Generali, NN costa troppo: si ritira. Sull'Opa Cattolica servono 64 mln in più

L'operazione NN è troppo dispendiosa: la compagnia chiude il dossier. Intanto in Borsa Cattolica continua a salire: il mercato scommette sul rilancio

di Marco Scotti e Andrea Deugeni
Economia
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Il Leone abbandona la scena. Secondo indiscrezioni raccolte da Reuters che cita due fonti vicine al dossier, Generali si sarebbe chiamata fuori dalla corsa per rilevare la divisione di asset management di NN Group (NN Investment Partners), compagnia di assicurazioni olandese. Attorno ad essa, nelle ultime settimane, si era iniziato a concentrare l’interesse di diversi soggetti. Oltre a Generali, infatti, sempre dall’Italia si era registrata l’attenzione di Intesa SanPaolo che però non ha ancora fatto un’offerta vera e propria. Oltre a essa figura anche Dws, una divisione di Deutsche Bank che avrebbe invece messo sul piatto denaro contante. E ci sarebbero anche Allianz e Ubs. Evidentemente, un’asta così affollata non ha fatto altro che lievitare il prezzo. E Generali, dopo aver mostrato pubblicamente interesse, si è ritirata.


 

D’altronde i conti sono presto fatti: secondo gli analisti il valore di NN non potrà essere inferiore a 1,5 miliardi di euro. Generali però ha già parecchia carne al fuoco e non può permettersi di puntare anche su questa partita. A Trieste, infatti, hanno appena lanciato l’Opa su Cattolica per 1,175 miliardi di euro, ovvero per un controvalore di 6,75 euro per azione. Una cifra che sembrava perfetta, visto che garantiva cun premio di oltre il 15% rispetto alla chiusura di borsa del 28 maggio (ultimo giorno prima dell’offerta del Leone). 

Nel frattempo però il titolo è letteralmente decollato e, a fine seduta (+0,35%), vale 7,125 euro. Facile immaginare che a questo punto sarà necessario (ri)mettere mano al portafoglio. Una scena già vista recentemente con l’Opa di Crédit Agricole sul Creval che è stata ritoccata al rialzo.


 

Quando costerebbe la nuova offerta? Se immaginassimo di cristallizzare a oggi il valore azionario di Cattolica, Generali dovrebbe pagare circa 64,4 milioni in più. Ma, ancora: davvero gli azionisti si accontenteranno del mero prezzo di listino senza un ulteriore premio? Negli ultimi sei mesi il titolo della compagnia assicurativa è cresciuto del 41,59%. Merito dell’allentarsi delle preoccupazioni da Covid? Sicuramente, ma merito anche di una strategia efficace e del miglioramento del quadro sul patrimonio e sulla governance, con Verona che ha voltato definitivamente pagina sull'era Bedoni.


 

E così come Generali si è accorta della bontà dell’azienda, anche gli azionisti si sono convinti di avere in mano un gioiellino che deve essere pagato quanto vale, premio incluso. Da notare, tra l’altro, che proprio oggi Cattolica ha annunciato di aver posticipato al post-Opa l’aumento di capitale da 200 milioni che era già stato preventivato. 

Naturale dunque che il Leone si sia ritirato dalla corsa a NN: in cassa ha circa 2,3 miliardi per eventuali acquisizioni. Ipotizzando che almeno 1,2 miliardi dovranno essere allocati per Cattolica, resterebbero 1.100 milioni che non sarebbero sufficienti per arrivare al gruppo olandese. Anche perché in Malesia prosegue la trattativa con Axa che nel Paese ha dato vita a una joint venture con Affin Bank: Axa Affin General Insurance.

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Teoricamente sarebbe un deal in esclusiva, ma i tempi si stanno allungando perché la compagnia francese vorrebbe allocare oltre al ramo danni anche quello vita. L’asset che rientra nelle strategie del Leone che punta a diventare leader laddove la compagnia è già presente, se aggiudicato, permetterebbe alla compagnia triestina di diventare leader nel Paese nel segmento danni considerato che nel 2014 il Leone si è assicurato, a tappe, il controllo di MPHB Capital Berhard e vanta anche una presenza di rilievo nella joint venture Future Group.


 

Da Trieste, però degli asset vita che Axa vuole dismettere non vogliono neanche sentirne parlare, focalizzandosi sul Danni. L’operazione potrebbe concludersi intorno ai 300 milioni di euro, erodendo ulteriormente la cassa a disposizione di Philippe Donnet. Oltretutto sul dossier, su cui si era registrata la freddezza dei singoli soci privati che attendono il grande deal transformational oltre confine per recuperare il gap con il colosso tedesco Allianz e la francese Axa, il vicepresidente Francesco Caltagirone aveva chiesto in consiglio al group Ceo di strappare un buon prezzo. Indicazione da attuare per evitare di alimentare tensioni sulla governance che covano sotto la normale dialettica fra membri del board. 

Il group Ceo ha il mandato in scadenza ad aprile del prossimo anno e sa che sono questi i mesi decisivi per giocarsi la riconferma. Caltagirone e Leonardo Del Vecchio non hanno mai fatto mistero di volere un maggiore “attivismo” del Leone in ambito M&A. E Donnet sembra aver risposto prontamente, mettendo parecchia carne al fuoco e sedendosi a diversi tavoli.

Un primo, iniziale segnale di quali saranno le intenzioni del Leone arriverà il prossimo 15 giugno, quando si terrà il comitato governance. Si tratta di una riunione mensile che non avrebbe particolari motivi d’interesse se non fosse che al tavolo siede anche Caltagirone. Il quale non ha mai nascosto il suo malcontento sull’attuale gestione, fino ad arrivare al gesto eclatante di non presentare le proprie azioni nel corso dell’ultima assemblea del 29 aprile scorso. E facendo il bis con un invio di una mail ai membri del consiglio su cambiamenti nell'organigramma societario di prima linea. 

Lo stesso Donnet, alla vigilia di quell’assemblea, si era “auto-confermato” per il triennio 2022-2024 spiegando quali fossero i suoi piani per il futuro. È naturale pensare che da qui ad aprile il group Ceo cercherà di convincere – oltre a Mediobanca – altri soci forti a puntare sulla continuità.