Gdo, Il Ceo di VéGé Santambrogio ad Affari: "In futuro resteranno 5 gruppi"
"Se dovessimo riversare questi prezzi sul consumatore avremmo lo spostamento definitivo verso i discount", dice il manager che commenta il caso Carrefour Italia
Il Ceo del Gruppo VéGé Giorgio Santambrogio spiega cosa sta accadendo nel settore dei supermercati
Birra +10%, caffè 12%, formaggi +18%, zucchero +10%, latte +14% (e il nuovo accordo con i produttori non conta niente), olio extra vergine di oliva +22%, legumi 25%, olio di semi +25%, pasta +30%, marmellate e creme spalmabili +15%, carta igienica +14%, surgelati +15%, tonno +20% e i succhi +23%. Non è la lista della spesa, ma l’incremento medio dei prezzi che l’industria alimentare chiede alla grande distribuzione organizzata.
Se a questo ci si aggiunge anche l’impennata dei costi delle utilities, dei bancali, dei trasporti e delle materie prime si ottiene la tempesta perfetta che sta iniziando solo ora a mostrare le sue prime avvisaglie. Ne è convinto anche Giorgio Santambrogio, amministratore delegato del Gruppo VéGé che ad Affaritaliani.it spiega la sua visione di un mercato che è sempre più competitivo e complesso con margini che si riducono e la necessità di far quadrare i conti.
La strategia di Carrefour Italia: ecco perché si è scelto il franchising
"La strategia dell’amministratore delegato di Carrefour Italia Cristophe Rabatel – ci spiega – è molto chiara e non è vero che punta a smantellare. È un azzardo, che bisognerà vedere se paga. Il manager si è reso conto che gli imprenditori italiani hanno maggiore polso del mercato e per questo sta delegando o a livello di master franchising come nel caso di Apulia di Antonio Sgaramella, che infatti sta andando molto bene, o cercando di affidare la gestione dei punti vendita agli imprenditori italiani con il franchising puro".
Troppo cocente la “scoppola” presa da Auchan per potersi permettere di replicare questo errore. L’idea di fondo è che non può arrivare dalla Francia la definizione dell’assortimento, dei formaggi o dei vini, perché i gusti italiani sono diversi e si rischia lo scivolone. "È un atto di umiltà – chiosa Santambrogio – che non sempre si vede nel nostro comparto. I sindacati però vedono in maniera negativa questa strategia e sostengono che ci saranno moltissimi licenziamenti. Ma i 106 punti vendita non saranno smantellati, ma gestiti in modo diverso. È una sorta di tentativo estremo per risanare i conti".
Gdo, in futuro ci saranno cinque grandi entità
C’è di più, però: il mondo della grande distribuzione organizzata, a causa della riduzione dei margini, continuerà un procedimento di concentrazione del mercato retail. Esclusi i discount, che hanno una strategia diversa nel rapporto con i fornitori e con la clientela, è plausibile che in futuro ci saranno cinque grandi entità: Conad (con Finiper), Coop, Esselunga, ESD (con capofila Selex) e Aicube 4.0 (con in testa il gruppo VéGé).
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Ma il tema dei costi è quello più urgente: "Se dovessimo riversare questi prezzi direttamente sul consumatore – conclude Santambrogio – avremmo un’ecatombe di consumi e uno spostamento definitivo verso i discount. Per questo stiamo cercando di sterilizzare e di procrastinare gli incrementi di listino. Noi vogliamo quindi condividere con tutta la filiera l’aumento dei costi. Però è bene anche dire una cosa: che se poi si dovesse assistere, e prima o poi succederà, a una caduta dei costi, materie prime o utilities che siano, sarebbe bello che l'industria ci restituisse integralmente il vantaggio. Succederà? Non è quasi mai accaduto prima, sarà questa la volta buona? Noi vogliamo un mercato fair, ma chiediamo sana reciprocità. Ma, come si suol dire, ci rivedremo a Filippi".