Licenziamenti, Bombardieri (Uil): "Sulla selettività non siamo d’accordo"

Intervista di Affari al numero uno Uil Bombardieri: "Il RdC va separato dalle politiche attive". E Quota 100? "Pensiamo ai giovani"

di Paola Alagia
Pierpaolo Bombardieri
Lapresse
Economia
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Da un lato Governo e Parlamento alle prese con una soluzione urgente sul blocco dei licenziamenti - si va verso un decreto da agganciare al treno del Sostegni bis - e dall’altro i sindacati impegnati nelle ultime limature dell’iniziativa di piazza di domani proprio per far sentire la loro voce su questo nodo. Alla vigilia dell’appuntamento, Affaritaliani.it ha interpellato Pierpaolo Bombardieri. Il segretario generale della Uil, intervistato dal nostro giornale, sgombra subito il campo sulla manifestazione: “Non è una iniziativa contro, ma è una iniziativa per: per chiedere il blocco dei licenziamenti ma anche per chiedere più attenzione sulla salute e la sicurezza sul lavoro”.  

Segretario, il 30 giugno si avvicina. L’orientamento che sta prevalendo, però, è quello del criterio della selettività sul tessile. Non proprio la soluzione che voi auspicate. E’ così?
Se si seguisse la strada della selezione, non saremmo d’accordo. Non ci convince e abbiamo anche spiegato il perché.

Lo ribadiamo?
Perché identificare un solo settore è complicato. Faccio un esempio: se si blocca il licenziamento nel tessile e impediamo ad aziende che producono camicie di licenziare, cosa accade per quelle che fabbricano bottoni e che applicano il contratto della plastica? I problemi che noi abbiamo di fronte sono due: identificare esattamente i settori ma senza lasciare fuori l’indotto. Ecco perché, siccome pensiamo ci sia ancora la possibilità di utilizzare le risorse della cassa Covid, continueremo a sostenere - lo faremo nelle piazze domani - che questa rimane la strada giusta da seguire per arrivare fino a fine ottobre, eventualmente pure con la cassa ordinaria vincolata però al blocco dei licenziamenti. Siamo convinti infatti che ci siano le condizioni, anche tecniche, per evitare il rischio di strappi sociali nel Paese.

Ai tempi del Conte due, lamentava un’assenza dialogo. Guardando l’iter del Sostegni bis, con l’esecutivo Draghi, non sembra andare meglio.
Intanto c’è una questione di metodo. E noi su questo fronte riconosciamo a Draghi un’attenzione al confronto con le parti sociali. I risultati però non sempre sono sodisfacenti. Siamo soddisfatti, per esempio, che nel Sostegni si blocchi la gara al massimo ribasso e si presti attenzione alla filiera delle gare e degli appalti, ma ci sono alcuni aspetti che ancora non funzionano, a partire da una precisa definizione della governance, che discende dall’accordo sottoscritto a Bruxelles e in base al quale sia su singole misure che su progetti di riforma è previsto un coinvolgimento delle parti sociali.

Insomma, luci e ombre?
E’ proprio così. Perché se da un lato registriamo un’attenzione al confronto, a prescindere dagli esiti che non sempre coincidono con i nostri desiderata, dall’altro i problemi non mancano. Le faccio un esempio.

Quale?
Sulla scuola abbiamo sottoscritto un patto importante. Tuttavia, le misure previste nel dl Sostegni non sembrano risolvere il problema dei precari e delle procedure d’assunzione. Col rischio reale che a settembre ci troveremo di nuovo nella stessa situazione degli anni passati.

Torniamo al nodo licenziamenti. Se, come pare, la soluzione che sta maturando non sarà quella che anche domani ribadirete in piazza, c’è da aspettarsi nuove mobilitazioni?
Per ora siamo concentrati su questa iniziativa. Nonostante la limitazione dei numeri, stiamo registrando una grandissima richiesta di partecipazione. E questa è una conferma che i temi del lavoro e della crescita del Paese sono molto sentiti. Sempre a proposito della manifestazione di domani, però, è giusto mettere in chiaro subito che non è un appuntamento contro, ma un appuntamento per: per chiedere, appunto, il blocco dei licenziamenti, ma anche più attenzione alla salute e alla sicurezza sul lavoro. Quest’anno ci sono stati più di 300 morti e le percentuali sono in aumento. Ecco perché la piazzia sarà l’occasione per tornare a chiedere con forza una cabina di regia presso la presidenza del Consiglio. Non dimentichiamo che l’incidente della funivia è accaduto perché sono saltati i criteri di verifica di sicurezza sul lavoro per aumentare le corse. La situazione è grave. La sensazione, infatti, è che non solo si rincorra il profitto, ma si cerchi anche di recuperare quello perso in questi mesi, a scapito della sicurezza dei lavoratori e dei cittadini.

Il ministro Orlando sta portando avanti la riforma degli ammortizzatori. Il Reddito di cittadinanza come si dovrebbe inserire in questo progetto?  
Noi abbiamo da sempre detto che il Reddito di cittadinanza ha svolto una funzione importante in un momento di grande emergenza. È stata una risposta all’impoverimento complessivo del Paese, ma abbiamo pure sostenuto sin dall’inizio che collegare questo strumento alle politiche attive fosse un errore. Oggi serve investire su questo terreno, creando un sistema duale: con le grandi aziende private da un lato e il sistema pubblico dall’altro proprio per riuscire ad avere strutture dedicate ad incrociare domanda e offerta. A questo bisogna aggiungere un grande piano di formazione professionale, non solo per i giovani ma anche per coloro che purtroppo nei prossimi mesi perderanno l’occupazione.

E il RdC che fine fa?
Questi sono tutti elementi utili per recuperare la parte positiva del RdC nell’ambito della riforma delle politiche attive. Incluso un altro aspetto che noi dobbiamo rivendicare e cioè l’obbligatorietà per chi è in cassa integrazione di percorsi di formazione e qualificazione professionale. Anche se, in realtà, dovremmo riuscire pure ad ottenere dalle aziende – non nascondo di nutrire i mei dubbi in proposito – risposte precise circa le professionalità che a loro servono per il futuro.

La tragedia davanti ai cancelli del centro Lidl di Biandrate ha riacceso i riflettori sulla logistica.  Ha senso fare una norma ad hoc per garantire trasparenza e rispetto dei diritti da parte dei subappaltatori oppure l’unica via d’uscita è uno stop alle esternalizzazioni?
Noi sottolineiamo da più di 10 anni che quello della logistica è il settore che più degli altri ha risentito dello strapotere delle multinazionali e di un certo lasciar fare della politica perché si pensava che il mercato si potesse regolare da solo. E, invece, la situazione è peggiorata e nell’ottica del part time, delle esternalizzazioni e del sub appalto a tutti i costi, a farne le spese, ancora una volta, sono stati i lavoratori e le lavoratrici. Premesso che la logica dell’algoritmo è diffusa pure in altri contesti aziendali, credo che occorra agire su un doppio piano. Serve un mix di interventi legislativi, che siano in grado di fermare tale deriva, ma anche una maggiore responsabilizzazione delle imprese. Alcuni risultati si stanno registrando, qualche contratto è stato rinnovato e qualche criterio di sicurezza è stato alzato. Tuttavia, siamo lontani da un obiettivo soddisfacente.

Chiudiamo con la riforma delle pensioni. Al di là delle tutele di uscita morbida dal lavoro per alcune categorie, come si dovrà uscire da quota 100?
Quota 100 è un ambo secco perché richiede la coincidenza tra età anagrafica e gli anni in cui sono stati versati i contributi. Se non c’è rispondenza, infatti, in pensione non si può andare. Dobbiamo invece considerare i giovani che oggi svolgono lavori non lineari. Ai fini dei contributi, dunque, devono poter contare anche i momenti in cui queste persone svolgono attività formative. Ma questa è solo una delle nostre priorità.

Le altre quali sono?
E’ necessario garantire alle donne un sistema più equo di accesso alle pensioni. Comunque, noi abbiamo una proposta unitaria sulle pensioni. Nelle nostre piattaforme, per esempio, insistiamo perché venga garantita a chi ha raggiunto 41 anni di contributi la possibilità di andare in pensione a prescindere dall’età anagrafica e perché si ragioni in maniera seria sulla flessibilità in uscita, considerando mansioni e funzioni di lavoro svolte e non considerando i lavoratori tutti uguali, come è accaduto con la Fornero. Ciò che chiediamo al Governo è che, appena chiusa la riforma degli ammortizzatori, apra una discussione.