L'IA non ruberà il lavoro, ma se l'Ue non investe la Cina ci "invaderà"
Tra paure infondate, errori nell’approccio e pochi investimenti, i nodi da affrontare sull'intelligenza artificiale sono molti. L'intervista all'esperto
Intelligenza artificiale, l'intervista al professore del Politecnico Giuliano Noci
“L’IA non ruberà il lavoro agli italiani, questa isteria di massa deve finire”. A dirlo è il professor Giuliano Noci, prorettore del Polo Territoriale Cinese al Politecnico di Milano ed esperto di intelligenza artificiale. Interpellato da Affaritaliani.it, Noci ha le idee chiare sullo stato dell’arte di questa tecnologia: tra paure infondate, errori nell’approccio e pochi investimenti, i nodi da affrontare sono molti.
“Ogni qual volta che prende piede una nuova tecnologia, da sempre nel popolo si insinua un timore: perdere il lavoro”, spiega l’esperto. “Così sta avvenendo anche con l’intelligenza artificiale – che, specifichiamo, è quella generativa – ma gli italiani non hanno nulla da temere. È chiaro che, però, fino a che i media italiani parleranno solo dei potenziali aspetti negativi, senza esaltarne i pregi, il trend difficilmente cambierà”, continua.
“Il vero ruolo dell’IA sarà quello di supportare l’essere umano, non di danneggiarlo”, spiega Noci. “Grazie a questa tecnologia”, prosegue, “molte mansioni verranno eseguite senza il nostro impegno e ciò garantirà più tempo da dedicare invece al controllo qualità e allo sviluppo di nuove competenze”.
Un esempio di questo, seppur apparentemente lontano dall’IA, è ben rappresentato dal lavoro del trattorista. Oggi, facendo il giro del campo da seminare, è l’uomo a dover mantenere il veicolo dritto, sottraendo così la concentrazione necessaria per occuparsi di altre cose. Con l’IA, invece, il trattore seguirà da solo il tragitto designato, regalando al conducente più tempo da dedicare alla qualità del lavoro e a sviluppare nuove competenze”, spiega il professore del Politecnico. “Indubbiamente”, prosegue, “si tratta di una tecnologia rivoluzionaria che cambierà radicalmente il mondo lavorativo. Ma servono i giusti investimenti”, spiega.
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E più che perdere il posto, gli italiani – come gli europei – dovrebbero aver paura di venire “schiacciata” dagli altri player mondiali che, invece, hanno spinto l’acceleratore sul nuovo settore.
Nonostante il tema dell’IA sia diventato di rilevanza mondiale solo da poco tempo, si è già creato infatti un abisso di distanza tra i continenti per quel che riguarda il denaro investito. “L’Europa, in totale, ha puntato 10 miliardi di euro sul settore (di cui oltre il 50% provengono solo dalla Gran Bretagna). Una cifra ancora esigua in confronto ai 30 miliardi cinesi e dei 50 miliardi americani”.
“L’Ue, al posto che mettere soldi per far crescere il settore, si sta focalizzando sull’etica, accelerando sulla regolamentazione. Un qualcosa di inutile senza il comune accordo con Paesi ‘big’ come, appunto, Cina e Usa”, spiega Noci. “Un approccio totalmente sbagliato; di questo passo, l’Italia verrà invasa e diventerà una colonia di quei Paesi che invece hanno sviluppato il settore con i giusti investimenti; così come è successo con il settore del lusso, dove la maggioranza dei grandi marchi sono di proprietà di altri Paesi”, avverte. Sostanzialmente, l'Ue è protagonista dell'etica, ma è anche il fanalino di coda negli investimenti.
Ma come si stanno comportando, invece, americani e cinesi? “Gli Stati Uniti hanno un approccio totale verso il mercato, dunque di creare una macchina il più proficua possibile. Basti pensare che i due massimi rappresentanti dell’intelligenza artificiale generativa (ChatGtp e Google Gemini) sono entrambi americani. La Cina, invece, sta annunciando forti politiche industriali in modo da rendere l’intelligenza artificiale onnipresente nel Paese”, spiega.
Una differenza sostanziale nell’approccio, dunque. Ma se proprio dobbiamo parlare di regolamentazione ed etica dell’IA, il professore del Politecnico vede nel G7 un’occasione da non buttare. “L’Italia dovrà creare un tavolo per parlare, appunto, di regole. Il G7 è il momento giusto per sensibilizzare gli altri Paesi, in primis Cina e Usa, ma anche Arabia Saudita”, consiglia.
“Pensare troppo all’etica non è la strada vincente. Dobbiamo puntare a garantirci una fetta di questo nuovo florido mercato attraverso importanti investimenti, in modo da rimanere al passo con gli altri player mondiali. Altrimenti, il nostro destino sarà quello di diventare solo una colonia di qualcun altro”, conclude infine Noci.
Ma se per il professore del Politecnico l'intelligenza artificiale rappresenta un punto di svolta per l'umanità, c'è chi invece crede si tratti di un grande bluff. Come ha detto Noam Chomsky, tra i più importanti esponenti di filosofia e linguaggio, al New York Times, l'IA altro non è che un software di plagio perché "non crea nulla, ma copia opere esistenti, di artisti esistenti, modificandole abbastanza da sfuggire alle leggi sul copyright. Questo è il più grande furto di proprietà intellettuale mai registrato da quando i coloni europei sono arrivati nelle terre dei nativi americani".