Fisco, taxi, balneari, Pnrr: tutti i dossier economici in bilico

Il premier nel suo discorso in Senato ha provato a spiegare quali sono le partite ancora aperte

Mario Draghi conferenza stampa
Economia
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Dal fisco al Pnrr: tutte le partite economiche in bilico

La riforma che punta a ridisegnare il fisco italiano rischia di saltare se si tornerà alle urne. Il premier, Mario Draghi, l'ha indicata nei punti chiave della sua road map di governo nel corso dell'intervento al Senato in cui ha chiesto alle forze politiche di ricostruire il patto di fiducia. Approvato dalla Camera e attualmente all'esame della Commissione Finanze al Senato, la riforma va a braccetto con il Pnrr, pur non essendo immediatamente collegata al Piano di ripresa e resilienza, e punta a costruire un fisco più equo a vantaggio dei cittadini onesti e ad aumentare, attraverso regole più semplici ed efficaci, la fedeltà fiscale dei contribuenti. Il disegno di legge di delega per la revisione del sistema fiscale verrà ricordato soprattutto per il braccio di ferro sulla riforma del catasto, che alla fine si è risolto eliminando il valore patrimoniale e con un richiamo implicito a quello di mercato, delinea anche i pilastri di una riforma che mira a ridurre le aliquote Irpef a partire dai redditi medio-bassi, confermare le cedolari, introdurre il cashback fiscale (con priorità alle spese socio-sanitarie), superare l'Irap e razionalizzare l'Iva.

Dopo una lunga indagine conoscitiva, e l'avvio dell'iter parlamentare ufficiale, dopo mesi di stop and go, fibrillazioni interne alla maggioranza, aut aut di alcune forze politiche, su tutti la riforma del catasto, la commissione Finanze della Camera ha licenziato il testo della delega fiscale, votando il mandato al relatore. Al termine di una serie di incontri e di una complicata mediazione, il testo, frutto di un accordo di maggioranza, che aveva in parte coinvolto anche l'opposizione, è stato approvato in Aula a Montecitorio a fine giugno. Il provvedimento è poi passato al Senato dove si punta ad approvare la delega, in via definitiva, senza modifiche entro la pausa estiva. Ma l'impianto complessivo resterebbe tuttavia sulla carta senza i decreti attuativi da adottare entro 18 mesi. "L'autunno scorso il governo ha dato il via al disegno di legge delega per la revisione del fisco - ha sottolineato Draghi - Siamo consapevoli che in Italia il fisco è complesso e spesso iniquo. Per questo non abbiamo mai aumentato le tasse sui cittadini. Tuttavia per questo occorre procedere con uno sforzo di trasparenza. Intendiamo ridurre le aliquote Irpef a partire dai redditi medio-bassi; superare l'Irap; razionalizzare l'Iva. I primi passi sono stati compiuti con l'ultima legge di bilancio, che ha avviato la revisione dell'Irpef e la riforma del sistema della riscossione. In Italia l'Agenzia delle Entrate-Riscossione conta 1.100 miliardi di euro di crediti residui, pari a oltre il 60% del prodotto interno lordo nazionale, una cifra impressionante. Dobbiamo quindi approvare al più presto la riforma fiscale, che include il completamento della riforma della riscossione, e varare subito dopo i decreti attuativi".

Che cosa succede con il Pnrr

Sono passate appena tre settimane da quando, il 29 giugno scorso, il ministero dell'Economia ha inviato alla Commissione europea la richiesta di sbloccare la seconda rata degli oltre 190 miliardi di euro previsti da Bruxelles per finanziare il Piano nazionale di ripresa e resilienza. L'Italia è riuscita a rispettare le 45 scadenze fissate entro la fine del mese scorso per poter sbloccare i 24,1 miliardi lordi della seconda tranche. Ora però ne devono esserne soddisfatte altre 55, tra traguardi e obiettivi, entro la fine dell'anno per incassare la terza. In gioco ci sono ulteriori 21,8 miliardi. "Completare il Pnrr", ha detto il presidente del Consiglio, Mario Draghi, nel suo intervento al Senato, "è una questione di serietà verso i nostri cittadini e verso i partner europei. Se non mostriamo di saper spendere questi soldi con efficienza e onestà, sarà impossibile chiedere nuovi strumenti comuni di gestione delle crisi. L'avanzamento del Pnrr richiede la realizzazione dei tanti investimenti che lo compongono". Tra i vari obiettivi da completare entro i prossimi sei mesi, ci sono riforme importanti, dal fisco alla concorrenza, il completamento del Polo strategico nazionale, l'adozione della riorganizzazione del sistema di istruzione primaria e secondaria, l'aggiudicazione dei progetti per rafforzare la resilienza del sistema elettrico, l'aumento del 15% del gettito fiscale rispetto al 2019 attraverso le cosiddette "lettere di conformità", il rafforzamento degli organici di tribunali penali e civili. Con tanto di decreti attuativi a corredo

Il Ddl Concorrenza

Draghi si è appellato ad un "sostegno convinto all'azione dell'esecutivo, non un sostegno a proteste non autorizzate, e talvolta violente, contro la maggioranza di governo" Mario Draghi nel suo discorso in Aula richiamando il Ddl Concorrenza e in particolar modo il pacchetto di liberalizzazioni che ha visto i tassisti di tutta Italia protestare più volte nelle ultime settimane. Il disegno di legge deve ora essere approvato prima della pausa estiva per consentire entro la fine dell'anno l'ulteriore approvazione dei decreti deleagti, come previsto dal Pnrr. Al centro delle proteste dei tassisti c'è l'articolo 10 del disegno di legge, articolo a cui i tassisti si oppongono, senza essere riusciti a oggi a trovare una mediazione con il governo. In particolare, a scatenare le ire dei tassisti è un passaggio del Ddl in cui si parla di un "adeguamento dell'offerta di servizi alle forme di mobilità che si svolgono mediante l'uso di applicazioni web che utilizzano piattaforme tecnologiche per l'interconnessione dei passeggeri e dei conducenti" con chiaro riferimento ad app come Uber e Lyft. Il Ddl fa riferimento inoltre ad una "promozione della concorrenza, anche in sede di conferimento delle licenze". Tema caldo che già aveva visto proteste accese nel 2006 quando a tentare la riforma era stato l'allora ministro dello Sviluppo economico, Pierluigi Bersani, con il governo Prodi bis. Favorevoli al Ddl sono invece le associazioni nazionali degli Ncc che per questo non hanno partecipato a scioperi ed agitazioni dei tassisti.

All'interno del Ddl concorrenza citato dal premier Mario Draghi nel suo discorso in Aula compare anche il nodo balneari. La partita, particolarmente delicata assieme a quella collegata dei tassisti, ha visto un primo faticoso voto al Senato a maggio ma rischia di saltare nel caso la crisi di governo si concludesse nel peggiore dei modi. Il Ddl concorrenza dovrebbe infatti essere approvato prima della pausa estiva per consentire entro la fine dell'anno l'ulteriore approvazione dei decreti delegati, come previsto dal Pnrr. La norma prevede che le concessioni balneari vengano assegnate con gare a partire dal primo gennaio 2024 salvo proporghe ben motivate da ragioni "oggettive, e connesse, a titolo esemplificativo, alla pendenza di un contenzioso o a difficoltà oggettive legate all'espletamento della procedura stessa". In questi casi i Comuni dovrebbero fornire una spiegazione per far slittare il bando "per il tempo strettamente necessario alla conclusione della procedura e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2024". Più complessa la partita, ancora tutta da giocare, relativa agli indennizzi previsti per i concessionari uscenti. Si tratta di indennizzi che saranno a carico dei subentranti e saranno stabiliti in un successivo decreto legislativo con il quale il Governo dovrà definire anche le regole per le nuove gare. Per questo aspetto saranno competenti i ministeri dello Sviluppo economico e del Turismo.

La crisi del gas

La crisi di governo mette a rischio il piano del governo per il riempimento degli stoccaggi e la diversificazione delle forniture in vista dell'inverno, nel caso in cui la Russia decidesse di chiudere totalmente i rubinetti del gas. Il premier, Mario Draghi, nel suo intervento in Senato ha indicato la direzione di marcia che intende seguire, chiedendo un nuovo patto di fiducia ai partiti, e ha indicato la politica energetica tra le priorità, mettendo l'accento sulla necessità di infrastrutture e sull'accelerazione dei rigassificatori a Piombino e a Ravenna. In piena crisi di governo, Draghi è volato lunedì ad Algeri per firmare nuovi accordi che consentono all'Italia di compiere un altro passo in avanti in direzione dell'indipendenza dal gas russo. L'Algeria è ora il primo fornitore di gas per l'Italia ma già prima dell'invasione russa, il Paese nordafricano era al secondo posto per la fornitura di gas (22,5 miliardi di metri cubi di gas nel 2021, equivalenti al 29,6% del consumo nazionale, inferiori solo ai 28,9 miliardi di metri cubi dalla Russia). Alle forniture ora si aggiungono altri quattro miliardi di metri cubi di gas l'anno che la compagnia energetica di Stato algerina Sonatrach si è impegnata a fornire. In questa fase, con Mosca che ha già ridotto i flussi, il legame tra i due Paesi assume un valore ancora più strategico, al fine di garantire l'approvvigionamento energetico italiano.