Il fondo saudita Pif mette gli occhi sul Giro d'Italia: gli arabi puntano sulla corsa rosa nelle mani di Cairo (Rcs)
Pif, il fondo sovrano d’investimento dell’Arabia Saudita, avrebbe infatti messo gli occhi sulla corsa rosa, oggi di proprietà del gruppo Rcs e quindi di Urbano Cairo. Che cosa c'è dietro
Il fondo saudita Pif mette gli occhi sul Giro d'Italia
Il Giro d’Italia potrebbe presto cambiare padrone. E no, non parliamo di Tadej Pogacar, il fenomeno sloveno che lo ha dominato quest’anno e che nel 2025 dovrà – se parteciperà – difenderlo dagli attacchi dei rivali. Parliamo dell’organizzatore. Pif, il fondo sovrano d’investimento dell’Arabia Saudita, avrebbe infatti messo gli occhi sulla corsa rosa, oggi di proprietà del gruppo Rcs e quindi di Urbano Cairo. Di più, in ballo ci sarebbe anche la cessione del Torino, di cui Cairo è appena diventato il presidente più longevo. In questi casi, si sa, voci e smentite si rincorrono più o meno senza sosta fino al giorno dell’effettivo passaggio di mano e quindi bisogna trattare la notizia con i guanti. Sulla duplice operazione, però, pesa l’ombra dello sportswashing.
Secondo Tuttosport, che ha lanciato la bomba, oltre al Giro, nell’eventuale trattativa verrebbero coinvolte anche le altre corse minori organizzate da Rcs. L’interesse del regno saudita per il ciclismo non è nuovo: stando ad alcune indiscrezioni, avrebbe prima cercato di accaparrarsi il Tour de France. La grand boucle, del resto, è una gara più nobile e più remunerativa del Giro. A frenare l’operazione sarebbe stata una forte opposizione proveniente anche dalla politica. E, così, eccoci alle voci che vorrebbero Pif interessato a mettere il proprio nome sulla maglia rosa vestita da Pogacar o chi per lui. In autunno, tra l’altro, Cairo ha scorporato la parte sportiva e quella editoriale del suo impero, con il passaggio del Giro da Rcs mediagroup a Rcs sports & events.
Una mossa che è stata motivata con ragioni di efficienza organizzativa ma che era stata interpretata come un segnale che all’orizzonte si stesse profilando una cessione, in particolare del Torino. Qui, però, bisogna sottolineare che il club granata è di proprietà di Cario attraverso Ut communications. Il presidente, inoltre, ha smentito già nei giorni scorsi una eventuale cessione, ma le voci in questo senso si rincorrono già da tempo, tanto che sono già uscite indiscrezioni su un possibile prezzo del club: circa 200 milioni.
In attesa di una conferma, l’interesse di Pif per questi affari sportivi è assolutamente plausibile. Pif, Public investiment fund, è il principale veicolo di investimenti dell’Arabia saudita ed è strategico per l’attuazione del progetto Vision 2030, il piano di sviluppo del regno che ha l’obiettivo di sviluppare settori come sanità, turismo, istruzione e diritti slegando l’economia saudita dal petrolio. Il fondo non sarebbe nuovo a operazioni del genere. Nel 2021, per esempio, ha investito tramite sue controllate nel settore delle auto sportive, rilevando quote di McLaren e Pagani. Nello stesso anno ha comprato l’80% del Newcastle, club di calcio della Premier League inglese. Nel 2023 ha poi rilevato quote di ben quattro club della Saudi Pro League, il campionato di calcio saudita dove poi sono atterrati giocatori planetari come Cristiano Ronaldo e Karim Benzema. Quest’anno, infine, per due miliardi di dollari si è aggiudicato entrambi i circuiti tennistici professionistici: l’Apt Tour e il Wta Tour.
L’Arabia, tramite altri attori, ha poi investito nella Formula Uno e nel golf, arrivando a mettere gli occhi sulla boxe e sul ciclismo. All’inizio di quest’anno, sempre Pif avrebber presentato un’offerta da 250 milioni di dollari per aggiudicarsi l’organizzazione di una sorta di nuova superlega ciclistica pensata da alcune delle principali squadre.
Tutto questo attivismo nel mondo sportivo è stato bollato dai critici e dagli osservatori occidentali come “sportswashing”, ovvero come tentativo di usare lo sport per ripulire l’immagine dell’Arabia Saudita – macchiata da repressione del dissenso, dall’inesistenza o quasi di diritti per le donne, gli omosessuali e altre minoranze – e attrarre così investimenti e turisti dall’Occidente. “Se lo sportswashing farà crescere il pil dell’1%, continueremo a farlo”, ha commentato per tutta risposta il principe ereditario Mohammed Bin Salman in un’intervista a Politico.eu lo scorso anno, facendo capire che a queste accuse non dà nemmeno peso.