Gas, l'eredità del governo Prodi: per l'ex Premier era "il male minore"

Una decisione, quella del governo Prodi II, quasi obbligata dalle forti pressioni dei partiti dell'Unione

Di Giuseppe Vatinno
Economia
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Gas, la "via di mezzo" di Prodi per mediare tra ambientalisti e industrialisti

Si fa un gran parlare in questi tempi di guerra dell’aumento vertiginoso del costo del gas, ma pochi sanno perché il gas sia stata la scelta energetica principale dell’Italia. Attualmente quasi il 50% di elettricità è prodotta in Italia con il gas naturale. L’Italia è il Paese europeo con più esposizione verso tale fonte energetica.

Romano Prodi in una intervista di qualche mese fa all’Huffington Post dichiarò: "Quando ero al governo, dati i limiti della produzione interna, misi come obiettivo la massima diversificazione degli acquisti, posto che tutti gli Stati erano problematici. Ai tempi, per esempio, gli analisti indicavano l’Algeria come la più soggetta a rischi. La mia priorità è stata essere il più possibile indipendenti, ma il contesto generale italiano non lo permetteva. Sul nucleare c’era stato il referendum, l’idroelettrico faceva quello che poteva. Sulle energie rinnovabili si è lavorato, ma con risultati ovviamente non risolutivi. In conclusione si è continuato a dipendere dall’estero [...]".

Nel cosiddetto secondo governo Prodi (2006 -2008) chi scrive era non solo il responsabile per l’Energia di Italia dei Valori di Antonio Di Pietro ma anche il responsabile del Gruppo Energia dell’Unione che aveva sviluppato la parte programmatica proprio dell’Energia, con particolare riguardo anche per i riflessi ambientali (ricordiamo che eravamo in pieno Protocollo di Kyoto).

La coalizione che sorreggeva il Prodi II –basata sull’Ulivo- era quanto mai vasta ed eterogenea visto che si andava da Rifondazione Comunista di Fausto Bertinotti ai Popolari UDEUR di Clemente Mastella. Al dicastero dello Sviluppo Economico c’era Pierluigi Bersani (in quota DS/PD), mentre all’Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio (in quota Verdi) e alle Infrastrutture Antonio Di Pietro (Italia dei Valori). Ho riportato questi tre ministri perché avevano allora un ruolo chiave nel gestire la politica energetico – ambientale -infrastrutturale italiana.

Ricordo riunioni infuocate nel Consiglio dei Ministri, con Romano Prodi che cercava di mediare il più possibile tra ambientalisti e industrialisti che si contendevano ogni palmo di terra disponibile. L’esperto di Energia per Palazzo Chigi era Alessandro Ovi, amico di Prodi ed ex alto dirigente dell’Iri. Un altro esperto influente era il fratello del Premier e cioè Franco Prodi -che era un fisico come me (ci intendevamo) - e capiva l’Energia anche dal punto di vista strettamente tecnico e non solo politico.

Ebbene ricordo che il punto di caduta cui si giunse nelle tante riunione preparatorie e poi nel programma e nell’azione concreta dell’esecutivo fu proprio il gas naturale. Infatti questo fu l’idrocarburo individuato per mediare tra Bersani e anche Prodi che volevano il carbone, seppure anche “pulito”, e gli ambientalisti dei Verdi che volevano solo le fonti rinnovabili e l’efficienza energetica. Il gas è proprio l’idrocarburo con meno impatto sul temibile effetto serra che provoca i cambiamenti climatici (in primis riscaldamento) intrappolando l’energia riemessa dalla Terra.

Naturalmente si diede molto spazio (e grandi incentivi economici) anche al fotovoltaico, al solare termico, all’eolico e al piccolo idroelettrico, ma ricordo che Prodi diceva sempre che in Italia non esisteva una filiera industriale dei pannelli fotovoltaici e compravamo tutto dalla Cina e che occorreva sviluppare una filiera italiana che avrebbe portato anche posti di lavoro. Iniziammo anche una collaborazione istituzionale in tal senso con l’Eni, l’ENEA e il CNR, ma l’idea di Prodi non poté essere sviluppata per la breve durata della legislatura.

In ogni caso Enel ed Eni erano schierate con Bersani, pur collaborando anche alla parte ambientale. Di Pietro stava in mezzo perché da una parte l’ex magistrato era certamente uno sviluppista -anche per il ruolo che aveva come ministro delle Infrastrutture- dall’altro Italia dei Valori aveva tra i propri sostenitori molti ambientalisti (ereditati poi dai Cinque Stelle di Beppe Grillo) che erano contro i rigassificatori e gli idrocarburi e per le rinnovabili. Quindi noi cercavamo di mediare anche dentro il partito e cioè però si rifletteva poi nella politica energetica italiana, avendo allora IdV un certo peso.

Dunque la scelta di Prodi fu il gas come “male minore” con grande dispiacere di Enel e Bersani e parte dei DS poi PD, che in gergo venivano chiamati simpaticamente “i carbonari”. Il Pd aveva anche lui due anime ben distinte: una verde, ed infatti avevamo fondato io (per IdV) ed Ermete Realacci (per il Pd) gli Ecologisti democratici (Ecodem) ed una “nera” che era quella industrialista di Bersani. Bersani faceva spesso il doppio gioco nel senso che mostrava una faccia dolce e collaborativa ai suoi ambientalisti per tenerli buoni (soprattutto durante il periodo elettorale) e poi picchiava istituzionalmente duro, da ministro, con il carbone, la fonte più inquinante che esista.

Quello dell’energia era un tema dirimente per la Sinistra italiana di allora e particolarmente per il Pd. Anche Rifondazione Comunista di Bertinotti aveva due anime: una sindacalista sviluppista che era per il carbone (ad esempio sulla centrale Enel di Civitavecchia) ed una ambientalista e non si sapeva mai con chi parlare, nel senso che non si capiva se rappresentasse o meno una posizione unitaria del partito. Bertinotti si barcamenava.

Ricordo anche notevoli scontri tra Pecoraro Scanio e Di Pietro. La situazione era diventata così incandescente che per cercare una mediazione con gli ambientalisti Di Pietro nominò me suo Consigliere ministeriale proprio per l’impatto ambientale delle Grandi Opere, tipo la Salerno - Reggio Calabria, il Mose, la Variante di valico sull’Appennino e il Ponte sullo Stretto di Messina, per citarne alcune delle più importanti. Cercammo così su ogni singolo tema una specifica mediazione che tutelasse sia lo sviluppo che l’ambiente, come del resto ci diceva sempre di fare lo stesso premier Romano Prodi.

Tornando al gas, fu allora che fu fatta la scelta fondamentale della politica energetica italiana e che ci porta alla situazione attuale. Fu una scelta dovuta alle pressioni politiche dei partiti dell’Unione. Dobbiamo ricordare che il nucleare trovava qualche estimatore anche nella nostra coalizione e lo stesso Bersani non era certo ostile ma la sinistra non ne voleva sentire parlare, mentre il centro – destra era sostanzialmente favorevole (come lo è ora).

Per quanto riguarda il fornitore, alla fine fu scelta strategicamente, cioè sul medio - lungo periodo, proprio la Federazione Russa pur continuando anche il discorso con gli americani che però potevano solo inviarci navi metaniere e i Verdi non volevano assolutamente che si costruissero altri rigassificatori.

Ho sempre avuto l’impressione che la scelta russa di Prodi non fosse solo tecnica ma in fondo anche ideologica, in un certo senso terzomondista. A dimostrarlo c’è anche il grande interesse che aveva (ed ha tuttora) per la Cina. Inoltre, sapevamo che nell’Adriatico c’era (e c’è tuttora) molto gas ma sempre i Verdi, parte del Pd e parte di IdV erano contrari alle trivellazioni. Dunque, in un certo senso, la scelta del gas e della Russia fu alla fine obbligata.