G-20, a Venezia storico accordo per tassare le grandi multinazionali
La tassa minima del 15% porterebbe 150 miliardi di entrate aggiuntive
G-20, a Venezia storico accordo per tassare le grandi multinazionali
Una firma storica oggi a Venezia. Nell’ambito del G20 infatti trovato l’ok all’accordo sulla tassa globale alle multinazionali per bloccare il fenomeno dei paradisi fiscali.
Il G-20, che da venerdì riunisce i ministri delle finanze e i governatori delle banche centrali dei membri del gruppo, rappresenta un passo storico nella lotta all'evasione fiscale globale.
La firma e i termini potrebbero ancora variare ma non l’essenza della legge che introduce un'imposta societaria minima di "almeno il 15%" sugli utili delle più grandi aziende mondiali.
L'OCSE ha lavorato per più di sette anni su questo progetto ma solo l’ultimo G7 è stato decisivo per raggiungere un accordo che farà sì che colossi come Amazon, Google o Facebook paghino di più all'erario nei paesi in cui operano.
Joe Biden e il suo segretario al Tesoro, Janet Yellen hanno contribuito notevolmente ad un qualcosa di davvero storico.
Yellen utilizzerà il vertice del G-20 per fare pressione sul resto dei paesi con l'idea di aumentare il tasso fissato ora di un minimo di 15 % . A questa tassa si aggiungerà un sistema di ridistribuzione dei diritti fiscali delle multinazionali, che interesserà gruppi con un fatturato di almeno 20.000 milioni di dollari e un margine di profitto superiore al 10% su scala globale.
La maggior parte di queste multinazionali operano attraverso paradisi fiscali o stati con sistemi fiscali estremamente favorevoli come l'Irlanda. Così pagano tariffe basse dove hanno la sede e non pagano nulla nelle nazioni dove vendono i loro prodotti e fanno tanto business.
La misura, come previsto dall'OCSE, porterebbe circa 150 miliardi di dollari di entrate fiscali aggiuntive. Adesso la regolamentazione attuale disperde ogni anno circa 200.000 milioni dalle casse pubbliche degli Stati.
L'accordo comprende due misure chiave, definite come primo pilastro e secondo pilastro. Il primo pilastro presuppone che se la multinazionale ha un margine di profitto superiore al 10% con un fatturato superiore a 20.000 milioni, una parte degli utili che supera quel 10% sarà ridistribuita nei paesi in cui opera il gruppo da tassare. Sono esclusi da questo regime i settori finanziario ed estrattivo.
Il secondo pilastro, invece, è un'aliquota minima dell'imposta sulle società di "almeno il 15%" che i paesi possono riscuotere dalle loro multinazionali, con un fatturato superiore a 750 milioni di dollari, se sono tassati a un'aliquota inferiore nei territori dove lavorano.
I paesi che chiedono di aumentare l'imposta minima sulle società, però, sono sempre di più tranne alcuni paesi riluttante come Irlanda, Estonia e Ungheria, che non hanno firmato l'accordo OCSE anche perchè le loro imposte sulle società sono il 9% e il 12,5%. Molto al di sotto della media europea del 22%.