Lavoro: le Regioni sparano sul Reddito di Cittadinanza ma non assumono nei Cpi
Lavoro, Cpi: Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Lombardia, Molise, Piemonte, Puglia, Sicilia e Umbria a quota zero assunzioni nei Centri per l'Impiego
Lavoro: le Regioni sparano sul Reddito di Cittadinanza ma non assumono nei Cpi (Centro per l'impiego)
Tutto il centrodestra e un Renzi sempre più “salviniano” sparano a palle incatenate contro il Reddito di cittadinanza. “È come il metadone per i tossici” (copyright Giorgia Meloni). “Invece di creare lavoro sta creando problemi”, rincara appunto Matteo Salvini. Forza Italia è sulla stessa lunghezza d’onda, mentre da Italia Viva è un florilegio di stroncature. Uno per tutti, Ettore Rosato sentenzia: “Uno strumento sbagliato che non incentiva al lavoro”.
Ecco, incentivare al lavoro. Per farlo, al netto delle difficoltà oggettive poi create dalla pandemia, la legge istitutiva del Reddito (il decreto 4 del 2019) aveva previsto oltre un miliardo per ciascuno dei due anni - 2019 e 2020 - a favore dei centri per l’impiego: soldi trovati con la precedente Legge di Bilancio e da destinare sia all’adeguamento strutturale e tecnologico sia al rafforzamento del personale in termini di platea e di formazione. Il piano prevedeva 11.600 nuove assunzioni complessive sul triennio 2019-2021, con un obiettivo parziale di 7mila unità sui primi due anni.
Ebbene, le Regioni, che per il Titolo V sono titolari della competenza sulla formazione per il lavoro, l’anno scorso e quest’anno hanno assunto appena 950 dipendenti per gli uffici di reclutamento, quindi meno di un settimo rispetto al target previsto dalla norma. I dati sono arrivati dal ministero del Lavoro in risposta a una interrogazione della deputata lombarda del M5S Valentina Barzotti.
Scorrendo la tabella del riparto regionale, aggiornata al 31 marzo scorso, è ancora più interessante notare che Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Lombardia, Molise, Piemonte, Puglia, Sicilia e Umbria sono ad oggi ferme a zero. Nessuna assunzione. Guarda caso, si tratta di territori in grandissima parte amministrati dal centrodestra. Tra i virtuosi, si fa per dire, c’è invece il Veneto con 215 contratti su 606 autorizzati, la Sardegna con 150 (ma tre cessati) su 357, la Toscana con 142 (di cui uno cessato) su 643 e l’Emilia Romagna con 118 su 655. Spicca infine per lo zelo, anche se su numeri piccoli, la Valle d’Aosta: addirittura 23 unità reclutate contro le 22 autorizzate.
Dunque, da una parte si ritarda nell’ottemperare agli obblighi previsti dalla legge, peraltro finanziata. E dall’altra si spara politicamente ad alzo zero contro una misura che interessa oggi 1,18 milioni di nuclei familiari e 3,7 milioni di persone. La Sicilia, per fare un esempio, dopo Campania e Lombardia è la Regione che avrebbe più margini per rafforzare i Centri per l’impiego, con 1.246 assunzioni disponibili. Ancora, però, non si muove foglia e i sindacati, a livello territoriale, sono sul piede di guerra: “Non si sa nulla del bando. È tutto fermo”.
Morale? È difficile fare le politiche attive con governatori passivi. “L'emergenza che stiamo vivendo rende ancora più urgente la piena attuazione di questa riforma – spiega Barzotti – Per farlo, tutti, a tutti i livelli, devono collaborare. Non possiamo permettere che a farne le spese siano ancora una volta i cittadini”.