridere. E Mittal ha già deciso di mollarla

Nonostante quattro riunioni del consiglio di amministrazione dal mese di novembre, si è compiuto solo un timido passo avanti

di Redazione Economia
Raffaele Fitto, Lucia Morselli e Bernardo Mattarella
Economia

Ex-Ilva, anche Bernabè sembra rassegnato

Si è giunti ad un punto in cui la situazione assume toni da commedia, quasi grotteschi se non fosse per le drammatiche conseguenze che ne derivano. Il Governo è da tempo alle prese con il socio privato, l'enorme colosso Arcelor Mittal, supplicandolo quasi con il cappello in mano affinché si prenda completamente carico dell'ex-Ilva, altrimenti si prospetta la morte del più grande polo siderurgico d'Europa. I vertici del gruppo, tra i maggiori produttori mondiali di acciaio, sembrano non essere disposti a fornire risorse, e soprattutto si rifiutano categoricamente di contribuire alla ricapitalizzazione dell'ex-Ilva per 320 milioni di euro, una somma appena sufficiente per garantirne la sopravvivenza a breve termine. Va sottolineato che questa cifra non include gli impegni futuri per la decarbonizzazione dell'impianto, un piano che richiede oltre 5 miliardi di euro, di cui quasi la metà sarà finanziata attraverso i fondi pubblici del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR).

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Milano Finanza riporta che nonostante quattro riunioni del consiglio di amministrazione dal mese di novembre, si è compiuto solo un timido passo avanti, e adesso tutto è stato rimandato a pochi giorni prima del Natale. Nel frattempo, uno dei due altiforni è stato spento, e si accumulano le bollette dei fornitori, per un ammontare di centinaia di milioni di euro. La situazione è al limite, come denunciato da mesi dal presidente della holding Franco Bernabè, il quale non ha mai avuto voce in capitolo sulla gestione, totalmente nelle mani degli uomini di Mittal. Bernabè avverte che il mancato risolvere dei problemi finanziari porterà inevitabilmente al collasso dell'ex-Ilva.

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In questa situazione, lo Stato italiano sembra essere sempre più ostaggio del disinteresse di Arcelor Mittal, il quale detiene solo il 2% del capitale rispetto al 38% dello Stato. La distanza tra le due parti è maturata negli anni, con segnali chiari già nel 2021, quando Arcelor Mittal ha deciso di deconsolidare l'ex-Ilva dai suoi conti. Questa decisione segnava effettivamente la volontà degli indiani di abbandonare Taranto, un fatto che il governo Draghi sembra non aver completamente compreso. La multinazionale ha goduto di profitti considerevoli negli ultimi due anni, con un fatturato che è passato da 50 a oltre 70 miliardi di euro nel biennio 2021-2022. Tuttavia, non sembra disposta a destinare alcuna risorsa a Taranto, nemmeno i modesti 300 milioni necessari per evitare il dissesto finanziario. Curiosamente, in un periodo così favorevole per il settore, l'ex Ilva va in controtendenza, con una produzione che, rispetto agli obiettivi iniziali di 8 milioni di tonnellate annue, si è ridotta a poco più di 3 milioni. La decisione di Mittal di deconsolidare l'ex-Ilva appare quindi una strategia ben ponderata, con l'azienda che sembra intenzionalmente orientata a ridurre al minimo le attività dell'Ilva.

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