Lo Stato entra in Tim, molte incognite. Servono 2,5 mld e va convinto Vivendi
Il Cdm approva il Dpcm per entrare nel gruppo insieme a Kkr e Cdp. Ma servirà anche un vertice con il manager francese, primo azionista
Tim, la svolta vicina dopo 20anni di tentativi. Ma c'è ancora qualche ostacolo per lo Stato italiano...
Il governo Meloni si appresta a vivere un giorno che potrebbe anche essere storico. Dopo 20 anni di ipotesi, trattative e ripensamenti, sembra arrivato il momento di chiudere davvero l'operazione. Il Consiglio dei Ministri ha dato il via libera formale all’offerta di acquisizione del 20 per cento di Netco, la società della rete di Tim, da parte di una cordata, fra il Tesoro italiano e il fondo di private equity americano Kkr. Il decreto sancisce il ritorno dello Stato nella rete di telefonia fissa dalla privatizzazione del 1997, voluta e decisa da Romano Prodi.
In realtà, secondo quanto scrive La Stampa, "la faccenda è un po’ più articolata di così, perché lo Stato sarà lo sparring partner di un’operazione in cui per ora sborsa 2,5 miliardi di euro di una rete che vale dieci volte tanto". "Il 24 giugno Kkr - prosegue La Stampa - ha ricevuto dal consiglio di amministrazione di Tim il diritto esclusivo a trattare l’acquisto del 100 per cento di tutti i cavi che dalle centrali di Tim arrivano fino alle nostre case e di quelli sottomarini della controllata Sparkle. L’operazione dovrebbe costare in tutto 21 miliardi, che diventerebbero 23 nel caso in cui nella partita dovesse entrare la già citata Open Fiber, oggi controllata al 60 per cento da Cassa depositi e prestiti e al 40 da un altro fondo di private equity l’australiano Macquarie".
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Resta un ultimo problema, di cui si deve occupare direttamente Meloni: gestire colui che deve vendere, ovvero l’azionista più importante di Tim, Vivendi. I francesi attendono a giorni di essere convocati per un incontro a Palazzo Chigi. La partita è lunga e ancora piena di ostacoli. Il Tesoro (azionista attraverso Cdp con il 10 per cento) ha di fatto selezionato Kkr come partner per la rete, ma in cambio - grazie alla cosiddetta Golden power - avrà garanzie sulla gestione della rete stessa.