Leo (FdI): "Ecco le priorità economiche della coalizione di centro-destra"

La Legge di Bilancio "è un onere e un onore che tocca al nuovo esecutivo, ma vogliamo dialogare con l'opposizione"

di Marco Scotti
Maurizio Leo, responsabile economico di Fratelli d'Italia
Economia
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Intervista di affaritaliani.it a Maurizio Leo (responsabile econominco FdI): "Così finanzieremo la flat tax"

“La flat tax incrementale e quella al 15% per i ricavi fino a 100mila euro non sono antagoniste, ma alternative”. All’indomani della vittoria delle elezioni Maurizio Leo, responsabile economico di Fratelli d’Italia, racconta in esclusiva ad Affaritaliani.it quali saranno le prossime mosse del nascente esecutivo, quali le scadenze e, soprattutto, quali le priorità.

Leo, partiamo dalla stretta attualità: chi deve firmare la legge di Bilancio? E qual è l’iter che dobbiamo attenderci?
Prima della Legge di Bilancio serve ricevere la Nadef, la Nota di Aggiornamento al Def, che ci darà il quadro degli interventi che devono essere messi a consuntivo visto che di acqua sotto i ponti da aprile a ottobre ne è passata tantissima. Basti pensare all’incremento dei prezzi delle bollette, al protrarsi della guerra, all’inflazione. Una volta ricevuto questo documento si capirà l’entità della Manovra. Al momento le cifre che ballano sono diversissime, si va dai 20 ai 40 miliardi, impossibile fare previsioni.

Però la domanda sorge spontanea: se la Nadef è di competenza del governo uscente, a chi tocca mettere la firma sulla Legge di Bilancio?
Ci deve necessariamente essere un’interlocuzione con il governo uscente, ma è un onere e un onore che spetterà all’esecutivo entrante. Penso che su tematiche così rilevanti si debba avviare anche un dialogo con l’opposizione, siamo in un momento estremamente complicato.

Veniamo ai provvedimenti specifici: che cosa deve contenere la Legge di Bilancio targata centro-destra?
Prima di tutto la flat tax. Ne abbiamo in mente di due tipi che non sono antagonisti, ma alternativi. La prima è la flat tax incrementale, che potrebbe riguardare anche i dipendenti e non soltanto le partite iva. La seconda, invece, riguarda l’innalzamento del regime forfettario al 15% da 65 a 100mila euro. 

Dunque non c’è nessuno scontro in atto con i vostri alleati?
Abbiamo sempre trovato una posizione di sintesi, e sono certo che questo avverrà anche sulla flat tax. Ma ribadisco che le posizioni non sono per nulla confliggenti. Starà eventualmente al lavoratore scegliere per quale tipologia optare. 

Altre urgenze?
Dobbiamo alleviare il carico fiscale per gli incrementi salariali. Abbiamo la necessità di rifinanziare il cuneo fiscale, che scade a dicembre. Vogliamo introdurre una norma che consenta a chi assume maggiormente di pagare meno tasse, perché crea valore e lavoro ed è giusto che venga premiato. Si deve però anche trovare la quadra tra il calo di Ires che arriverebbe dall’impresa e l’incremento dell’aliquota Irpef per il dipendente. E poi c’è da lavorare sulle cartelle fiscali che arriveranno a breve agli italiani, dobbiamo portare avanti il progetto di pace fiscale.

Altra domanda che sorge spontanea: dove pensate di reperire le risorse? Tagliando il reddito di cittadinanza?
Si devono lasciare strumenti di assistenza a chi non può lavorare, non intendiamo certo togliere misure di sostegno. Ma se si riesce a fare in modo che assumere sia più vantaggioso, se garantiamo stipendi regolari per i lavoratori, senza più persone sottopagate, tutti ne beneficiano e non c’è più bisogno di uno strumento come il reddito di cittadinanza così esteso. Aumenta anche il gettito fiscale, quindi mi pare che si crei un circolo virtuoso.

Avete una strategia per abbattere l’evasione fiscale, che rimane tra le più alte d’Europa?
Certamente: in primo luogo vogliamo impiegare in maniera corretta le banche dati. E poi vogliamo sederci intorno a un tavolo con le aziende per realizzare una sorta di concordato preventivo per definire il reddito e liberare le imprese dalle incombenze.

Capitolo pensioni: come interverrete? Senza misure si torna alla Legge Fornero…
Prima bisogna vedere i conti e le risorse che potremo mettere in campo. Quello che è certo è che non si può tornare alla Fornero, questo è un tema che è già stato attenzionato. Parlare di soluzioni, oggi, è però prematuro.

Lo spread sale ma non per “colpa” vostra: l’accoglienza che i mercati hanno riservato alle elezioni è stata tutto sommato positiva. Non esiste più “l’incubo-Meloni”?
Abbiamo tutti dato un segnale, a partire dalla nostra presidente Giorgia Meloni, che saremo prudenti, responsabili. Uno scostamento di bilancio non è nei nostri obiettivi, lavoreremo con serietà senza creare turbolenze. Io ho un’esperienza di oltre 45 anni nel mondo dell’economia e della finanza, non faremo fughe in avanti. 

Infine veniamo a due grandi aziende: Ita e Tim. Per quanto concerne l’ex-Alitalia, la partita è chiusa o volete ancora entrarvi?
Direi che è chiusa. Ora bisogna trovare le risorse finanziarie, c’è bisogno di flussi per farla funzionare. Speriamo in bene, viene da dire. L’auspicio è che Certares accompagni gli interventi anche con un piano industriale. Intanto lo stato dovrà mettere 400 milioni, mentre il fondo dovrà metterne altri 350, con questa iniezione di finanza ci vuole un progetto serio.

E per quanto riguarda Tim?
Su questo invece la partita è ancora apertissima. C’è un discorso che riguarda la separazione della rete, ma bisogna vedere qualche passaggio. Da quello che sembra si sposterebbero su Open Fiber il debito e i dipendenti, mentre a Tim potrebbero restare i servizi. Bisogna capire meglio e monitorare con grande attenzione.