Inclusione finanziaria, Italia al palo: 1 mln di famiglie senza conto in banca

Il rapporto "Inclusione finanziaria e microcredito" evidenzia la necessità di migliorare l'accesso dei italiani ai servizi finanziari di base e al credito

di Redazione Economia
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Un milione di famiglie italiane è escluso dai circuiti finanziari ufficiali: è boom al Sud 

Un numero sempre più preoccupante di famiglie italiane non possiede un conto bancario, con una percentuale elevata nel Mezzogiorno. È quanto emerge dal rapporto “Inclusione finanziaria e microcredito", presentato a Roma il 24 gennaio, a cura del Gruppo Banca Etica, c.borgomeo&co. e Rete Italiana di Microfinanza e Inclusione Finanziaria.

La recente chiusura di molte filiali bancarie ha aggravato e reso più difficile l'accesso ai servizi finanziari di base, specialmente per le imprese e le persone escluse dal sistema bancario, aumentando così il rischio di usura e andando ad intaccare i cittadini più vulnerabili. Nonostante il successo del microcredito nel 2022, con migliaia di prestiti erogati, il rapporto sottolinea la necessità di affrontare molteplici ed innumerevoli sfide, richiedendo un incremento nelle soluzioni essenziali, una maggiore sinergia tra banche tradizionali e istituzioni di microfinanza, e azioni mirate a prevenire le situazioni più critiche. La ricerca esamina numeri, scenari e strumenti, evidenziando il valore dell'inclusione promossa dalle banche etiche e l'espansione dell'offerta di microcrediti.

Il 4,4% delle famiglie senza conto corrente, Sud e isole indietro su mutui e prestiti

Dietro i numeri del rapporto si nascondono storie di migliaia di persone e di famiglie spesso in condizioni di estrema fragilità e che non hanno accesso a risorse economiche sufficienti. Sulla base dei dati sui bilanci delle famiglie di Banca d’Italia si riscontra che al 2020 ben il 4,4% delle famiglie italiane non possiede un conto di deposito di nessun tipo, cioè non ha accesso a strumenti finanziari di base, siano essi di risparmio o di pagamento. Ciò si traduce nella stima di circa 1,1 milioni di nuclei familiari totalmente esclusi finanziariamente, pari a 2,3 milioni di individui. Il dato aggregato è superiore alla media europea e diventa seriamente allarmante se si analizzano i dati regionali. Fra le famiglie finanziariamente escluse, il 78,2% vive nel Mezzogiorno. Se si prende poi in esame la quota di esclusione alla richiesta di mutui e prestiti (rifiuti e pratiche incomplete), il Sud del Paese e le Isole fanno segnare rispettivamente tassi del 43% e del 39%, a fronte di un dato nazionale del 21%, per una dinamica che si conferma anche leggendo i numeri della raccolta rispetto agli impieghi, con il Mezzogiorno che mostra una sperequazione tra le due voci, beneficiando solo del 15% degli impieghi contro un 19,2% di raccolta sul totale nazionale, richiamando dunque gli istituti di credito ad attuare processi di riequilibrio.
Ad evidenziare le difficoltà registrate da famiglie e imprese nell’accesso ai servizi finanziari interviene l’Indice di Inclusione Finanziaria elaborato da Banca Etica: nel 2021 si è registrato un peggioramento di ben 3 punti percentuali rispetto all’anno precedente. E le proiezioni sul 2022 prefigurano un ulteriore lieve calo dello -0,7% rispetto al 2021.

Chi resta fuori, nel deserto bancario

La permanente difficoltà di accesso al credito da parte dei cosiddetti soggetti non bancarizzati risente anche della crescente desertificazione bancaria: nel 2022 in Italia hanno chiuso 554 sportelli bancari (-2,6%). Quattro milioni di persone vivono oggi in un Comune senza alcuna filiale, 6 milioni in località con un solo sportello a disposizione (dati FABI e Osservatorio sulla desertificazione bancaria di First Cisl). Sono dati che fotografano una caduta verticale della presenza di presidi “istituzionali” del credito sui territori, peraltro sempre più interessati da forme rischiose e speculative di finanziamento (come la cosiddetta “cessione del quinto”, strumento talvolta utile, il cui impiego impone d’altro canto grande cautela) oppure rappresentati da società finanziarie borderline, attive ai margini del perimetro più vigilato e formalizzato. In un simile scenario, lavoratori precari e working poors, donne vittime di violenza diventano i target tristemente privilegiati dell’esclusione finanziaria. Sono d’altra parte crescenti anche i fenomeni di vera e propria espulsione dal sistema: una dilagante e sempre più allarmante situazione di sovraindebitamento, se non prontamente contrastata, è infatti destinata a espellere dal sistema finanziario milioni di persone, con il rischio di alimentare circuiti di finanziamento illegali legati alla criminalità organizzata.

Le risposte del microcredito e il nuovo assetto normativo

Una delle risposte a questa situazione può venire dal microcredito: la ricerca rileva come, nel corso del 2022 sono stati concessi microprestiti a 15.679 beneficiari, per un ammontare complessivo di quasi 214 milioni di euro, grazie al lavoro di promozione di 130 soggetti. Lo strumento, che nelle sue varie forme (microcredito produttivo; microcredito sociale; microcredito per gli studenti; microcredito antiusura) si presta a favorire l’inclusione finanziaria e il contrasto alla povertà, mostra peculiarità e limiti. Da un lato si registra una riduzione di impiego del microcredito sociale, dall’altro il microcredito d’impresa favorisce i giovani (la popolazione under 30 copre l’83% di questi finanziamenti nel 2022) ma non raggiunge la popolazione straniera e migrante (2%). E il divario di genere rimane: solo il 40% dei microcrediti erogati è diretto alle donne. 

Il 12 gennaio 2024, tramite Decreto Ministeriale, la normativa che regola gli operatori di microcredito ex art. 111 del TUB ha subito modifiche sostanziali. La più rilevante è senz’altro l’aumento dei massimali consentiti per il finanziamento di microcredito, portati fino a 75 mila euro (100mila euro per i crediti concessi a srl). Il microcredito è stato esteso, inoltre, alle imprese già in attività - non solo in fase di avvio e di sviluppo - e oggi include tra i finanziabili anche le piccole imprese con un massimo di 10 addetti. La normativa del microcredito sociale e i sistemi di provvista finanziaria agli operatori non sono stati invece oggetto di quelle revisioni che sarebbero necessarie per uno sviluppo organico ed effettivo del settore, ma le implicazioni del nuovo assetto sono comunque molteplici e saranno oggetto di analisi e iniziative dedicate da parte della Rete Italiana di Microfinanza.

Le strade per frenare l’esclusione: educazione finanziaria, microcredito e sinergie con le banche

La ricerca, riporta altre analisi di dati e di scenario, riflessioni e confronti con il panorama dell’accesso ai servizi finanziari in diversi Paesi, e propone anche quali strade andrebbero battute maggiormente per modificare gli andamenti negativi. Innanzitutto quella dell’azione capillare di prevenzione: l’educazione finanziaria è infatti la premessa per rafforzare le capacità di scelta e di gestione delle risorse finanziarie da parte delle famiglie e delle imprese. In secondo luogo quella dello sviluppo di strutture sul territorio in grado di riconoscere le problematiche legate al fenomeno di sovraindebitamento (difficoltà sociali, economiche e psicologiche) per orientare la persona verso i servizi di assistenza più adatti. Infine, favorire la predisposizione di strumenti finanziari e legali che possano condurre verso la risoluzione del problema: in alcuni casi con la ristrutturazione della posizione debitoria, in altri attraverso una procedura di cancellazione del debito come previsto dalla normativa italiana. 

A ciò si aggiunge l’opportunità di rafforzare le relazioni tra attività bancarie tradizionali ed enti di microcredito, nonché di garantire il pieno inserimento del tema nella strategia degli stessi istituti bancari e di potenziare i servizi non finanziari di formazione, coaching e mentoring. E si segnala infine, l’esperienza delle banche etiche (Banca Etica in Italia è la prima e l’unica di questo genere), che mostrano come gli istituti di credito possano veicolare la raccolta di risparmio verso progetti mirati e verso attori dell’economia sociale che supportano le persone in condizioni di fragilità, favorendo così percorsi di prevenzione dei default.

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