FiberCop, tutta questione di soldi. Ecco che cosa c'è dietro il possibile addio dell'Ad Ferraris

A intricare la partita si è messo anche Elon Musk con i suoi satelliti Starlink

di Maddalena Camera
Economia

FiberCop, tutta questione di soldi

Questione di soldi. Pare che gli screzi all'interno di FiberCop tra l'ad Luigi Ferraris e Kkr non sia tanto sulle strategie del piano industriale, con investimenti per trasformare la rete in rame e realizzare rete in fibra da 12 miliardi in 5 anni, che dovrebbe essere presentato entro marzo ma su un calo dei margini, che non sarebbero più i 2 miliardi previsti dal maggior investitore, ossia il fondo Usa che della società della rete possiede il 37%.

All'appello, secondo quanto trapela, mancherebbero forse 400 milioni dovuti al fatto che Kkr immaginava di poter rinegoziare il contratto con Fastweb, ossia il suo maggior cliente dopo Tim, aumentando le tariffe alla società che ha acquistato Vodafone Italia per l'uso della rete secondaria di FiberCop.  In pratica quella che dal cabinet arriva alla casa dei clienti. Fastweb era partner con Tim e possedeva un 4% di FiberCop che è stato comprato dai nuovi azionisti. Ma il tentativo di alzare la tariffa della rete secondaria, che sarebbe prezzata a 8,5 euro al mese per utente, non è andato a buon fine in quando Fastweb si è rivolta alla Ue chiedendo e ottenendo di mantenere il contratto in essere.

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E anche il lungo contratto firmato con Tim, che prometteva 2 miliardi di ricavi, non starebbe dando i frutti sperati in quanto l'ex-proprietario della rete può scegliere di non comprare alcuni servizi. Certo è che Kkr, l'altro socio con circa il 30% è il governo italiano tramite il Mef e il fondo F2i, conosce bene la situazione dei conti di FiberCop, avendoli studiati per anni in occasione della accurata due diligence e seguendo passo dopo passo la gestione dei primi sei mesi.

A intricare la partita si è messo anche Elon Musk con i suoi satelliti Starlink che si è proposto di fare il cosiddetto backhauling, ossia il collegamento tra un punto periferico alla dorsale in fibra tramite una stazione radio base. In pratica quello che dovrebbero fare FiberCop ma anche Open Fiber nelle aree bianche ma l'avanzamento di una rete in fibra è lungo e quindi la Lombardia ha già promosso una gara (tra operatori satellitari) in questo senso. 

La situazione dunque è intricata. Nel pomeriggio si terrà un cda della società, che era già stato convocato per questioni ordinarie, dove l'ad Ferraris dovrebbe le dimissioni e le sue deleghe sarebbero distribuite tra il presidente Massimo Sarmi, manager di lunghissimo corso nelle tlc, e gli altri dirigenti tra cui Simone Bonannini responsabile commerciale di FiberCop e prima di Open Fiber che spera di poter accedere alla poltrona di ad per la quale comunque si fanno anche altri molti altri nomi.

Si va da Alberto Calcagno (ex-Fastweb) fino a Luigi Gubitosi che aveva sposato, quando era ad di Tim, l'offerta di Kkr che voleva comperare tutta Tim (servizi, rete e Brasile compreso) per un controvalore di 0,505 ad azione (valorizzando la società circa 12 miliardi facendosi carico anche del debito pari a 26 miliardi). Ora Tim (0,25 euro ad azione) capitalizza circa 6 miliardi e ne ha 8 di debito. Come si sa l'offerta di Kkr è stata rifiutata e Gubitosi ha perso la poltrona di ad.

Qualunque sia la scelta il nuovo capo azienda di FiberCop si ritroverà a gestire una società con 19 mila dipendenti di età media alta, superiore ai 50 anni di età. Per il personale la spesa è di circa 1 miliardo all'anno e va da se che così tante persone per la rete in fibra e poco qualificate per gestire nuovi servizi rischiano di essere un po' troppi, tanto che, secondo alcune stime, potrebbe essere necessario trovare un accordo con i sindacati per migliaia di persone. In Italia è impossibile fare - per fortuna - come Musk con Twitter che ha licenziato, in poche, ore 3500 persone su un totale di 7500.

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