L'Ue verso il suicidio, il lato oscuro dei dazi sulle auto elettriche cinesi

L'industria europea, proprio quella automobilistica in primis, dipende sempre più dai prodotti Made in China. Forse a nessuno conviene rompere...

Di Massimo Falcioni
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Il lato oscuro dei dazi europei sulle auto elettriche cinesi, economia verso il suicidio

Per l’Europa non c’è solo, a un tiro di schioppo poco più, la guerra in Ucraina con Putin che minaccia di tornare ai confini post 1945 e la guerra in Medio Oriente, non meno devastante sul piano umano, economico, politico. C’è, con un impatto pesante che va al di là del fatto specifico, il braccio di ferro dell’Europa con la Cina sui dazi delle auto elettriche.

Il 12 giugno scorso la Commissione europea ha introdotto dazi sulle importazioni europee di veicoli elettrici prodotti in Cina. Dal 4 luglio, dunque, sarà molto meno conveniente acquistare auto elettriche Made in China per i dazi dal 17% fino al 38,1% (oltre al 10% già in atto) sulle quattro ruote elettriche prodotte in Cina dove vengono realizzate anche tante auto “occidentali”, soprattutto in joint-venture.

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Le tasse imposte dall’Europa alla Cina sono una prima risposta “protezionistica” dell’Ue per proteggere i produttori del Vecchio continente dalla concorrenza del Dragone, ritenuta a dir poco “sleale”. Soprattutto perché il mercato automobilistico è “drogato”, date le costanti e consistenti sovvenzioni dello stato cinese all’industria automobilistica locale. Questione delicata che va oltre lo specifico settore dell’auto elettrica, con altri Paesi già intervenuti con l’introduzione di dazi anti Cina assai consistenti: dal 100 per cento in America al 40 per cento in Turchia.

Non sono questioni di lana caprina. Nel settore dei veicoli elettrici, secondo i dati della China Automobile Association, tra gennaio e maggio del 2024 la produzione e le vendite sono aumentate rispettivamente del 30,7 per cento (per un totale di 3,926 milioni di veicoli prodotti) e 32,5 per cento (pari a 3,895 milioni di veicoli venduti), con una quota di mercato che si avvicina al 34 per cento. Montagne di soldi, occupazione, spinta all’economia.

Oggi le importazioni europee dalla Cina sono in gran parte costituite da auto Tesla, Dacia e Bmw (secondo i dati di Transport & Environment), ma si prevede che i marchi cinesi potrebbero raggiungere l’11 per cento del mercato europeo dei veicoli elettrici già nel 2024 e il 20 per cento nel 2027.

Il futuro sui dazi automobilistici rischia di entrare in un tunnel senza via d’uscita. La Ue cerca ancora una soluzione equilibrata. Anche perché la Cina ha già minacciato contro-dazi al 25% sulle auto Made in Europa e non solo. I nuovi dazi europei entreranno in vigore, come detto, dall’inizio di luglio, saranno retroattivi per tre mesi precedenti e avranno una durata di cinque anni.

Tuttavia, c’è un asterisco. Per diventare definitivi dovranno essere ratificati dagli stati membri dell’unione prima del 2 novembre 2024, cosa non scontata visti i dissensi interni, a cominciare da quella della Germania e della Norvegia che spingono per ridefinire un nuovo accordo Ue-Cina. In Europa, tante le aziende contrarie a questi dazi, da Bmw a Mercedes, Volkswagen, Stellantis, Ferrari. Le trattative sono aperte. Cosa accadrà?

A nessuno conviene rompere. Un suicidio soprattutto per l’Europa, oltre l’importanza del settore automobilistico, tenendo conto che gran parte dei prodotti acquistati oggi dagli europei sono Made in China. Intanto, giusto per dare un segnale di risposta ai dazi Ue sulle auto elettriche, la Cina ha dichiarato guerra alla carne suina esportata dai Paesi europei.

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Secondo i dati doganali, l’Ue rappresenta più della metà dei 6 miliardi di dollari di carne suina importata dalla Cine nel 2023, di cui circa un quarto proveniente dalla Spagna. Nella guerra commerciale tra Cina ed Europa sulla carne, a guadagnare sarebbero altri Paesi, a cominciare dal Sud America, dagli Usa e dalla Russia. Resta il fatto che quello dell’auto, relativamente ai veicoli elettrici, è solo uno dei settori in cui l’Ue, abbagliata dall’illusione del libero mercato, passa alla Cina non solo significative specifiche quote di mercato, ma non poco della realtà industriale europea, base della sua sicurezza economica e della sua democrazia.

L’industria europea, quella automobilistica in primis, dipende sempre più dai prodotti Made in Cina, fondamentali per le tecnologie verdi, per la transizione ecologica, a cominciare dai pannelli solari, veicoli elettrici, batterie per tali veicoli, turbine eoliche e così via in una logica che, se non modificata, può portare al suicidio economico, anticipatore di quello politico. Intanto, dopo le elezioni del 6-9 giugno scorso, a Bruxelles sono in tutt’altre faccende affaccendate: altro che auto cinesi!