Hoffman (Bsh Italia): "Siamo un Paese tradizionalista e risparmiatore"
Il ceo di Bsh Italia: "La leva del prezzo rimane la più importante. Ma qualche scatto d'innovazione iniziamo a registrarlo"
Hoffman (Bsh Italia): "Siamo un Paese tradizionalista e risparmiatore"
“L’Italia? Un mercato tradizionalista con ‘picchi’ d’innovazione”. Enrico Hoffmann, ceo di Bsh Italia, racconta in esclusiva ad Affaritaliani.it quali sono le peculiarità del nostro Paese, che vive con particolare interesse (e un eccessivo sospetto) tutto ciò che riguarda la cottura e la processazione del cibo. Per questo, di fronte a innovazioni realmente forti come nel caso del forno capace di cuocere in autonomia le pietanze o il piano alimentato a idrogeno la domanda sorge spontanea: saranno capaci gli italiani di percepire il cambiamento? O saranno più preoccupati di mantenere quella tradizione culinaria che spesso si sostanzia nell’incapacità di guardare oltre? A queste, e a molte altre domande, ha risposto il ceo di Bsh Italia.
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Hoffmann, quando si parla di cibo noi italiani siamo dei veri rompiscatole. Che tipo di mercato è quello del nostro Paese?
Il grande vantaggio del mercato nostrano è che è più resiliente e più stabile, anche a livello economico, rispetto a quello di altri Paesi. E questo ci aiuta. Parlando delle sfide, invece, la principale è che c’è un sistema molto frammentato nel mondo dell’arredo: in Italia abbiamo 11mila rivenditori, mentre se guardiamo la Germania, che ha un volume doppio, troviamo solo 7mila rivenditori. Un’altra particolarità del mercato italiano è quella del costo, visto che il prezzo medio che il consumatore spende per un elettrodomestico è più basso della media europea. Il che rende più complesso far capire il valore dei nostri prodotti.
Siamo un Paese tradizionalista?
Ci sono Paesi e culture un po’ più all’avanguardia, che seguono molto più velocemente dei trend nuovi e sono anche più aperti a cambiare le cose. Da quel punto di vista il mercato italiano è un po’ più tradizionalista, ma quando riusciamo a trasmettere in maniera concreta il valore del cambiamento, allora il consumatore si mostra attento come e più che nel resto d’Europa. Faccio un esempio in cui l’Italia è all’avanguardia: prendiamo i frigoriferi, dove nell’incasso lo standard era 60 x178 cm, che si traduce in uno spazio all’interno non soddisfacente. Per questo il consumatore comprava frigoriferi a libera installazione più grandi. Quando un nostro competitor, in collaborazione con Scavolini, ha prodotto un frigorifero da incasso da 75 cm, c’è stata una vera rivoluzione. E l’Italia è leader: questo significa che quando il valore è concreto, il consumatore capisce la trasformazione ed è pronto ad abbracciarla, con crescite anche del 30-40%. E oggi la Germania insegue.
Quanto è importante la leva del prezzo?
Negli ultimi due-tre anni abbiamo assistito al ritorno dell’inflazione. Il che significa che se il consumatore ha meno soldi in tasca cerca di risparmiare, il che si traduce in una maggiore attenzione sulla leva del prezzo, con il mercato che si sta spostando verso una fascia di riferimento più bassa. Eppure, se riuscissimo a trasmettere l’importanza dell’esperienza e della convenienza “spalmate” negli anni di vita di un elettrodomestico migliore e quindi con maggiore durata possibile, potremmo far capire rapidamente come la convenienza non risieda nell’acquisto di un elettrodomestico di fascia bassa.
Il Covid ha riportato indietro le lancette mostrando l’importanza del cibo a casa. È ancora così o quel trend si è già esaurito?
Il Covid ha cambiato le nostre vite, anche se vedremo solo nei prossimi due o tre anni se si è trattato di un trend momentaneo o di un cambiamento definitivo. Il consumatore ha riscoperto l’importanza degli elettrodomestici, ma adesso siamo rientrati in una fase più normale, anche se di certe esperienze non ci si dimentica. Spero che questa rivalutazione del prodotto possa valere anche per il futuro.
Ultima domanda: in molti comparti si parla di “second hand economy”, cioè il mondo dell’usato. Negli elettrodomestici?
Il mercato dell’usato, al momento, non ha ancora una soluzione scalabile. Stiamo portando avanti dei progetti pilota, è un trend che vediamo e che si sposa bene con una società più sostenibile. Ma al momento, specie in Italia, non è ancora a livelli degni di nota.