Governo, scelta sul Def "in bianco" è da dimissionari. I conti non tornano
I precedenti di Draghi e Gentiloni e l'ipotesi del 4,3-4,8% di deficit
Def, i provvedimenti "una tantum" e i rinnovi promessi a Bruxelles. Potrebbero costarci 19 mld
Cresce l'attesa per il Def, oggi è la giornata decisiva per la presentazione del Documento di economia e finanza. Il Tesoro sta seriamente valutando l'ipotesi di seguire la scia utilizzata in precedenza solo in due occasioni, ma in circostanze molto diverse rispetto a quelle attuali. Se verranno resi noti, infatti, solo i dati di tendenza dei conti pubblici - si legge su Il Corriere della Sera - si seguirebbero le orme dell'esecutivo Paolo Gentiloni nell’aprile del 2018 e di Mario Draghi nel settembre del 2022. Ma in quei due casi si trattava di governi dimissionari, dopo elezioni che avevano del tutto cambiato il quadro politico. In questo di un governo saldamente in sella con tre anni e mezzo di vita davanti. Ciò che dovrebbe saltare all’occhio nel Def annunciato oggi in Consiglio dei ministri, è che esso somiglia — per vari aspetti — alla nota di aggiornamento (Nadef) varata dallo stesso governo circa sei mesi fa.
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Il governo oggi dovrebbe pubblicare un dato di deficit per quest’anno fra il 4,3% e il 4,8% del Pil. Non sopra. Il passaggio successivo - prosegue Il Corriere - è però capire cosa implichi davvero un dato di bilancio a legislazione invariata oggi in Italia. La legge di bilancio attualmente in vigore per il 2024, dunque il dato di deficit per quest’anno, contiene infatti dei provvedimenti che sul piano legale decadono dopo dicembre prossimo. A legislazione invariata, come espressa nei dati tendenziali che dovrebbero essere pubblicati oggi dal governo, l’impatto sul deficit di una serie di provvedimenti "una tantum" sparisce a partire dal 2025. Eppure su di esse resta l’impegno politico del governo al rinnovo per il 2025. Potrebbe costarci fino a 19 mld.