Generali, Delfin-Calta all'attacco di Nagel-Donnet. Patto per cambiare il Ceo
Accordo parasociale Del Vecchio-Caltagirone per l'assemblea. Comitato nomine formalmente non ancora convocato. Rumors: riunione fra consiglieri non esecutivi
Dopo i segnali lanciati con gli acquisti che li hanno portati poco sopra l’11% del capitale, Francesco Caltagirone (al 6,01%) e Leonardo Del Vecchio (al 4,93%), due degli uomini più ricchi d’Italia, rispettivamente il secondo e il terzo socio privato delle Assicurazioni Generali, lanciano un altro segnale a Mediobanca e al management in quella che comincia ad assumere i contorni della battaglia per il Leone.
Francesco Caltagirone e il Ceo di Mediobanca Alberto Nagel
Seguiti dallo studio Erede in una settimana in cui rastrellavano titoli sul mercato, i due azionisti forti della compagnia, che insieme controllano anche il 23% di Piazzetta Cuccia (quota che presto potrebbe salire al 25%), merchant che a sua volta ha il 12,93% del capitale della compagnia triestina, hanno siglato un patto parasociale sul 10,948% del capitale delle Generali per votare in assemblea ad aprile (l'accordo terminerà subito dopo) quando all'ordine del giorno ci sarà il rinnovo delle cariche sociali e puntare a “una più profittevole ed efficace gestione" del colosso delle polizze, attraverso una “modernizzazione tecnologica dell'attività caratteristica, al posizionamento strategico dell'impresa, nonchè alla sua crescita in una logica di mercato aperta, trasparente e contendibile”.
Obiettivi che sono critiche neanche tanto velate alla gestione di Philippe Donnet (che intende ripresentarsi per un altro mandato alla guida della compagnia) e a un controllo di fatto, a detta dei due, a monte di Mediobanca. Nonostante alcune modifiche statutarie sulla governance con l’introduzione nel 2020 dell’opzione “lista del consiglio” per il rinnovo delle cariche sociali, per Caltagirone e Del Vecchio il controllo di Piazzetta Cuccia su Trieste non è mai venuto meno nel tempo, finendo per imbrigliare la crescita ("in una logica di mercato aperto, trasparente e contendibile", sottolineano infatti) del Leone.
Alberto Nagel e il consigliere di Generali Romolo Bardin
Durante i suoi due mandati e dal lancio del suo primo piano industriale a fine novembre 2016, l’assicuratore francese, appoggiato ora dal Ceo di Mediobanca Alberto Nagel, ha portato ottimi risultati in termini di apprezzamento del titolo e di total shareholder return, battendo lo Stoxx di settore e tutti i diretti competitor europei. Risultati che certo non possono far non piacere all'oltre 40% di capitale delle Generali in mano agli investitori istituzionali.
Per Caltagirone e Del Vecchio, però, che, anche grazie all'M&A, non vogliono un più radicale cambio di marcia per un ritorno delle Generali "ai vecchi fasti" in cui per crescita dimensionale il Leone primeggiava in Europa davanti al colosso tedesco Allianz e alla rivale francese Axa, si può fare di più.
Con questo patto di consultazione, alla vigilia del confronto fra i grandi azionisti della compagnia per tirare le somme sulla “lista del consiglio” e per decidere chi sarà il prossimo amministratore delegato delle Generali, hanno voluto siglare formalmente la loro alleanza. Questo, mentre qualcuno ancora dubitava che la voglia di discontinuità a Trieste non fosse condivisa e mentre pare che la Consob avesse acceso un faro sul fatto che i due pesi massimi dell'imprenditoria italiana controllano anche un quarto del capitale del gruppo guidato da Alberto Nagel. Il patto è riconducibile a quanto previsto dall'articolo 122 del Tuf, riportano i documenti allegati, riguardo alle pattuizioni rilevanti su "obblighi di preventiva consultazione per l'esercizio del diritto di voto".
Composizione del capitale sociale delle Assicurazioni Generali (fonte Generali)
Da sinistra: Philippe Donnet, Gabriele Galateri e Cristiano Borean,
rispettivamente Ceo, presidente e Cfo delle Generali
Si tratta comunque di un segnale di compattenzza forte al mercato e all'ex Via Filodrammatici, visto che l’idem sentire dei due imprenditori è condiviso anche dai Benetton e dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Torino, titolari rispettivamente del 3,97% e dell’1,3% delle Generali. In tutto, circa il 16,5% della compagnia, oltre il 60% dei soci stabili delle Generali che, con Mediobanca, hanno in portafoglio il 27,85% del capitale della compagnia triestina.
Tanto che il patto risulta aperto, sempre in vista di un eventuale scontro in assemblea con più liste, a quanti non appartenenti al fronte Mediobanca-De Agostini (le famiglie Boroli e Drago azioniste a Trieste con l'1,7% e rappresentate in consiglio da Lorenzo Pellicioli che non dovrebbe far più parte del board nel prossimo triennio) ne condividono la mission (i Benetton sono i principali indiziati speciali).
(Segue: il comitato nomine e la riunione di martedì. Indiscrezioni sul meeting fra consiglieri non esecutivi)
Secondo quanto risulta ad Affaritaliani.it, il comitato nomine per un primo confronto sulla governance in vista del consiglio di amministrazione del 27 settembre non è stato ancora formalmente convocato. Le mail fra i componenti per incrociare le agende sono partite giovedì sera, ma non si è arrivati ancora a una quadra. Pare che la riunione possa esserci martedì prossimo, ma non sono ancora partite le chiamate. E' possibile che invece ci sia una riunione informale dei consiglieri non esecutivi delle Generali. Dunque tutto il board, esclusi Donnet e il presidente Gabriele Galateri.
Leonardo Del Vecchio
Gli schieramenti sono in manovra: Caltagirone e Del Vecchio, che vogliono una discontinuità sostituendo Donnet e piazzando un loro candidato anche alla presidenza, hanno preso posizione anche perché per Mediobanca (come anche per Donnet) nella governance il consiglio è centrale: Piazzetta Cuccia intende tenere la barra dritta sul fatto che le decisioni sul governo di una grande quotata le deve prendere, in linea con le best practice internazionali e secondo quanto avviene in Piazzetta Cuccia stessa, il consiglio di amministrazione uscente stesso. Organo che rappresenta tutto l’azionariato e non solo i grandi azionisti, anche se questi rappresentano una quota rilevante come l'11%. Modalità che per i due soci privati, invece, è soltanto un modo per continuare a perpetuare la sua influenza sulle Generali visto che nell’attuale consiglio il presidente Galateri e l’amministratore delegato sono espressione della merchant bank milanese.
La battaglia di Trieste è appena iniziata e il rischio è quello, come lo definiscono in molti, di "un Vietnam". Ecco perchè qualche osservatore non esclude un accordo e una ricomposizione del fronte dei principali azionisti. Con Donnet, per il momento tranquillo perché consapevole dei risultati portati e dell'iter istituzionale interno intrapreso per il rinnovo, a farne le spese.
@andreadeugeni