Jobs Act, Corte Costituzionale: "Licenziamenti collettivi non illegittimi"
La legge voluta dal governo Renzi ha ridotto in modo significativo le tutele che spettano ai lavoratori illegittimamente licenziati
Jobs Act, secondo la Corte Costituzionale sono legittime le norme sui licenziamenti collettivi
Il Jobs Act, in merito alla normativa sui licenziamenti collettivi, è stato dichiarato legittimo dalla Corte Costituzionale, che ha respinto le contestazioni sulla sua costituzionalità, pur evidenziando la necessità di una revisione generale della materia. La decisione deriva da un’azione della Corte d’Appello di Napoli, che aveva messo in discussione la regolamentazione dei licenziamenti collettivi, in particolare per quanto concerne le ripercussioni della mancata osservanza dei criteri di selezione dei dipendenti in esubero. La Corte ha precisato che, attualmente, in caso di licenziamento, il lavoratore ha diritto a un risarcimento economico, ma non alla reintegrazione nel posto di lavoro.
La normativa di delega aveva escluso la possibilità di reintegrare nel posto di lavoro i dipendenti licenziati per motivi economici, assunti con contratti a tutele crescenti a partire dal 7 marzo 2015. Invece, è stato introdotto un sistema di compensazione economica, limitando la reintegrazione nel posto di lavoro esclusivamente ai casi di licenziamenti nulli, discriminatori, o in alcune situazioni specifiche di licenziamento disciplinare ingiustificato.
Jobs act al vaglio
Il Jobs act torna ancora una volta al vaglio della Corte costituzionale: domani 23 gennaio, in udienza pubblica, i giudici della Consulta saranno chiamati ad esaminare una questione di legittimità, sollevata dalla Cassazione, relativa a uno degli articoli (art.2, comma 1) contenuti nel decreto legislativo 23/2015 - attuativo della riforma approvata nel 2014 - nella parte in cui, "nell’individuare il regime sanzionatorio per i licenziamenti nulli, limita la tutela reintegratoria ai casi di nullità 'espressamente previsti dalla legge'. Il caso da cui è scaturita la trasmissione degli atti alla Consulta riguarda un licenziamento dichiarato nullo dalla Corte d'appello di Firenze: la Cassazione, con l'ordinanza depositata lo scorso aprile dalla sezione lavoro, ha ritenuto "rilevante" e "non manifestamente infondata" la questione con riferimento all'articolo 76 della Costituzione (relativo all'esercizio della delega).
Tra le altre questioni che la Corte è chiamata ad esaminare, quella su un articolo del decreto legge Pnrr, come convertito, che ha che ha previsto, tra l’altro, la nomina di un Commissario straordinario per la realizzazione degli interventi relativi all’organizzazione dei Giochi del Mediterraneo di Taranto 2026.
In camera di consiglio, invece, i giudici costituzionali affronteranno la questione, sollevata dal tribunale di Torino, inerente un punto della legge sulle unioni civili del 2016, in cui si prevede che “la sentenza di rettificazione di attribuzione di sesso determina lo scioglimento dell’unione civile tra persone dello stesso sesso”, senza, si osserva nell'ordinanza di rimessione, "alcuna possibilità di conversione in matrimonio previa dichiarazione congiunta dell’attore e dell’altro contraente l’unione in caso di accoglimento della domanda di rettificazione, senza soluzione di continuità con il precedente vincolo".
Borghi dichiara: "Non era illegittimo, sinistra Pd lo riconosca"
"La critica serrata al 'Jobs act' fu - insieme con la polemica contro la 'Buona scuola' e la riforma costituzionale - la punta di lancia della battaglia lanciata dalla sinistra Pd contro la leadership e le politiche riformiste del governo Renzi. Si sostenne a piene mani, e in tutte le sedi, l’incostituzionalità del Jobs act, argomento talmente pervicace da essere impiegato dalla stessa componente politica e dai suoi esponenti per anni, fino alla recente campagna elettorale del 2022. Ora la Corte Costituzionale sancisce che il Jobs act non era illegittimo, e tutta la vicenda si riassume per ciò che è stato: una battaglia di potere. Per il potere, non per gli ideali. Post scriptum: quella polemica bloccò sul nascere un partito riformista di massa, come il Labour. E aprì la porta al populismo e al sovranismo. Non si pretendono abiure, né scuse. Ma almeno il coraggio di riconoscere la verità". Lo scrive sui suoi social il senatore Enrico Borghi, capogruppo al Senato di Italia Viva.
Faraone (Iv): "I suoi oppositori hanno rallentato il Paese"
"Il Jobs act a detta della Cgil e di certa sinistra doveva produrre danni al Paese ed essere illegittimo". Lo scrive Davide Faraone, capogruppo di Italia viva alla Camera, a proposito della sentenza della Corte costituzionale sulla legittimità del Jobs act. "Invece ha dato una spinta eccezionale all’occupazione e oggi la Corte Costituzionale lo ha dichiarato legittimo. Gli oppositori del Jobs act, di industria 4.0 e di tutte le misure del governo riformista guidato da Renzi in materia di lavoro e imprese, non ne hanno azzeccata una. Alla fine hanno solo rallentato il Paese e ci hanno regalato la Meloni", conclude.