Fed alza i tassi, analisti: “Per ridurre l'inflazione, recessione inevitabile"
La maggior parte degli economisti è d'accordo: "Il dolore arriverà sotto forma di riduzione dell'occupazione e rallentamento dell'attività economica"
La Fed alza i tassi di 75 punti base, il commento degli analisti
La Federal Reserve americana, come previsto, ha inasprito la politica monetaria innalzando i tassi di interesse di 75 punti base, accelerando così il piano di Quantitative Tightening a 95 miliardi al mese. Una mossa "da falco", secondo molti analisti, che andrà a impattare inevitabilmente su crescita economica e occupazione.
Secondo l'osservatissimo dot plot, la Federal Reserve probabilmente aumenterà di altri 125 punti base entro la fine dell'anno, suggerendo quindi un rialzo di 75 punti base a novembre e di 50 punti base a dicembre: il tasso finale dovrebbe attestarsi al 4,6% nel marzo 2023 rispetto al 4,5% precedente.
"Si tratta di un piccolo cambiamento, ma significativo, scrive Michele Sansone, Country Manager di iBanFirst in Italia, i mercati lo interpretano chiaramente come un messaggio da falco inviato dalla Banca centrale. L'unico modo per ridurre l'inflazione è passare attraverso una recessione della crescita: il dolore arriverà sotto forma di riduzione dell'occupazione e rallentamento dell'attività".
"La crescita del Pil è stata rivista al ribasso all'1,7% su base annua nel 2023: questo dato è certamente ancora troppo ottimistico per molti operatori di mercato che prevedono una recessione, ovvero almeno due trimestri di contrazione del Pil", commenta ancora Sansone.
Per Giorgio Broggi, Quantitative Analyst di Moneyfarm, nonostante l'inflazione abbia sorpreso al rialzo anche ad agosto (8.3% annuale contro l’8.1% atteso), "la Fed ha probabilmente tenuto conto di due fattori principali per optare per “soli” 3 rialzi. Per prima cosa, l’aumento dei prezzi ha, seppur lentamente, iniziato ad abbassarsi rispetto al picco estivo. Inoltre, cosa forse ancor più rilevante, Powell è consapevole dei rischi che un rialzo più aggressivo potrebbe avere sulla crescita economica, che rimane resiliente, ma le cui attese sono state ancora una volta riviste al ribasso proprio durante il meeting".
Tutto sommato, scrive Broggi, "la decisione ha comunque, in qualche modo, spaventato i mercati, con l’azionario al ribasso e il dollaro in rafforzamento contro l’euro, mentre la curva 2-10 anni si è invertita ancor di più, catturando aspettative ancor più restrittive per il prossimo anno e segnalando i sempre maggiori rischi di attuare un soft-landing".
Sulla stessa scia anche il commento di Tiffany Wilding, North American Economist di PIMCO. "Sebbene la Fed non abbia previsto una contrazione del Pil reale nell'orizzonte di previsione, sembra sempre più probabile che la contrazione economica e un aumento più significativo del tasso di disoccupazione siano esattamente ciò che sarà necessario per ridurre l'inflazione", scrive Wilding. Qualche esempio alla mano: "secondo le recenti stime della Fed di San Francisco, il NAIRU, il tasso di disoccupazione di inflazione stabile, è pari al 6%, il che suggerisce che è necessario un aumento più consistente del tasso di disoccupazione per riancorare l'inflazione", scrive l'analista di Pimco.
Con l'ampliamento della stessa, "è molto meno chiaro se il rialzo dei prezzi si modererà da solo senza un ulteriore inasprimento monetario che porti i tassi di interesse reali al di sopra del loro livello neutrale. In effetti, il rischio di effetti secondari di un'inflazione più elevata che contribuisca ad aumentare le aspettative di inflazione e così via appare più acuto nel contesto di tendenze inflazionistiche che ora appaiono più generalizzate rispetto ai soli shock dell’offerta legati alla pandemia", continua Wilding. Infine, guardando al futuro, secondo PIMCO ci sarà "un altro rialzo di 75 punti base a novembre, prima che il ritmo rallenti a dicembre. I 75 punti base sono i nuovi 25 punti base".