I dipendenti "inesistenti" di Bio-On: "La società non era una scatola vuota". La lettera esclusiva

La lettera dei dipendenti di Bio-On in esclusiva

di redazione economia

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La lettera dei lavoratori "inesistenti" di Bio-On. Esclusiva Affaritaliani.it

Un tempo fiore all'occhiello nel settore delle biotecnologie, una storia come quella di Bio-On non si sente tutti i giorni. Fondata nel 2007, l'obiettivo della società fondata da Marco Astorri e del suo partner Guy Cicognani era quello di rivoluzionare il mondo della plastica attraverso lo sviluppo di biomateriali totalmente biodegradabili.

Visto l’enorme potenziale, l’idea attirò l'interesse di molti investitori trasformando la startup nel leader nel mercato emergente delle alternative ecologiche alla plastica tradizionale, fino ad arrivare in poco tempo alla capitalizzazione in Borsa di 1 miliardo di euro.

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Ma nonostante i successi, la traiettoria ascendente di Bio-On subì una brusca interruzione nel 2019, quando un report di un fondo di investimento statunitense accusò l'azienda di pratiche commerciali ingannevoli e irregolarità contabili, sollevando inoltre dubbi proprio sulla reale esistenza di un modello di business, oltre che della società stessa e dell’intero indotto a essa collegato.

Le conseguenze furono devastanti: il valore delle azioni crollò, la fiducia degli investitori svanì e la magistratura italiana intervenne con un'inchiesta. Le indagini confermarono irregolarità, culminando nella sospensione della quotazione in borsa e, poco dopo, nella dichiarazione di fallimento.

In esclusiva, Affaritaliani.it è potuto entrare in possesso di una lettera scritta proprio da quei dipendenti di Bio-On, la quale esistenza (e ovviamente lavoro) è stata messa in dubbio fino al loro (reale) licenziamento culminato con il fallimento della società.

Lettera dei dipendenti Bio-On

Siamo un gruppo di ex dipendenti della società BIO-ON, gli stessi dipendenti che hanno perso posto di lavoro e gli stipendi, gli stessi che hanno passato notti insonni a chiedersi il perché fosse accaduto tutto questo.

Leggiamo sulla stampa e in rete quanto emerge dal processo Bio-On, e nello specifico facciamo riferimento ad alcuni passaggi della recente requisitoria dei Pubblici Ministeri.

Sono passati ormai 5 lunghi anni da quei fatti, ma oggi apprendere che i PM sostengono ancora che “l’azienda non esisteva, che era una scatola vuota, che non c’erano tecnologie”, risveglia in pieno il malessere di quei giorni.

Ricordiamo bene quella mattina, c’era entusiasmo tra di noi, perché il prodotto dedicato alla cosmesi stava raggiungendo il target di qualità richiesto. Eravamo sulle linee produttive quando di buon’ora sono arrivati gli agenti della Guardia di Finanza, loro stessi stupiti perché noi si stava lavorando, e per quello che stavamo facendo, visto che l’ipotesi dei magistrati (che a quanto pare perdura inspiegabilmente ancora oggi nonostante mille prove contrarie…) e che l’azienda fosse una “scatola vuota”.

Abbiamo fermato lo Stabilimento, e abbiamo lasciato nei magazzini diverse tonnellate di quel “niente”, quello stesso niente che per noi significava però molto.

Non vogliamo entrare in merito alle vicende processuali, che non ci riguardano, ma chiediamo solamente che non venga sistematicamente screditato il nostro lavoro: crediamo in quello che abbiamo fatto con notevole sacrificio e impegno, e auspichiamo che il pianeta venga presto invaso da quel “niente”, un niente che - secondo il parere non nostro, ma di illustri scienziati - potrebbe fare la differenza dal punto di vista ambientale per il mondo intero.

*Stefano Conti, in rappresentanza di un Comitato di ex-dipendenti dell’azienda BioOn

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