La vendita di Inwit non basta: ora Tim punta alla cessione di Sparkle per risanare i conti e rilanciare il titolo

Titolo sotto pressione anche dopo la vendita di Inwit. A gennaio Tim aveva già rifiutato un’offerta del Mef di circa 750 milioni, considerandola insufficiente per la cessione di Sparkle

di Maddalena Camera
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Pietro Labriola ad Tim -

Economia

Dopo la vendita di Inwit, Tim si prepara a cedere Sparkle

E ora sotto con Sparkle. Dopo la vendita della quota residuale di Inwit, Tim, guidata dall'ad Pietro Labriola è ora concentrata sulla cessione di Sparkle sempre in ottica di riduzione del debito che, nonostante la vendita della rete per circa 18 miliardi di euro, resta, per le attività residue (fisso e mobile consumer e servizi alle imprese in Italia e Tim Brasil) comunque elevato, circa 8 miliardi di euro.  E infatti in Borsa il titolo resta comunque agganciato ai minimi ossia a 0,22 euro per azione, ossia come prima della vendita della rete. 

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La vendita della quota Inwit per 250 milioni al momento non ha portato rialzi al titolo che ha chiuso a -1,45%. Certo che ora il negoziato per Sparkle, che procede da alcuni mesi, potrebbe subire una accelerazione. Il Mef, ossia il governo che si propone come compratore per la società dei cavi sottomarini,  è affiancato da fondo di private equity Asterion che in Italia controlla già Retelit. Ma l'offerta che era prevista per il cda di Tim del 31 luglio scorso ancora non è arrivata. Tim valuta Sparkle circa miliardo di euro e, a gennaio, ha già rifiutato un’offerta da parte del Mef da circa 750 milioni, ma era stata giudicata insufficiente.

Sparkle gestisce circa 600 mila chilometri di cavi sottomarini in fibra e ha una presenza diretta in 33 paesi. A marzo, secondo Bloomberg, il tandem formato dal Tesoro e da Asterion aveva avanzato un'offerta migliorativa superiore a 800 milioni. Sparkle  ha un ruolo centrale nel progetto Blue Raman per  collegare l'Europa meridionale all’India passando per Israele, Giordania, Arabia Saudita, Gibuti e Oman, saltando il passaggio per il Mar Rosso giudicato troppo pericoloso.