Fed, inflazione al 5% inguaia Powell. WSJ:verso un calo degli acquisti di bond

Occhi degli investitori sulla riunione del Fomc di mercoledì: si interrogano su quando la Fed intenda iniziare la discussione sul ritiro degli stimoli monetari

Economia
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I mercati scommettono sul fatto che la Federal Reserve, la settimana prossima, alla riunione di mercoledì 16 giugno, manterrà la sua politica monetaria accomodante. Inoltre i banchieri centrali, dopo il forte rialzo dei prezzi al consumo negli Stati Uniti, che a maggio hanno registrato un balzo del 5%, il più ampio da agosto 2008, verranno presi di mira su quando avvieranno la discussione sull'inizio del tapering, cioè sull'avvio del ritiro degli stimoli monetari.

Dallo scorso anno, la Fed ha mantenuto il suo tasso di interesse overnight vicino allo zero e ha acquistato almeno 120 miliardi di dollari al mese in buoni del Tesoro e di asset ipotecari. Non dovrebbe cambiare niente, a breve, ma ci si interroga su quando la banca centrale Usa intenda iniziare la discussione sull'inizio del ritiro degli stimoli monetari. La finestra più probabile è settembre ma non è detto che Jerome Powell voglia sbilanciarsi in questo senso.


 

Tuttavia, i banchieri centrali la prossima settimana dovranno per forza discutere a fondo del surriscaldamento dei prezzi e quello che potrebbe accadere è che la Fed la settimana prossima inizi a riconoscere che l'inflazione Usa non sarà così transitoria come finora si è pensato. Secondo il Wall Street Journal, questo dibattito potrebbero spingerli a "iniziare a parlare di un allentamento degli acquisti di obbligazioni".

Anche se, come nota lo stesso WSJ, un rallentamento negli acquisti di mutui e di titoli di stato da parte della Fed, che dovrebbe essere il primo passo di un eventuale graduale processo di ridimensionamento della sua politica monetaria accomodante, e' qualcosa che il presidente della Fed, Jerome Powell ha più volte detto di non aver fretta di fare. Insomma, non è ancora chiaro cosa farà la Fed, probabilmente niente di rilevante, anche se l'inflazione e il tapering saranno i due temi più gettonati sul tavolo del Fomc, il comitato di politica monetaria dell'istituto.


 

La rapidità delle vaccinazioni negli Usa, infatti, sta facendo decollare la ripresa, la quale, a sua volta, ha fatto lievitare i prezzi. "L'intensità dell'attuale inflazione e gli attuali colli di bottiglia nelle catene di approvvigionamento e nel mercato del lavoro sono maggiori di quanto mi aspettassi", ha detto al WSJ l'ex vicepresidente della Fed, Donald Kohn, aggiungendo che condivide ancora la convinzione della banca centrale che la ripresa dell'inflazione sia temporanea, anche se qualche dubbio comincia ad averlo anche lui: "Potrebbe anche essere - spiega - che l'equilibrio tra la domanda e l'offerta non si correggerà facilmente o comodamente come la Fed e io ci aspettavamo in precedenza".

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Che significa? I prezzi al consumo negli Usa sono aumentati del 4,2% ad aprile e del 5% a maggio rispetto all'anno precedente e, sempre a maggio, i cosiddetti prezzi core, che escludono le componenti volatili alimentari ed energetiche, sono aumentati del 3,8%, il più grande balzo annuale dal 1992. La Fed insiste nel sostenere che questo aumento dei prezzi dovrebbe allentarsi da solo entro la fine dell'anno. Tuttavia i dati sull'inflazione Usa di giovedì scorso alzano la posta in gioco, perchè secondo alcuni economisti la politica del denaro facile che sta portando avanti la Fed, probabilmente sta esacerbando alcuni degli squilibri che stanno facendo salire i prezzi.

In pratica, come accennava anche Kohn, la Fed da almeno un anno sta alimentando la domanda senza aumentare direttamente l'offerta di lavoratori, o quella di nuove auto o di biglietti aerei. Un rischio chiave, secondo il WSJ, è che gli aumenti dei prezzi diventino cospicui o persistenti, tanto da spingere i consumatori e le imprese ad aspettarsi e ad accettare una maggiore inflazione. Se ciò dovesse accadere, la Fed dovrà probabilmente aumentare i tassi di interesse più di quanto attualmente si aspetta per abbattere tali aspettative.

Insomma, per decenni, la Fed ha fatto affidamento sulle previsioni di inflazione per guidare la sua politica monetaria, sapendo che gli aumenti o i tagli dei tassi di interesse possono richiedere mesi o anni per filtrare attraverso l'economia. Se le previsioni mostravano un'inflazione eccessiva, la Fed inaspriva la sua politica monetaria per attenuare l'aumento dei prezzi. Ma lo scorso agosto, dopo oltre un decennio di inflazione al di sotto dell'obiettivo, la Fed ha scartato quella strategia per adottarne un'altra che desse la priorità a un mercato del lavoro forte.

Con la nuova strategia, se l'economia è al di sotto della piena occupazione, la Fed aspetterà a inasprire la sua politica monetaria, finchè non vedrà le prove di un'inflazione persistentemente al di sopra dell'obiettivo. Ecco, perchè il dibattito sulla durata e sulla transitorietà dell'inflazione negli Usa è così importante e rischia, nei prossimi mesi, di dividere la Fed e di incrementare la volatilità dei mercati. Stesso quadro e pressioni che si trova a fronteggiare dall'altro lato dell'Atlantico la presidente della Bce Christine Lagarde.