Inflazione all'1,8% nel 2023: Lagarde resta "colomba". La Bce non segue la Fed

"Due terzi dei forti rialzi a breve dell'aumento dei prezzi dovuti alla componente energetica", spiega il presidente Lagarde per spiegare le scelte della Bce

di Andrea Deugeni

Christine Lagarde
Economia
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Confermata la fine del Pepp a marzo 2022 con una riduzione degli acquisti nel prossimo trimestre, ma potenziato il ritmo del Qe ordinario (App)

Inflazione ancora attesa sotto il target del 2% nel medio termine (all’1,8% nel 2023). Certo, sarà sopra il 2% nel corso di gran parte del 2022, ma risulterà progressivamente in calo nel corso dei prossimi 12 mesi dopo la fiammata del 4,4% di novembre di quest’anno. La Bce, così, non segue la Federal Reserve e resta “colomba”, confermando, come annunciato e da attese, la fine del programma pandemico di acquisti di titoli (Pepp) a fine marzo 2022, ma dicendosi pronta a riavviare il Pepp qualora un nuovo shock pandemico si ripresenti, allungando l’orizzonte temporale dei reinvestimenti degli acquisti effettuati almeno fino a fine 2024 e contemporaneamente alzando dal secondo trimestre e nel terzo trimestre, all’interno del più strutturale e ordinario quantitative leasing (Asset Purchase Programme), il ritmo quantitativo (da 20 miliardi mensili) di acquisti netti rispettivamente a 40 e a 30 miliardi (per una dote aggiuntiva di 90 miliardi di euro). Per tornare poi agli originari 20 miliardi al mese da ottobre 2022.

Contemporaneamente, poco prima di terminare, gli acquisti settimanali del Pepp proseguiranno a un ritmo inferiore rispetto a quanto avvenuto fino ad ora nel primo trimestre del prossimo anno. Nessun rialzo dei tassi all’orizzonte, con il costo del denaro ancora congelato

Mentre sull’altra sponda dell’Atlantico, la Federal Reserve ha posto le basi per una serie di aumenti dei tassi di interesse a partire già dalla prossima primavera (complessivamente di almeno tre quarti di punto percentuale nel 2022), completando un'importante svolta politica che ha mostrato una preoccupazione molto maggiore per il potenziale che l'inflazione rimanga alta rispetto a quanto avvenga in Europa, la banca centrale guidata da Christine Lagarde invece ha ribadito (votazione a larga maggioranza, "pochi i contrari": che secondo i rumors sono l'austriaco Robert Holzmann, il belga Pierre Wunsch e il tedesco Jens Weidmann, al suo ultimo consiglio) una visione poco allarmistica sulle prospettive dell’andamento dei prezzi e ha indicato che il processo di “exit strategy” si svolgerà in maniera graduale, dopo anni di politica ultra-espansiva. Nessuna stretta in vista sui tassi.

Anche perché "Stati Uniti e l'Europa sono due universi e due ambienti diversi" e quindi "non bisogna dare per scontato che una misura decisa dalla Fed possa essere prese anche dalla Bce", ha sottolineato la Lagarde nella consueta conferenza stampa dopo l'ultima riunione del Consiglio direttivo di quest'anno (la prossima è in calendario il 3 febbraio).

(Segue: cos'ha detto Christine Lagarde in conferenza stampa e la reazione dei mercati) 

“L’incertezza per le nuove varianti ci impone di restare flessibili, ma la robusta ripresa che rallenterà fino a inizio 2022, ma che registrerà una nuova accelerazione nel corso del prossimo anno, grazie alla forza della domanda interna, ci consente di ridurre gli acquisti di asset”, ha aggiunto.

Gli economisti dell’Eurotower hanno rivisto al rialzo le stime di crescita del Pil dell’Eurozona per quest’anno e nel 2023, ma in calo per i prossimi 12 mesi. Quest’anno, l’economia di Eurolandia è attesa espandersi complessivamente del 5,1% (dal 5%), del 4,2% nel 2022 (dal 4,6%) e del 2,9% nel 2023 (dal 2,1%). Entra nell'orizzonte temporale il 2024, anno per il quale gli esperti Bce si attendono una crescita del Pil pari all'1,6%.

Per quanto riguarda l’inflazione, invece, Francoforte si attende una crescita annua dei prezzi pari al 2,6% nel 2021, al 3,2% nel 2022 e all'1,8% nel 2023 che ha spinto Lagarde a non seguire la svolta della Fed proiettata invece verso una stretta nella propria politica monetaria. Nel precedente esercizio di novembre gli esperti della Bce avevano previsto una crescita dell'inflazione pari al 2,2% nel 2021, all'1,7% nel 2022 e all'1,5% nel 2023.

"L'inflazione è aumentata notevolmente a causa dell'impennata dei prezzi dell'energia e anche perchè la domanda sta superando l'offerta limitata in alcuni settori. L'inflazione dovrebbe rimanere elevata nel breve termine, ma dovrebbe diminuire nel corso del prossimo anno", ha spiegato sul tema la Lagarde, sottolineando come le prospettive sulla crescita dei prezzi "sono state riviste al rialzo, ma si prevede ancora che l'inflazione si stabilizzi al di sotto del nostro obiettivo del 2% nell'orizzonte di proiezione". 

"Le stime sull'inflazione per il 2022 - ha aggiunto ancora - sono significativamente più alte, ma le previsioni fornite dallo staff Bce sono la somma delle stime di tutte le banche centrali nazionali, quindi la differenza deriva anche dagli input ricevuti".

Oltre alle strozzature delle catene di approvvigionamento che stanno tuttavia dando qualche segnale di miglioramento, Lagarde ha spiegato come "circa 2/3 dell'inflazione prevista per il 2022 (al 3,2% dall'1,7% atteso a settembre) deriva dai prezzi dell'energia che non possono essere previsti con molta accuratezza per questioni geopolitiche e livelli di domanda che era difficile prevedere a questi livelli oltre che per l'impatto del climate change. Molti Paesi che producono energia eolica - ha sottolineato - hanno dovuto far ricorso quest'anno al gas. In ogni caso, rileviamo un ritardo lievemente minore delle forniture".

In definitiva, "un aumento dei tassi di interesse nel corso del 2022 (come farà invece la Fed, ndr) rimane molto improbabile, come abbiamo detto in precedenza e questo rimane vero ma le nostre azioni sono guidate dai dati e quindi li valutiamo ogni volta che si rendono disponibili". Infine, la numero uno si è mostrata fiduciosa sulla congiuntura economica, perché "la variante omicron potrebbe frenare la domanda e anche indebolire l'offerta. Ma "nel complesso, la società è migliorata nel far fronte alle ondate di pandemia e ai conseguenti vincoli".

Dopo le prime indicazioni arrivate dalla Bce su tassi, Pepp, inflazione, Piazza Affari rallenta. Il Ftse Mib sale dello 0,75%, quando prima della Bce si muoveva sopra un punto percentuale. Ritracciano dai massimi della mattinata anche gli altri principali indici del Vecchio Continente anche se restano tutti in deciso progresso: il Cac40 di Parigi guadagna l'1,19%, il Dax40 di Francoforte l'1,39%, l'Aex di Amsterdam l'1,67% e l'Ibex35 di Madrid l'1,59%.

Spread in allargamento invece sul secondario e balzo dei rendimenti. Il differenziale fra i Btp decennali e i Bund tedeschi di pari durata ha toccato quota 140 punti base per poi rientrare poco sopra la soglia dei 130. In forte risalita, all'1,01%, il rendimento, che in apertura era invece in calo allo 0,90% dallo 0,92% del riferimento della vigilia.

@andreadeugeni