Lavoro, Italia fanalino di coda in Europa per parità di genere
Nel nostro Paese il 67% dei lavoratori è uomo, mentre meno della metà è donna. Nei ruoli apicali la differenza di retribuzione è di migliaia di euro mensili
Lavoro, allarme per l'Italia: l'occupazione femminile è il 18% in meno rispetto a quella maschile
L'Italia ha davanti a sè una strada ancora lunga per colmare il gender gap occupazionale e salariale. Il Paese dovrà compiere nei prossimi anni uno sforzo collettivo immane. Basti pensare che le lavoratrici donne rappresentano meno della metà degli uomini, ovvero il 49% contro il 67%, un meno 18% sul totale. E a livello retributivo la situazione non è migliore: man mano che si sale di mansione il divario si allarga, per arrivare a disparità anche di migliaia di euro mensili nei ruoli apicali. Ma non solo. A ciò si aggiunge il peso ancora vivo dell'anno pandemico 2020 che ha bruciato 470mila posti di lavoro, di cui 275 mila occupati da figure femminili, ovvero una quota superiore del 58% rispetto agli uomini.
Un quadro allarmente fotograto dai dati diffusi oggi dall'Ufficio Studi di PwC Italia, che evidenziano come il gender gap sia una realtà tutt'altro che superata in Italia. "Nel 2020, sottolinea Alessandra Mingozzi, partner di PwC Italia - il calo dell'occupazione senza precedenti ha colpito maggiormente le donne: su un totale di 470mila posti di lavoro persi, 275 mila sono di donne ovvero una quota superiore del 58 per cento rispetto agli uomini. A livello retributivo la situazione non migliora: gli uomini percepiscono uno stipendio mediamente piu' alto dell'8 per cento rispetto a quelli delle donne".
"Guardando ai ruoli ricoperti in azienda - aggiunge Mingozzi - l'Italia insieme a Cipro e' il fanale di coda nella classifica europea: solo il 28 per cento dei manager è donna. A livello europeo la percentuale di donne in posizioni manageriali non supera il 50 per cento in nessuno degli Stati membri. Complessivamente nel 2019 soltanto un terzo dei manager dell'Unione Europea erano donne".
L'Italia si colloca infatti al 14° posto nella classifica del gender Equality Index stilata dall'European Institute for gender Equality (Eige), con un punteggio di 63,5 punti su 100, inferiore di 4,4 punti alla media europea. In Italia una donna percepisce una retribuzione mediana netta pari a 1.367 euro, ovvero di 110 euro in meno rispetto a un uomo, che ne guadagna in media 1.477.
"A livello retributivo - commenta Alessandra Mingozzi - il gender gap e' molto piu' penalizzante per le donne in posizioni apicali. I dati Inps purtroppo ci confermano che una donna dirigente in Italia percepisce in media 2.300 euro in meno al mese rispetto ad un suo collega di sesso maschile. E le differenze permangono su tutti i livelli, lo stipendio mensile delle donne e' inferiore rispetto a quello degli uomini: di 700 euro per le donne a livello di "quadro", 800 euro per le impiegate, 600 euro per le operaie e 160 euro per le apprendiste".
"Questi dati allarmanti - sottolinea Mingozzi - ci fanno riflettere sulla necessita' e urgenza di ridurre i divari occupazionali e retributivi con l'adozione di una strategia da parte delle aziende italiane mirata all'inclusione, supportata da piani d'azione specifici che mettano al centro le donne, valorizzandone la professionalita' e garantendone la parita' di trattamento sia di carriera che economico"
"Per invertire la tendenza che vede le donne in netto svantaggio sul piano lavorativo rispetto agli uomini, un segnale importante arriva dalle istituzioni: nel Pnrr sono infatti stati stanziati circa 40 miliardi di euro, volti a sostenere l'occupazione femminile che, stando agli obiettivi del Piano, entro il 2026 dovrebbe aumentare di 4 punti percentuali. Nello specifico l'occupazione femminile dovrebbe salire, sempre entro il 2026, nel Mezzogiorno del +5,5 per cento, mentre quella giovanile del +3,2 per cento. Ci auguriamo che la ripartenza italiana metta al centro del sistema le donne", conclude Mingozzi.