Fed, fantasmi della bolla immobiliare negli Usa. Powell accerchiato dai falchi
Occhi dei mercati sul forum di Jackson Hole per capire la strategia della Fed. Intanto, la banca centrale della Corea è la prima ad alzare i tassi d'interesse
C’è una teoria, quella del “butterfly effect” per cui il colpo d’ali di una farfalla può generare un uragano dall’altra parte del mondo, che è perfetta per raccontare quello che sta per succedere nel mondo economico. L’effetto a catena potrebbe essere generato dalla Banca centrale della Corea del Sud, che ha deciso di rialzare i tassi d’interesse di uno 0,25% passando dallo 0,5 allo 0,75%. Si tratta del primo paese a farlo da quando si è registrato il primo caso di Coronavirus.
Attenzione ai tempi: la scelta di Seul, che in effetti lascia un po’ stupiti, avviene sotto i colpi di due diverse problematiche. La prima è una ripresa dei contagi da Covid-19, stabilmente sopra i 1.000 al giorno da ormai quasi due mesi. La seconda è rappresentata dall’incremento delle pressioni sui semiconduttori. E la Corea, che li produce ma che li impiega anche – è la patria di Samsung – non può più stare a guardare.
CHE COS'E' IL FORUM AMERICANO DI JACKSON HOLE/ Il forum è organizzato dalla Federal Reserve di Kansas City dal 1978 a Jackson Hole, una valle nello Stato dello Wyoming, famosa, oltre che per il simposio, per i suoi impianti sciistici. Il meeting riunisce banchieri centrali di tutto il mondo (per la Bce ci sarà Christine Lagarde), membri del Federal Reserve System, esponenti di grandi organizzazioni finanziarie, accademici, giornalisti e autorità politiche statunitensi. Ogni anno il simposio ha un tema. Quello di quest’anno è “Macroeconomic Policy in an Uneven Economy” ovvero le politiche macroeconomiche in un’economia squilibrata. I temi degli ultimi due anni erano: nel 2020 “navigare il prossimo decennio, implicazioni per la politica monetaria” e nel 2019 “sfide per la politica monetaria”. |
Ma il tempo stringe, l’inflazione continua a crescere e la Bok, la banca centrale coreana, ha confermato una crescita del 4% per quest’anno ma ha dovuto rivedere al rialzo le stime sull’incremento dei prezzi, passate dall’1,8 al 2,1%.
Ed ecco dunque il butterfly effect. Ora che la Corea del Sud ha annunciato il rialzo, non ci vorrà molto perché altri paesi occidentali la seguano. D’altronde, nella sola giornata di oggi, alla vigilia dell'atteso meeting estivo di Jackson Hole, in Wyoming (vedi scheda), si sono già registrate tre dichiarazioni dagli Stati Uniti di tre falchi che premono per il tapering, ovvero l'uscita dalla fase di stimoli monetari con il ritiro degli stessi e il rialzo dei tassi nominali d'interesse. Dichiarazione che hanno sortito immediatamente effetti a Wall Street dove gli indici azionari sono in calo: alle 19 ora italiana, il Dow Jones perde lo 0,20% e l'S&P 500 è in calo dello 0,29%. Il Nasdaq cede lo 0,23%.
La prima dichiarazione è di James Bullard, presidente della Fed di St. Louis, che ha chiesto a gran voce una rimodulazione degli acquisti di almeno 120 miliardi di dollari al mese in titoli di Stato (80 miliardi) e titoli garantiti da mutui ipotecari (40 miliardi). I motivi sono almeno tre: prima di tutto, perché l’economia è in crescita e non c’è ragione di continuare con un programma speciale varato in tempo di crisi. Poi, perché il rischio inflazione sarebbe un peso soprattutto per le famiglie con un reddito più basso. Infine, perché l’aumento dei prezzi delle case e la maggiore facilità di erogazione di mutui sta portando il Paese verso una nuova bolla paragonabile a quella del 2008.
E non c’è bisogno di aggiungere perché è un pericolo che non si vuole correre. Per questo, Bullard ha chiesto di avviare un programma di riduzione (tapering) degli acquisti che deve essere concluso entro il primo trimestre del 2022. La seconda voce è quella del presidente della Fed di Kansas City, Esther George, che ha sostanzialmente ribadito i concetti espressi dal “collega” di St. Louis.
Il coro a tre voci si è chiuso con Robert Kaplan, numero uno della Fed di Dallas, secondo cui la banca centrale americana "dovrebbe annunciare il piano per il tapering alla riunione di settembre" e cominciare "ad ottobre".
Poi, Kaplan ha detto di credere ancora che dovrebbe esserci "un primo rialzo dei tassi d'interesse nel 2022. L'economia sta imparando a convivere con il coronavirus" e la variante Delta non inciderà sulla ripresa. E, ai micrifoni della Cnbc, ha concluso: "Vorrei che il tapering cominciasse il prima possibile, spalmato su più o meno otto mesi, ma sono aperto anche ad altre opzioni" ha detto Kaplan.
Da notare, ancora una volta, la tempistica: siamo alla vigilia dell’atteso intervento del presidente della Fed, Jerome Powell, a Jackson Hole. Sarà questo il luogo in cui si annuncerà la strategia della Federal Reserve. Ma la sensazione è che Usa e Ue, che finora sono andate avanti a braccetto, stiano per dividersi.
Sì, perché le differenze culturali tra europei e nordamericani non possono che emergere in situazioni transitorie come quelle che stiamo vivendo. Da una parte, la visione liberista di uno stato poco presente, che deve lasciare libero sfogo alle imprese. E questo vuol sicuramente dire ridurre gli acquisti. Anche perché un intervento di questo tipo si traduce in una riduzione dell’inflazione, ma anche a una maggiore difficoltà di accesso al credito, con il costo del denaro più elevato che costringe le banche a maggiore prudenza.
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In Europa, invece, si preferisce mantenere sempre altissima la guardia. Lo si è visto con le restrizioni, portate avanti a oltranza anche quando inel Regno Unito e negli Stati Uniti si tornava a una vita quasi normale. E lo si vedrà con l’economia.
Difficile pensare che Christine Lagarde, che dopo lo scivolone del marzo 2020 che costò il peggior tracollo della storia della Borsa di Milano ha sempre tenuto alto il vessillo della prudenza, decida di rimodulare il comunitario Pandemic emergency purchase programme (Pepp). Si tratta del piano di acquisti per arginare la pandemia che dovrebbe continuare fino al 2023.
Gli effetti di una mossa di questo tipo potrebbero essere molteplici. Da qualche tempo la Bce, che ha per statuto il compito di tenere l’inflazione su un livello fisiologico stabilito intorno al 2%, ha cambiato registro: non più “entro” il 2%, ma “intorno” al 2%. E le parole contano, eccome. Siamo di fronte alla prima grande discrasia tra Usa e Ue in tempo di Covid. Chi avrà ragione?