Generali, Oddo: "Sostituzione Donnet sarebbe mal percepita da investitori"

Il broker sulla contesa nella compagnia assicurativa sul rinnovo del ceo: "Riconferma scenario più probabile"

di Marco Scotti
Economia
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Il potente fendente che è stato sferrato da Leonardo Del Vecchio e Francesco Gaetano Caltagirone nella mattinata di sabato ha lasciato il segno. I due imprenditori, annunciando il patto di consultazione, hanno dimostrato una volta di più di volere una forte discontinuità con il passato. E il motivo andrebbe ricercato in un problema dimensionale. Rispetto ai competitor storici, cioè Axa e Allianz (e anche Zurich anche se la Svizzera è un mercato un po’ diverso da quello europeo continentale) hanno fatturati e capitalizzazione decisamente superiore al Leone. Mentre scriviamo Generali vale circa 27,8 miliardi in Borsa, contro i 56,7 dei francesi e gli 80,3 dei tedeschi.

IL LEONE IN BORSA/ Nel giorno in cui la Delfin di Leonardo Del Vecchio ufficializza la salita al 5,003% del capitale delle Assicurazioni Generali, al termine della prima seduta di Piazza Affari dopo l'annuncio al mercato del patto di consultazione fra l'imprenditore dell'occhialeria e l'ingegnere capitolino Francesco Caltagirone il titolo del Leone chiude in rialzo dell'1,26% a 17,65 euro. 

Oggi, uno studio del gruppo di servizi finanziari Oddo prova a fare il punto sulla situazione. Del Vecchio e Caltagirone, si legge nel report uscito oggi, “sarebbero pronti a fare pressioni per sostituire l'attuale amministratore delegato di Generali, Philippe Donnet, il cui mandato scade alla prossima assemblea. Secondo Reuters, i due uomini d'affari sono pronti a presentare la propria lista di candidati alla carica di amministratore delegato, che non includerebbe il signor Donnet”.

Per Oddo, però l’attuale group Ceo meriterebbe la riconferma. E questo non soltanto per aver centrato due piani industriali (la scadenza dell’attuale è 15 dicembre e, a meno di cataclismi, non dovrebbero esserci sorprese in proposito) ma anche, come si legge nel report, perché lo ha fatto nonostante la crisi.

La conclusione, dunque, è che “la riconferma di Philippe Donnet sarebbe a nostro avviso una buona notizia per il gruppo (e rimane anche a nostro avviso fortunatamente lo scenario più probabile), mentre la sua eventuale sostituzione sarebbe ingiustificata e logicamente mal percepita dagli investitori”.

Non è la prima volta che degli operatori finanziari provano a tutelare il lavoro di Donnet. Il mese scorso, infatti, il broker Intermonte aveva acceso i riflettori sul tema della governance. “Riteniamo – scrivevano in un report – che alcuni azionisti stiano spingendo per accelerare la crescita esterna e potrebbero voler cambiare il top management”. Gli scossoni sul futuro del ceo avrebbero messo in pericolo, secondo Intermonte, le performance future del titolo, con il rischio che i prossimi mesi siano più occupati a seguire le vicende di governance che la performance operativa.

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E Caltagirone? L’ingegnere romano non parla. Da ambienti vicini al costruttore, però, trapela grande serenità. Si dice che l’imprenditore, infatti, non badi troppo agli studi e ai report, ma preferisca parlare con i fatti. E la mossa compiuta sabato non lascia spazio a possibili interpretazioni. Al di là del nome dell’eventuale successore di Donnet, Affaritaliani può riferire come ci siano anche altri temi lasciati aperti.

In primo luogo, limitare il potere dell’amministratore delegato, re-introducendo la figura del direttore generale. In questo modo, un DG che risponda direttamente al board metterebbe al riparo gli azionisti – questa potrebbe essere l’idea di Caltagirone – da un’eccessiva libertà di movimento del group Ceo.

E poi rimane sempre il tema della governance e della composizione del consiglio di amministrazione. Del Vecchio e Caltagirone detengono una quota rilevante di Mediobanca e vogliono contare di più sia in Piazzetta Cuccia, sia a Trieste. Per questo, la lista del consiglio uscente non piace ai nuovi soci forti del Leone, che sono pronti a presentare la loro nel tentativo di convincere una quota significativa dei fondi. Che oggi detengono il 40% della compagnia. La domanda è: ci riusciranno?