Guerra Israele, non solo il costo umano: oltre le vittime, spesi più di 100 miliardi

Soffre l'economia di Israele tra i costi per i sistemi di difesa e le spese militari. A soffrire di più sono comunque le imprese che operano nei settori dell'edilizia, dell'agricoltura, del turismo, dell'ospitalità e dell'intrattenimento

di Redazione Economia
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Israele, la guerra mette in ginocchio l'economia

La guerra in Medio Oriente ha un prezzo. Non solo in termini di vite umane, ma anche per le sue pesanti ripercussioni economiche. L'esempio più lampante, e attuale, sono i costi mostruosi sostenuti da Israele dall'inizio del conflitto, spese che si aggirano tra i 67 miliardi e i 120 miliardi di dollari, pari a quasi il 20% del Pil di Tel Aviv.

Secondo quanto riportato da Adnkronos, la stima dei costi diretti si divide in due categorie principali: le spese militari e i costi per i sistemi di difesa. La banca centrale israeliana, in un rapporto di agosto, aveva già calcolato il costo del conflitto per il periodo 2023-2025 a circa 67 miliardi di dollari, di cui 32 miliardi destinati unicamente alle spese militari. A questa cifra si aggiungono 10 miliardi per supportare i circa 100.000 israeliani costretti a evacuare le loro case nei pressi della Striscia di Gaza e del confine libanese, oltre a 6 miliardi per la riparazione dei danni causati dai razzi di Hamas e Hezbollah.

Una delle principali voci di costo sono soprattutto i sistemi di difesa, come l'Iron Dome, progettato per intercettare i razzi nemici. Ogni missile intercettato dall'Iron Dome ha un costo di circa 50.000 dollari, mentre i missili del sistema Fionda di Davide costano circa 1 milione di dollari ciascuno. Non da meno, i missili Arrow, progettati per affrontare minacce a lungo raggio, ammontano a circa 3,5 milioni di dollari ciascuno.

Migliaia di aziende israeliane, infatti, si sono ritrovate al palo, soprattutto perché i riservisti hanno dovuto imbracciare le armi. Circa 287.000 israeliani, riferisce il 'Washington Post', sono stati infatti chiamati a prestare servizio dopo il 7 ottobre, un numero particolarmente importante in un paese di meno di 10 milioni di abitanti.  CofaceBdi, a luglio, ha stimato che 46 mila aziende israeliane hanno chiuso a causa del conflitto in corso e ha previsto che entro la fine dell'anno il loro numero potrebbe salire fino a 60 mila (nel 2020 con il Covid circa 76 mila imprese erano state costrette a chiudere mentre in un anno normale il numero di imprese costrette a chiudere si aggira intorno a 40 mila).

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"Non c'è un settore dell'economia che sia immune dalle ripercussioni della guerra in corso", aveva spiegato al 'Times of Israel' il Ceo di CofaceBdi, Yoel Amir. A soffrire di più sono comunque le imprese che operano nei settori dell'edilizia, dell'agricoltura, del turismo, dell'ospitalità e dell'intrattenimento. In questo contesto è ovvio contare anche il crollo del turismo di oltre il 75%. E le ripercussioni si fanno sentire anche sui dati della crescita. S&P ha rivisto al ribasso la sua stima del pil: nel 2024 la variazione dovrebbe essere nulla (contro +0,5% stimato in precedenza) mentre nel 2025 dovrebbe tornare a crescere del 2,2% (contro +5% stimato in precedenza). 

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