Il testo unico bancario, trent'anni dopo

Bankitalia/ Il governatore Fabio Panetta è intervenuto in occasione del Convegno giuridico a Roma per celebrare il trentennale dell'introduzione del Testo Unico

di Fabio Panetta, Governatore della Banca d'Italia
Economia

Bankitalia, ecco l'intervento del governatore Panetta al convegno giuridico "A 30 anni dal Testo unico bancario (1993-2023): the test of time"

"Sono lieto di introdurre la prima giornata del convegno dedicato al trentennale dell’adozione del Testo unico bancario. La seconda si svolgerà presso l’Università di Roma Tre, a testimonianza del rilevante contributo che l’Accademia offre alla riflessione in campo bancario. L’iniziativa odierna è stata preceduta da tre incontri ospitati dalle Università di Palermo, Venezia Ca’ Foscari e Napoli Parthenope. Gli incontri hanno visto un’intensa discussione sui modelli di attività delle banche, sulla vigilanza di tutela e sui rapporti tra supervisione e gestione delle crisi bancarie. Il dibattito svolto sin qui consente alcune riflessioni sull’evoluzione della normativa bancaria e sui suoi possibili sviluppi. Il Testo unico bancario, introdotto nel 19931 , inglobò il decreto di recepimento della seconda direttiva banche, unitamente a norme sulla trasparenza dei servizi bancari e sul credito al consumo.

Esso confermò la vigilanza della Banca d’Italia sulle banche, stabilendo che le autorità creditizie nazionali esercitassero i propri poteri in armonia con l’ordinamento europeo. Introdusse inoltre un’embrionale sorveglianza sui sistemi di pagamento, al fine di assicurarne l’efficienza e l’affidabilità. Le scelte del legislatore italiano si inserivano in un ordinamento europeo rinnovato, che con il Trattato di Maastricht aveva istituito l’Unione economica e monetaria e attribuito al Sistema Europeo di Banche Centrali (SEBC) la responsabilità della politica monetaria comune, oltre che il compito di promuovere il regolare funzionamento dei sistemi di pagamento. Il Trattato prevedeva inoltre la facoltà, esercitata vent’anni dopo, di attribuire alla Banca centrale europea (BCE) compiti di vigilanza prudenziale, mantenendo il legame tra le funzioni di banca centrale e quelle di vigilanza. Da noi tale scelta fu riaffermata dal Testo unico bancario. Il Testo unico determinò una semplificazione normativa senza precedenti, riordinando un insieme di leggi che si erano andate stratificando nel tempo.

Esso realizzò una netta delegificazione della disciplina bancaria ed estese il campo di intervento normativo delle autorità creditizie. Indicò le finalità della vigilanza, cui ancorare l’attività della Banca d’Italia e delle altre autorità creditizie, superando la neutralità della legge bancaria del 1936. Il tessuto normativo è stato successivamente più volte adeguato sia mediante iniziative nazionali, quale la legge sul risparmio del 2005, sia attraverso interventi volti a conformare le regole nazionali a quelle europee – si pensi alla direttiva sui contratti di credito con i consumatori e a quella sui servizi di pagamento . Gli sviluppi recenti sono stati scanditi dalla reazione alla crisi finanziaria e dai relativi interventi da parte del legislatore dell’Unione. È in risposta alla crisi che fu istituito il Meccanismo di vigilanza unico a livello europeo (Single Supervisory Mechanism, SSM), il cd. primo pilastro dell’Unione bancaria, cui fece seguito la creazione del secondo pilastro – il Meccanismo di risoluzione unico (Single Resolution Mechanism, SRM).

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Il Testo unico si confronta oggi con questo assetto regolamentare e di vigilanza – su cui non mi soffermerò, essendo ormai la cornice del nostro lavoro quotidiano. Il Testo unico fa riferimento al sistema bancario nazionale, ma ha al tempo stesso un respiro europeo. Già nella prima formulazione, l’articolo 6, disponeva che “le autorità creditizie esercitano i poteri loro attribuiti in armonia con le disposizioni comunitarie, applicano i regolamenti e le decisioni della Comunità europea e provvedono in merito alle raccomandazioni in materia creditizia e finanziaria”. Pur in presenza di rilevanti eccezioni, quali le disposizioni sulla liquidazione coatta amministrativa e sugli intermediari non bancari, le norme di cui esso si compone sono oggi in buona parte di derivazione unionale, sebbene regolino i compiti di autorità creditizie nazionali e i rapporti tra di esse.

Da un lato, la Banca d’Italia è chiamata ad applicare norme dell’Unione direttamente efficaci, cosicché il peso delle disposizioni contenute nel Testo unico e della stessa vigilanza regolamentare, che tradizionalmente si esprime nelle nostre Istruzioni di vigilanza, risulta ridotto. Voglio ricordare che la Banca d’Italia incide sulla normativa bancaria europea contribuendo alla formazione dei Regulatory Technical Standards e degli Implementing Technical Standards dell’EBA e alla determinazione dei principi cardine della vigilanza bancaria in seno al Comitato di Basilea, che vengono poi tradotti in atti legislativi dell’Unione prima e nazionali poi. Dall’altro lato, la BCE è tenuta ad applicare, in esecuzione dei compiti affidati all’SSM, sia il diritto dell’Unione sia il diritto nazionale traspositivo di direttive – e pertanto anche il nostro Testo unico e la stessa normativa secondaria adottata dalle autorità creditizie, Banca d’Italia inclusa. Più in generale, l’istituzione dell’SSM e dell’SRM ha profondamente cambiato l’architettura della vigilanza e il sistema di prevenzione e gestione delle crisi, pur in assenza del terzo pilastro, relativo al sistema europeo di garanzia dei depositi. Come ho già rilevato, il Testo unico include la disciplina della liquidazione coatta amministrativa, che è invece interamente nazionale e rappresenta un modello che nel tempo ha dato prova della sua efficacia.

Si pensi alla possibilità per i commissari liquidatori di cedere attività, passività, rami d’azienda, beni e rapporti individuabili in blocco: si tratta di uno schema ben presente agli stessi estensori della Bank Recovery and Resolution Directive quando hanno introdotto lo strumento della vendita dell’attività di impresa. In sede europea si sta lavorando al fine di armonizzare le procedure di insolvenza bancarie dei singoli paesi membri, qualora non venga applicato il meccanismo della risoluzione. Si tratta di una materia delicata, con impatti diretti sulla valutazione dell’interesse pubblico alla risoluzione affidata al Single Resolution Board. E sulla quale il Testo unico ha molto da dire. Qualche parola nell’ottica dei possibili futuri sviluppi della legislazione bancaria. L’attualità e il ruolo del Testo unico dipenderanno dalla velocità del processo di integrazione europea, anche in settori finora non completamente armonizzati e che tutt’oggi trovano in esso la principale fonte normativa. Ci si può chiedere se in prospettiva il nostro Testo unico possa rappresentare un modello per la costruzione di un testo unico bancario europeo. Si tratta di una questione non semplice, in quanto in Europa le fonti della legislazione bancaria risultano assai complesse a causa della loro elevata eterogeneità (non solo regolamenti, ma anche direttive, che necessitano in quanto tali di essere trasposte) e dell’ampiezza della produzione normativa, che comprende fonti sia legislative sia di rango più propriamente regolamentare6 . In tale prospettiva, le direttrici che hanno ispirato il nostro Testo unico offrono un utile esempio.

Ad esempio, la semplificazione del quadro normativo e il necessario riordino della vasta normativa bancaria europea secondo uno schema di suddivisione delle materie (autorità, attività e soggetti vigilati, vigilanza, gestione delle crisi, trasparenza, sanzioni) potrebbero seguire la ripartizione contenuta nel Testo unico. La semplificazione richiede di ridurre le divergenze nazionali e di definire in che misura la disciplina bancaria contenuta in direttive possa essere trasformata in regolamenti dell’Unione. I vantaggi sarebbero significativi e riguarderebbero sia la BCE, che potrebbe applicare le stesse regole alle banche sottoposte alla propria vigilanza, sia le autorità nazionali, che talora devono applicare norme e linee guida europee incoerenti con il quadro normativo nazionale. Un ulteriore esempio riguarda le finalità della vigilanza. L’articolo 5 del Testo unico introdusse trent’anni or sono la c.d. meta norma secondo cui: “Le autorità creditizie esercitano i poteri di vigilanza a esse attribuiti dal presente decreto legislativo, avendo riguardo alla sana e prudente gestione dei soggetti vigilati, alla stabilità complessiva, all’efficienza e alla competitività del sistema finanziario nonché all’osservanza delle disposizioni in materia creditizia”. Una norma analoga non dovrebbe mancare in un eventuale testo unico bancario europeo. È una essenziale forma di accountability a priori, che ispira l’azione discrezionale della Vigilanza ancorandola a obiettivi predeterminati dal legislatore. Il tema dell’accountability richiama infine quello del ruolo delle autorità europee in materia bancaria, dei loro rapporti reciproci, della loro relazione con le autorità nazionali che partecipano agli organi di supervisione europei.

Pure su questi temi sarebbe auspicabile – anche qui, sulla falsariga del TUB – un quadro di regole omogeneo per le autorità sia europee sia nazionali che individui i necessari presidi di indipendenza e gli obblighi di rendicontazione; che chiarisca i rapporti con le autorità europee e nazionali che presiedono ad altri segmenti del mercato finanziario (quali le autorità di mercato e di vigilanza sulle compagnie assicurative); che definisca le modalità di interazione con le autorità incaricate della lotta al riciclaggio, auspicabilmente incardinate in un quadro europeo di riferimento con al vertice l’istituenda Anti-Money Laundering Authority. Più difficile da seguire è il disegno del Testo unico in materia sanzionatoria. Al riguardo la CRD (Capital Requirements Directive) ha individuato, oltre alle key provisions meritevoli di sanzione, anche le misure amministrative e le sanzioni applicabili in caso di violazione di queste ultime. La direttiva lascia però discrezionalità agli Stati membri nell’individuazione sia dei precetti sanzionabili, che possono essere ampliati rispetto alle key provisions, sia delle forme di reazione a tali violazioni. Anche qui sarebbe auspicabile una armonizzazione, al fine di evitare disparità di trattamento dei soggetti vigilati. Il discorso diventa più complesso se ci si sposta sul terreno delle sanzioni penali, dove non vi è un’armonizzazione a livello di Unione.

I Trattati consentono tuttavia di individuare fattispecie penali europee per garantire un’attuazione efficace della politica dell’Unione nei settori, come appunto in quello bancario, in cui vi sia un’armonizzazione amministrativa a monte. Per concludere, quale impressione possiamo trarre dopo trent’anni dall’approvazione del Testo unico? Senz’altro quella di un legislatore lungimirante, che ha saputo definire uno strumento normativo adeguato allo spirito del suo tempo e in grado di coesistere con gran parte degli innesti normativi successivi. L’unione bancaria ha tuttavia fatto emergere temi con cui le legislazioni nazionali si devono confrontare. La vitalità del Testo unico dipenderà dal processo di armonizzazione europeo: quanto più si procederà nella direzione dell’armonizzazione massima delle regole e della vigilanza, tanto più esso sarà destinato a perdere centralità. Non si perderà invece la validità del modello immaginato trent’anni fa, frutto di un grande sforzo di semplificazione normativa e di delegificazione, volto a conferire completezza e centralità alla vigilanza cd. integrata. Un modello fin qui ampiamente promosso dalla prassi applicativa. Un riferimento e uno sprone per il futuro legislatore dell’Unione". 

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